Con la coda dell'occhio

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Una bambina di otto anni – il suo nome era Gwennie – fissava da buoni dieci minuti Jimin ed Elizabeth con gli occhi sbarrati, sgranocchiando le sue coscette di pollo fritto quando si ricordava di averle in mano. Jimin se n'era accorto, ma più che sorridergli di tanto in tanto non faceva, sperando che distogliesse lo sguardo una volta abituata alla loro presenza - inutilmente. Elizabeth, invece, era troppo presa dallo spiare il fratello per accorgersene.

«Secondo me non siamo così credibili.» ripeté Jimin per l'ennesima volta, sorridendo ancora a Gwennie – a due tavoli di distanza da loro –  e portandosi la propria tazza di caffè alle labbra.

Elizabeth abbassò il menù del locale "Da Pina" che avevano trovato sul tavolo - leggermente appiccicoso e con qualche macchina indelebile di sugo ai bordi – e che stava usando per nascondersi: «Sei così negativo, Minnie! Stento a riconoscerti io che ti ho messo quei baffi, figurati mio fratello».

Jimin si asciugò i baffi finti dal caffè – non li aveva mai portati e continuava a inzupparli nella tazza per sbaglio – e fece scoccare la lingua: «Ne dubito, sono stupidi baffi finti, mi si riconosce lontano un miglio. A prescindere, comunque, c'è da dire che non passiamo proprio inosservati, ci stanno guardando tutti».

«Non fare il complottista!» lo rimbeccò la più piccola dandogli un leggero calcio sotto il tavolo – Jimin saltò sul posto preso in contropiede e fece cadere un po' di caffè sul tavolo, andando a sporcare ancora di più i menù già lerci. «Sta andando tutto meravigliosamente! Abbiamo comprato dei travestimenti fantastici-»

«Ho comprato».

«-abbiamo trovato mio fratello, stiamo saltando una festa noiosa e stiamo assistendo alla nascita di un vero amore!»

Jimin girò il volto verso la ragazzina, si soffermò sul suo sorriso – gli occhi, più che la bocca, sorridevano davvero di pura gioia – e sorrise di rimando. «Sei felice per lui?» chiese abbassando la voce, quasi avesse paura che, dicendolo troppo forte, lei potesse andare sulla difensiva.

Elizabeth però continuò a sorridere – con gli occhi, con le labbra, con tutta sé stessa – e annuì con decisione. Jimin decise di smetterla di farle notare tutte le pecche del loro terribile piano e ritornò a bere il suo caffè, concentrandosi sul volto di Elizabeth e dimenticandosi per qualche minuto della bambina che lo fissava. Era così preso nell'osservare quel volto pieno di gioia che quando l'espressione di Elizabeth mutò in una di stupore e paura gli ci volle un po' per capire che stesse succedendo qualcosa.

Quando Jimin si girò nuovamente verso Seokjin – che fino a qualche minuto prima era dall'altra parte del locale – e se lo ritrovò davanti – in quegli abiti da teppista che non gli stavano neanche tanto male – sbiancò di botto.

«Che cazzo ci fai qui?» chiese il diciassettenne incrociando le braccia al petto, fissando la sorella.

Jimin boccheggiò a vuoto, Elizabeth fece un colpetto di tosse e con un neanche tanto brutto accento spagnolo, tentò di salvarsi: «No entiendo! Quién eres tú?»

Seokjin le prese gli occhiali in plastica e senza lenti che si era messa sul volto e glieli strappò senza tanti giri di parole: «Liz, ma la smetti di fare la cretina!?»

Elizabeth si alzò in piedi e alzò leggermente la voce: «Come hai fatto a riconoscermi!?»

«Ma mi prendi in giro!?» Seokjin sollevò gli occhi al cielo, «Hai un paio di occhiali finti e una parrucca rosa!»

Elizabeth arrossì leggermente, ma rimase con lo sguardo fiero di chi aveva avuto un'ottima idea: «Oh beh, senti! La mamma mi ha detto di trovarti, va bene?»

Seokjin si strinse tra le spalle: «Beh, non ho intenzione di tornare a casa, va bene? Quindi dimmi che vuoi per tenere la tua boccaccia chiusa».

Elizabeth sembrò ignorare la domanda e si piegò di lato, cercando di individuare Namjoon in fondo al locale, ma senza riuscirci: «Lui dov'è?»

I tre Pretendenti - {Namjin}Where stories live. Discover now