Je suis rentré

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La sua Becker Cadillac Escalade nera si fermò in modo gentile davanti al cancello di casa, così dolce da non svegliarlo neppure, ma la chiusura della portiera del suo autista lo destò dal suo sogno. Kim Seokjin ebbe la gran fortuna di svegliarsi da solo, comodamente seduto su una dei grossi sedili in pelle reclinati della parte dietro del van; odiava essere svegliato da un autista o un assistente: assonnato, confuso, magari con la bava alla bocca. La prima cosa che fece fu guardare fuori dal finestrino, sorridere nello scorgere il recinto della propria abitazione e gli alberi fioriti del proprio giardino privato; la seconda cosa che fece fu spegnere uno dei due schermi piatti ancora acceso - che mandava in onda notizie sulla borsa di Tokyo – e la terza fu guardarsi allo specchio per sistemarsi i capelli. Fece giusto in tempo a sistemare una ciocca ribelle quando il van fermò nuovamente la sua corsa ma, questa volta, spegnendo il motore.

Seokjin rimase nell'auto solo un istante, con un enorme sorriso a dipingergli il volto, gli occhi di quel nero così scuro che lo caratterizzava – gli stessi di sua madre – fissi sulla sua casa, luogo che non visitava da quasi un anno. Fu la vista di Kendall a fargli aprire immediatamente la portiera: lei correva giù per le scale, lasciandosi dietro un po' di quell'eleganza che sembrava aver cucito addosso, con un vestito tailleur a gonna, un paio di scarpe con il tacco a spillo e una giovane creatura poggiata sul fianco, tenuta stretta con entrambe le braccia.

«Mamma!» gridò Seokjin appena sceso dall'auto, correndogli incontro per non farla arrivare con i tacchi fin sul porticato, con la sua camicia azzurro chiaro e i pantaloni bianchi estivi a dargli quel tocco di stile che tanto gli si addiceva.

«Amore mio.» fu quasi un lamento quello della donna – dai tratti tipici Californiani, luogo in cui era nata d'altronde – detto in un sussurro, quando finalmente i due si raggiunsero e un abbraccio fece terminare quel luogo periodo separati. «Come mi sei mancato, bambino mio».

La realtà è che neanche una goccia di sangue di Kendall scorreva nelle vene di Kim Seokjin, ma suo padre si era risposato quando lui stesso aveva un anno appena e la donna del quale si era innamorato a tal punto da chiederle di sposarlo era quel che si chiama un "pezzo di pane": dolce, gentile, materna; aveva dato tanto amore quanto quello che avrebbe dato una qualsiasi altra madre biologica – se non di più – al figlio acquisito e il loro legame era forte come ogni altro di quella famiglia.

Seokjin si staccò dall'abbraccio velocemente, ma solo per guardare meglio la piccola creatura ancora appoggiata al fianco di sua madre: «Ma come siamo cresciute». Sua madre gli passò la sorella, un esemplare meraviglioso di bambina metà americana e metà coreana, occhi grandi e neri, capelli castano, viso di porcellana. «Ehi Ruth, ti ricordi di me?»

La bambina abbassò il volto imbarazzata, ma rispose un forte e chiaro: «Sì, Jin». Il fratello maggiore la strinse al petto, gli diede un bacio sulla guancia e gli chiese se gli era mancato. Ruth boccheggiò in cerca di parole adatte, così come faceva ogni altro bambino della sua tenera età di tre anni, ma non riuscì mai a proferir parola perché un urlo sguaiato fece girare il trio familiare verso l'ingresso della magione.

Elizabeth Kim, la quattordicenne più ricca dello stato, correva giù per le scale senza grazia alcuna, con indosso una tuta arancione scintillante e i capelli raccolti in una coda di cavallo: «Jin! Jin! Sei arrivato!». Kendall fu veloce a riprendere Ruth dalle braccia del figlio così da lasciare a Elizabeth tutto lo spazio di cui aveva bisogno: la sorella di mezzo si lanciò letteralmente sul maggiore, quasi in lacrime, urlando di gioia e stringendolo intorno al collo in un abbraccio soffocante – ottenuto solo grazie all'abbassarsi in modo notevole di Seokjin, data la sostanziale differenza d'altezza. «Mi sei mancato! Finalmente sei qui!»

Kim Seokjin non era di ritorno dalla guerra né era un giovane adulto che abitava per lavoro lontano dalla famiglia; aveva soli diciassette anni, ma aveva scelto di frequentare un collegio prestigioso a Ginevra – dopo aver passato egregiamente i test di ingresso – e, da due anni a quella parte, tornava a casa soltanto per le vacanze estive – sebbene vedesse la famiglia anche per le vacanze di natale, solo che erano loro ad andare a trovarlo, approfittando delle basse temperature per soggiornare allo Chalet RoyAlp alla stazione sciistica Les Diablerets. Per questo, per i tanti mesi separati, il suo ritorno sembrava essere una festa.

I tre Pretendenti - {Namjin}Where stories live. Discover now