Il firmamento di battelli sull'oceano

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Era ormai sera e dal suo giardino poteva quasi sentire i rumori caotici della città arrivare fin lì con il vento notturno: i taxi, le risate degli abitanti per strada, i battelli turistici al porto o in mare, come piccole luci che non permettevano di capire la fine dell'acqua con l'inizio del cielo stellato.

«Posso?»

Seokjin staccò lo sguardo dalle luci in lontananza, portandolo sul volto di Jimin in penombra, in piedi, a fianco alla panchina sul quale era seduto. «Ma sì, certo.» gli rispose il proprietario di casa, facendogli segno verso il posto libero a fianco a sé.

Jimin gli si sedette a fianco, portò lo sguardo anch'esso su Wontville, con lo stesso sguardo pensieroso, sebbene fossero due pensieri completamente diversi e nessuno dei due poteva immaginare cosa arrovellava il cervello dell'altro. Jimin rifletteva su sé stesso, sul quanto si sentisse fuori posto in quella casa, di quanto si sentisse fuori posto un po' ovunque. Seokjin pensava a Namjoon.

Pensava e ripensava a Namjoon, e sebbene lo facesse anche prima ora sentiva che era cambiato tutto e la cosa non gli permetteva di vivere in pace. Prima era un pensarlo costante, un tarlo nella mente che lasciava spazio ad ogni altra cosa, come una canzoncina che non riesci a dimenticarti, che continua a risuonarti in testa e tu canticchi sovrappensiero per ore e ore senza nemmeno accorgertene mentre la tua vita continua. Poi, però, Namjoon era diventato quella canzoncina di cui non ricordi il nome, che non ricordi dove hai sentito e che continua a tormentarti e continuerà a farlo finché non scoprirai da dove venga la melodia, calmando il tuo cuore. Ma Namjoon non era una canzoncina e Seokjin non aveva idea di come calmare il suo cuore. Il sorriso che gli aveva fatto prima di uscire dallo studio qualche ora prima, l'ultimo bacio che gli aveva lasciato sulle labbra, la sua voce che gli prometteva di non innamorarsi, la sua risata, le sue dita sul corpo: erano tutti lì quei ricordi collezionati in così poco tempo, ma già così impressi nell'anima.

«È carina la vista.» commentò Jimin improvvisamente, a voce bassa, quasi facendo perdere il suono della sua voce tra il soffiare del vento.

Seokjin si girò nuovamente verso di lui: il coetaneo aveva poggiato i piedi nudi sul bordo della panchina, teneva le gambe al petto, abbracciate forse per comodità o forse per la frescura serale. Le luci della città non riuscivano ad illuminare fino a lì, ma i lampioni del giardino ricalcavano i contorni del suo viso. Seokjin pensò a quanto fosse oggettivamente bello quel ragazzo. «Sì, mi è sempre piaciuto guardare la città di notte.» gli diede ragione, poi indicò il mare in lontananza, «Si vedono riflesse le luci anche sull'oceano e quasi fin su nel cielo».

Seokjin ridacchiò allegro, Jimin fece un profondo sospiro: «Non avete le stelle, però».

«Le stelle?»

Jimin annuì: «Neanche a Montreal sì vedono, sai?». Seokjin rimase in silenzio, ad osservare il suo sguardo perdersi. «Non lo sopporto, tutto questo inquinamento luminoso che ci porta via le stelle. Stiamo qui a guardare le luci notturne dei bar e delle automobili e ci sembrano uno spettacolo stupendo, una bella vista, quando potremmo semplicemente avere le stelle gratuitamente». Seokjin sorrise, tornò con lo sguardo a Wontville poi sollevò lo sguardo verso il cielo, alla ricerca di stelle che faticava a trovare. «Quando posso vado nella nostra baita nel Mont-Tremblant, la riserva.» fece un profondo respiro, sorrise, «Lì si vedono un sacco di stelle».

Seokjin distolse lo sguardo dal cielo e dalla città per posarlo sul coetaneo, improvvisamente si rese conto del perché sua sorella tirasse così tanto per lui e si ritrovò a sorridere più del dovuto; forse – si disse – se non ci fosse stato Namjoon a picchiettargli la mente continuamente, avrebbe anche potuto provare qualcosa per lui, forse non sarebbe stato amore, ma avrebbe avuto più tempo per affezionarsi. «Ti manca casa tua?» chiese. Jimin annuì, Seokjin avvicinò la mano all'altro e gli accarezzò la testa tra i capelli con fare dolce, ma se il gesto voleva essere solo un modo affettuoso di dargli conforto, fece andare nel panico l'altro: si immobilizzò a sentir le dita sfiorargli i capelli, sentì un brivido percorrergli la schiena appena senti quelle carezze sulla nuca, trattenne il fiato. Seokjin si accorse di tutto, di ogni effetto che aveva avuto solo una carezza sull'altro, e bloccò la mano all'istante, lasciandola tra i suoi capelli. Fece una delle sue liste infinite, di quelle dei pro e i contro che tanto amava e che lo avevano sempre aiutato: Jimin era ricco, piaceva alla sua famiglia, sembrava una bella persona da avere a fianco, era bello, sarebbe stato un ottimo affare mettersi con lui. Se avesse vissuto quel momento fino a qualche settimana prima non avrebbe avuto nessun dubbio: avrebbe provato a baciarlo. Avrebbe dovuto farlo, avrebbe dovuto avvicinarsi e lasciargli un bacio, dato che erano lì apposta, dato che quello doveva essere il fine ultimo della loro permanenza, ma senza arrivare ad una scelta finale (baciarlo o no) qualcuno li interruppe.

I tre Pretendenti - {Namjin}Where stories live. Discover now