Dietro le maschere

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Namjoon aveva sempre pensato di essere un tipo paziente, ma da quando Seokjin era in punizione aveva scoperto cosa significasse l'impazienza.

Liz lo aveva chiamato tre giorni prima ed era stata una breve ed imbarazzante conversazione; lo aveva informato che il fratello sarebbe stato chiuso nella sua stanza, senza telefono e senza internet fino a data da destinarsi, poi aveva cominciato a chiedergli se avessero avuto rapporti sessuali e Namjoon le aveva chiuso il telefono in faccia – lei gli aveva mandato un whatsapp con scritto "lo prendo per un sì".

Namjoon l'aveva presa come una cosa che avrebbe potuto sopportare, pochi giorni senza sentirlo – un tempo lo ignorava appositamente e non era mai morto – invece era successo che già dopo mezza giornata aveva cominciato a pensare e ripensare a come poteva aggirare quell'immenso supplizio. Ogni volta che un lavoro alla villa necessitava uno spostamento passava dalla sua stanza, tamburellava sulla sua porta sperando che lui sentisse ed uscisse per un saluto, per un bacio veloce e un sorriso. Seokjin non era da meno: si appostava alla porta aspettando che passasse, o al balcone per salutarlo da lontano. Sua sorella lo aiutava ogni sera, sgattaiolando da lui con la scusa di portargli la cena e dandogli il suo telefono già in chiamata con Namjoon per farli parlare quei pochi minuti scarsi.

«Non gli hai manco detto che lo ami.» commentava sempre, una volta che chiudeva la chiamata, salutando in imbarazzo. Seokjin evitava di mandarla a quel paese solo per paura che non lo aiutasse più.

Erano passati solo tre giorni, ma a Namjoon erano sembrati mesi, anni, millenni: continuava a pensare che aveva voglia di stare con lui, da soli, abbracciati in un letto a fare l'amore, a sussurrargli cosa provasse. E invece doveva rubare il tempo, e non aveva idea di quanto sarebbe durato. La cosa che più tormentava Namjoon, però, non era la lontananza, ma la paura: Seokjin, senza averlo intorno, avrebbe sentito la sua mancanza? Si sarebbe dimenticato dei bei momenti assieme? Avrebbe fatto svanire la loro ultima notte? Lo avrebbe perso, senza ravvivare la fiamma tra di loro?

E così, con quei pensieri tristi tra la mente, Namjoon se ne stava in giardino, a tagliare il prato pigramente, continuando a girarsi verso il balcone di Seokjin sperando di poterlo anche solo guardare per un po', cercando un'altra soluzione temporanea alla loro lontananza.

«Mi sa che non c'è, sai?» intonò una voce a pochi metri da lui.

Namjoon abbassò subito lo sguardo dal balcone, osservando la figura di Jimin seduta sulla panchina, sotto l'ombra di una struttura di legno coperta da Ceanothus lilla. «Chi?» chiese Namjoon, facendo finta di niente.

«Seokjin.» rispose il più giovane ridacchiando allegramente, «E tranquillo, non c'è bisogno di dirmi bugie, ero con Liz l'altro giorno». Namjoon sollevò un sopracciglio confuso e Jimin intuì che, forse, Seokjin non gli aveva raccontato del loro incontro alla tavola calda. «Oh, sai, io e Liz siamo venuti a cercarvi quando Jin era sparito, vi abbiamo visto in quel locale sul mare a mangiare con te e...» sollevò le spalle velocemente «non saprei, un altro signore».

«Mio padre.» spiegò Namjoon senza nessun motivo apparente, cercando di capire perché uno dei pretendenti del suo – più o meno – ragazzo lo aveva pedinato insieme a sua sorella. «Devo preoccuparmi?» chiese spegnendo il motore del tagliaerba e guardandolo storto.

Jimin fece finta di non intimorirsi alla figura del ragazzo più grande – e più grosso – avvicinarsi verso di lui lentamente, guardandolo dall'alto in basso: «N-no, tranquillo, non è proprio il mio tipo, te lo giuro!» abbozzò anche un sorrisetto, grattandosi la testa e abbassando lo sguardo.

Namjoon rimase a fissarlo per qualche istante, poi decise di fidarsi e si sedette al suo fianco: «Se non è il tuo tipo come mai sei ancora qui?»

I tre Pretendenti - {Namjin}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora