Neve E Cenere | MARVEL โถ

By Nadja-Villain

182K 11.3K 1.5K

Astrid non รจ un'eroina e non si aspetta che il mondo la acclami. รˆ anarchica, polemica, insubordinata, curios... More

๐—œ๐—ก๐—ง๐—ฅ๐—ข๐——๐—จ๐—ญ๐—œ๐—ข๐—ก๐—˜
1 . Criminale
2 . La fine
3 . Buone maniere
4 . Andare avanti
5 . Reputazione
6 . Ostacoli mentali
7 . Vuoto
8 . Gioco di maschere
9 . Allucinazioni
10 . Minaccia latente
11 . Folgorazione
12 . Beviamoci su
13 . Un pugno di umiltร 
14 . La veritร  brucia
15 . Non disubbidirmi
16 . L'asso nella manica
17 . Casta Diva
18 . Mutaforma
19 . Ottimo lavoro, soldato
20 . Che cosa sei?
21 . Vecchi amici
22 . Una tuta su misura
23 . Mondi lontani
24 . Fiamma vivente
25 . Lavoro di squadra
26 . Concludi il compito
27 . Passaggio segreto
28 . Veleno
29 . Via di ritorno
30 . Boccata d'aria
31 . Esca
32 . Diversivo
33 . Attenzione alle paure
34 . Spietata coscienza
35 . Una squadra, una famiglia
36 . Di nuovo soli
37 . Solo un ripiego
38 . Proposta indecente
39 . Il peso delle parole
40 . Anime spoglie
41 . Rosso
42 . Irriducibile
43 . Vulnerabilitร 
44 . Punizione
45 . Torto o ragione
46 . Parco giochi
47 . Sul filo del rasoio
48 . Resurrezione
49 . In trappola
50 . Tortura eterna
51 . Bianco
52 . Esperimento umano
53 . Fuoco e sangue
54 . Ordini dall'alto
55 . Tattiche di fuga
56 . Trovare la propria strada
57 . Fantasmi
58 . Rivelazione
59 . Ci siamo sfiorati
61 . Lo ucciderai
62 . Insegnami
63 . Benzina
64 . Fino alla fine
65 . Formicolii
66 . Solo un'ossessione
67 . Ora o mai piรน
68 . Digli che aveva ragione
69 . Gravitร 
70 . Una nuova luce
๐—ฆ๐—˜๐—ค๐—จ๐—˜๐—Ÿ: ๐—ก๐—˜๐—•๐—•๐—œ๐—” ๐—˜ ๐—ง๐—˜๐—ก๐—˜๐—•๐—ฅ๐—˜

60 . Potere

1.5K 94 15
By Nadja-Villain

La stazione di servizio offriva un piccolo bar non molto ambizioso. Entrarono appena il responsabile alla cassa si voltò di spalle. Era presente solo un uomo di mezza età, seduto al bancone, che stringeva un sigaro spento tra le labbra e gli occhi affondati nel giornale. Non c'erano cameriere né altri clienti.
Steve posò discretamente lo scudo dietro l'albero di Natale schiacciato in un angolo, tra vari gadget, souvenirs e le cartoline di auguri appese sugli alberelli girevoli, come aveva fatto prima di ritornare in ospedale: aveva nascosto lo scudo in un vicolo buio per muoversi con più facilità. Non era stata una buona idea andare a riprenderlo poichè era ingombrante e attirava troppo l'attenzione, ma almeno grazie ad esso erano sani e salvi.

Fu Astrid ad ordinare un solo toast e una bottiglia d'acqua, perchè tra i due aveva la faccia meno nota sotto il cappuccio.
Quando si sedette al tavolo che aveva scelto Steve - in disparte, ma non troppo, perché potesse vedere chi arrivava - si scambiarono uno sguardo d'intesa, entrambi a disagio. L'ultima e l'unica volta che si erano seduti l'uno di fronte all'altro in un bar, era saltato tutto all'aria.

Astrid affondò i denti nel pane croccante. Lo trovò sciapo. Aveva un estremo bisogno di spezie e magari di qualche fetta di prosciutto in più, ma per lo meno i carboidrati le avrebbero riassestato lo stomaco. Mentre Steve aveva già finito l'altra metà, lei era ancora lì a studiarne la farcitura.

-Mangia.

Perchè ogni suo invito suonava sempre come una costrizione?

-Mi si è chiuso lo stomaco.

Steve sbuffò dal naso. Incrociò le braccia e scrutò attento il mondo umido aldilà del vetro gocciolante.
Astrid faticava a deglutire. Abbassò lo sguardo sul formaggio filante che sarebbe stato più invitante se non avesse appena vomitato di fronte all'ultima persona davanti alla quale non avrebbe mai voluto vomitare. Doveva pensare a qualcos'altro.

-Ti si intravede la ferita. - informò con tono piatto mentre masticava.

Steve sbirciò nel buco della felpa e tentò di coprirlo come poteva, stringendo il tessuto in una mano, poi tornò ai suoi pensieri gravosi. Diventava muto e distante ogni volta che il suo cervello era impegnato ad escogitare un piano. Così Astrid lo lasciò perdere, anche perché non aveva voglia di parlare. Voleva solo starsene lì a smangiucchiare la crosta di pane e a fissare il vuoto.

Per un attimo credette di aver sentito pronunciare un nome famoso. La sua attenzione si diresse all'improvviso verso lo schermo del televisore appeso alla parete. Il suo cuore emise un singulto: l'uomo che la telecamera inquadrava, portava un paio di occhiali da sole sul naso, nonostante fosse notte inoltrata e un pizzetto iconico sul mento. Era seguito da una donna con un'acconciatura rossiccia, tutta attorcigliata in uno chignon elaborato. Entrambi in abiti eleganti, stavano per salire su una limousine, prima che venissero assaliti dai giornalisti.

-C'è Stark in TV, c'è Stark in TV! - ripetè a voce serrata, battendo una mano sul tavolo. Steve si voltò quasi immediatamente.

Un piazzato bodyguard si mise tra la folla e i VIP per farli passare.

-Tony Stark non rilascia dichiarazioni! - si ostinava a spiegare, benché la ressa non lo calcolasse più di tanto.

Inoltre, Tony Stark non era uno che amava mostrarsi vulnerabile al pubblico e sicuramente non l'avrebbe fatto stando in secondo piano. Schivò il bodyguard di Virginia Potts e fronteggiò le telecamere.

-Come ha detto lui, non lasciamo dichiarazioni. Se volete una conferenza, dovrò chiamare la mia segretaria. Ah, no, aspettate, è già qui. Come dici? - avvicinò l'orecchio alla donna alle sue spalle, ma si capiva che era una finta. - Dice che sono impegnato tutta la settimana.

Rise anche se non c'era molto da ridere. Doveva essere tornato alle cattive abitudini. Astrid sapeva bene che quando iniziava a comportarsi in quel modo significava solo che aveva ceduto alle lusinghe di molti bicchieri di troppo.

I giornalisti non si arresero. Anzi, qualcuno avanzò un microfono in più.

-Signor Stark, è vero che Loki è colpevole dell'aggressione per cui è stato ricoverato d'urgenza due giorni fa?

-Quell'essere senza spina dorsale deve covare un disperato desiderio di vendetta nel miei confronti per aver deciso di attaccarmi mentre non potevo difendermi. Ma.... com'è che diceva?

Sembrava stesse recitando un copione. Sembrava stesse cercando di ricordarsi un discorso che si era fatto scrivere per l'occasione o che gli avevano propinato per rispondere in modo adeguato, per non esporsi troppo.

-Ah, sì... Ma il suo complesso di inferiorità non mi fa paura e non farà paura nemmeno agli Avengers che torneranno riuniti e più uniti di prima.

Rise di nuovo e questa volta si tenne alla portiera aperta del lungo veicolo alle sue spalle. Era sbronzo. Astrid si vergognò per lui. Per un attimo le venne il bizzarro ed egocentrico pensiero che stesse male per lei, ma lo scanzò immediatamente. Le voci dei giornalisti si ammassarono l'una sull'altra, fameliche, inondando l'intervistato di domande calunnianti.

-È vero che è stato adescato e minacciato di morte dalla sua seguace Astrid Sullivan prima che attentasse alla sua vita?

-È stata davvero lei a sterminare i membri di una squadra speciale inviata appositamente per venire in suo soccorso per poi scappare e lasciarla agonizzante nel suo appartamento?

-Può confermare che la Sullivan si sia alleata con Loki e che complotti con lui per organizzare un secondo agguato?

-Signor Stark, quindi Astrid Sullivan ha voltato le spalle agli Avengers. Dobbiamo considerarla un nemico pubblico?

Astrid strinse il bicchiere che aveva davanti. Trattenne il respiro, mentre la guardia del corpo si era messo di nuovo davanti a Stark per spingerlo indietro. Il miliardario non parlava. L'alcol che aveva in corpo non gli permetteva di rimanere concentrato. Tornò serio con difficoltà, mentre i flash sfavillavano e i giornalisti tendevano i microfoni verso la sua bocca, frementi di raccogliere qualsiasi succulenta news per il proprio articolo.

-Sì. È così. - Rispose prima che venisse spinto in macchina. Non aggiunse altro.

Astrid non si sarebbe aspettata una difesa articolata da parte sua. Si sarebbe accontentata di un "No comment". Invece era peggio di quanto avesse immaginato.

Era stato un "sì" a confermare la sua colpevolezza. Fermo. Chiaro. Definitivo. Un sì a tutte le accuse. Una condanna totale per lei, un'assoluzione sicura per lui. Non era possibile che credesse davvero che l'avesse attentato alla sua vita di proposito. Eppure sembrava così sicuro di sé...

Steve lanciò un'occhiata ad Astrid. Il bicchiere le si era incollato al palmo, l'acqua al suo interno era diventato un blocco di ghiaccio. Dovette allontanare le mani dal tavolo perchè la brina stava prendendo possesso del piano strisciando tutt'attorno al braccio, raggiungendo il vetro della finestra appannata a lato della sua spalla. Lo sguardo fisso sull'immagine dell'uomo nello schermo, le iridi d'ambra che brillavano istericamente per l'ira repressa.

-Contieniti. Lo fa per tutelare la sua immagine... e Pepper. - la riprese, cercando di farla ragionare.

Il vetro si incrinò, il ghiaccio scoppiettò sotto la pressione della mano rabbiosa. Traditore, pensò Astrid. Come si permetteva quel vigliacco a metterla in cattiva luce davanti a tutto il mondo? Chi si credeva di essere? Alla fine era stato lui ad offrirle una serata, in qualche modo, romantica. Alla fine metà della colpa ricadeva su di lui.
Lo ammazzo. Questa volta lo faccio sul serio. Lo pensò talmente forte che lo percepì anche il Capitano, il quale decise che fosse il momento di andare.

-Non qui. - si pulì il muso con il tovagliolo. Si alzò per evitare che occhi indiscreti cadessero su di loro. Pagò con una banconota, lasciando il resto come mancia. Ringraziò e diede la buona nottata, da bravo cittadino.

Uscirono dal locale che aveva smesso di piovere. Una volante era accostata nel parcheggio a fari spenti. Steve alzò il cappuccio sulla testa tirò Astrid verso di sé per nascondere lo scudo.

-Non guardare nella loro direzione.

Ad Astrid non fregava niente degli sbirri. Aveva ancora la mano ghiacciata, pronta a spaccare il muso a Tony "Facciatosta" Stark. Aveva approfittato della sua ingenuità. Dopo tutte le nottate che avevano passato a bere e a confidarsi i segreti più reclusi, credeva di potersi fidare di lui e invece l'aveva solo usata. Non gliene importava niente di lei. A pensare a quanto si fosse dannata per lui le veniva ancora più voglia di strozzarlo.

Il suo occhio si fermò su un furgoncino dalla vernice usurata e arrugginita. Se il Capitano pensava di farsi tutta la strada rimanente a piedi, rischiava di essere la prima vittima delle sue nocche borchiate di stallattiti.

-Chiediamo a quei due se ci portano dal tuo amico.

Steve fece una faccia contrita. Avrebbe preferito continuare il viaggio per mezzi bubblici, mischiandosi ai civili, ma la gente li guardava con troppa curiosità. Il travestimento non era dei migliori. Soprattutto con lo scudo tra i piedi, che ancor meno passava inosservato per via della mancanza nel Capitano di una necessaria vena menzognera, che invece Astrid aveva assimilato piuttosto bene, un po' per indole e un po' per influenza di una certa spia russa.

-Guarda come sono conciati. È già tanto se hanno la TV a casa. Non hanno idea di chi siamo. Se ci mostriamo disinvolti, nessuno si allarmerà. - insistette lei. Ancor prima che Steve fosse convinto, aveva già battuto una dita sul finestrino.

Il vecchietto che era al volante li inquadrò strizzando le palpebre. Astrid salutò con tutta la tranquillità che non aveva. Chiese se stessero andando per la loro stessa direzione e se fossero disposti ad offrire loro un passaggio. In caso, avrebbero pagato i chilometri in più. Il vecchio ci pensò un momento, lanciò un'occhiata al ragazzo che si sforzava di non guardarsi troppo attorno in modo losco. Chiese il motivo per cui non avessero un veicolo proprio, dal momento in cui erano nel bel mezzo dell'autostrada. Astrid spiegò che erano dei semplici turisti, che viaggiavano tramite mezzi pubblici e che avrebbero dovuto aspettare altre due ore per tornare in albergo perchè avevano perso l'ultima corriera della notte. La faccia del vecchio non fece una grinza davanti alla recita della ragazza.

-Lui chi è? Il tuo ragazzo?

-Mio cugino.

-Non mi è nuova la sua faccia. E questo non mi piace.

-Glielo dicono tutti. Assomiglia a Capitan America, non trova? Non sa quante ragazze gli vanno dietro! Si porta dietro anche una riproduzione identica dello scudo. È un vero fanatico! - improvvisò, sussurrando l'ultima frase dietro la mano, come se non volesse farsi sentire dal diretto interessato.

-Non esagerare. - la rimbeccò Steve tra i denti, tirandole una manica.

La signora seduta dall'altro lato si sporse. Portava un nido di capelli ricci e informi con una spanna di ricrescita grigia, un paio di orecchini pacchiani che le arrivavano alle spalle tintinnando, l'ombretto viola che le arrivava fino alle sopracciglia, un neo sul labbro, l'ombra del baffo, il rossetto tra i denti storti. Masticava una gomma con aria superba. Steve si sentì scannerizzato a raggi X dalla testa ai piedi.

-Effettivamente... Vi assomigliate vagamente. Ma Capitan America è decisamente più palestrato, non ha il naso così storto e il mento così grosso. E quel giocattolo non è affatto la sua riproduzione più convincente! Ne ho comprato uno a mio nipote che era cento volte meglio! Dovresti evitare di tirartela troppo, ragazzo!

-Salite. - fece il vecchio con tono piuttosto contrariato. Accese il motore mentre i due ragazzi ubbidivano. Seguì una via alternativa all'autostrada, una stradina sterrata tutta curve a gomito che lui prendeva liberamente in velocità. Evidentemente doveva conoscerle a memoria e ciò era un bene se non fosse che i passeggeri sul sedile posteriore sballottavano da una parte all'altra come le palline di una maracas. La musica country alla radio e la voce sguaiata della signora che non azzeccava nè il ritmo nè una nota, accompagnava il tutto come un pugno nello stomaco.

Steve si teneva al sedile davanti con una mano e al poggiaschiena con l'altra, le gambe costrette in uno spazio troppo ridotto. Aveva la faccia concentrata di uno che cerca di far indietreggiare la nausea.

-Pensavo che fossi abituato ai vecchi modelli. - lo punzecchiò Astrid.

-Sai com'è... Mi è bastato poco per adattarmi alla modernità. È difficile tornare indietro una volta provato il comfort di un'Audi.

-Sempre meglio la moto però, eh?

Steve alzò le sopracciglia come per confermare un'affermazione ovvia. Mezz'ora dopo, fece fermare il furgone due vie prima dalla destinazione. Avanzò dei soldi che la signora accettò volentieri ficcandoseli nel reggiseno leopardato e strabordante, con quelle sue lunghe unghie in gel fosforescente e interamente ricoperte di paillettes. Lui ed Astrid si fiondarono fuori dal veicolo quasi senza attendere che si fosse fermato completamente. Il furgone fece dietrofront, grattò una marcia, sgasò una nuvola nera di catrame e schizzò dalla parte opposta.

-Che personaggi che si incontrano per strada...

-Lei era milfona trashissima.

-Una che?

-Niente, lascia stare. - sospirò Astrid, appigliandosi alla spalla buona del Capitano. - Mi fa male la schiena da morire. Non vedo l'ora di stendermi. Dove sta il tuo amico?

-Di qua.


***

Samuel Wilson apparve sull'uscio di casa con aria pesantemente assonnata. Portava un pigiama corto e forse fu per la temperatura rigida dell'esterno che fece entrare i due prima che il Capitano potesse spiegare perchè praticamente tutti coloro che conoscevano li volessero morti.

-Ti chiedo scusa per la situazione in cui ti stiamo mettendo, per l'orario, per tutto.

Astrid bevve un sorso del tè con latte caldo e miele che Sam aveva preparato ad entrambi e a sé stesso. Ad un certo punto temette che il tepore della bevanda nel suo stomaco avrebbe potuto causare qualche danno, così posò la tazza sul tavolino. Continuò a fissarla per il resto della conversazione. Sam si era proposto di preparare anche qualcosa da mangiare, ma Steve aveva rifiutato per educazione, dicendo che erano a posto. Ad Astrid tuttavia, quel mezzo toast spelluzzicato aveva messo un certo languorino. Adesso, dopo tutta quella strada, l'avrebbe divorato.

-Capisco. - fece infine il padrone di casa, dopo aver ascoltato il racconto dell'accaduto. - Non siete stati molto prudenti se vi siete portati dietro quello per tutto il tempo. - osservò, puntando lo scudo.

-Abbiamo fatto il possibile. Nessuno sa che siamo qui.

-Per ora. - ciancicò Astrid, mordicchiandosi un'unghia.

-Non vogliamo essere un problema.

-No, no, va bene. Vi ho accolti in casa volentieri. Avevo capito subito che era successo qualcosa dalle vostre facce. Potete rimanere quanto avete bisogno.

-Ce ne andremo appena riposeremo un po' e penseremo ad un piano.

-Penso che vogliate lavarvi e dormire almeno qualche ora prima di fare qualsiasi cosa vi venga in mente di fare domani.

-Oddio, sì, grazie! - esultò Astrid incapace di trattenere l'emozione.

-Ho una camera degli ospiti di sopra. C'è il bagno e tutto. Vi faccio fare il tour della casa così sapete come orientarvi. Potete fare come a casa vostra, ma non toccate la crostata di fragole sul frigo.

-Crostata di fragole. - ripetè Astrid spiritata, mentre Samuel Wilson spariva al piano di sopra, forse per assicurarsi che fosse tutto in ordine.

-Avevo capito che ti si era chiuso lo stomaco. - evidenziò Steve camminando verso le scale.

-Mi si è riaperto improvvisamente. Precisamente a "crostata di fragole".

Steve si fermò sulle scale.

-Ricorda che potremmo essere sotto attacco in ogni istante. Siamo sempre in pericolo anche se ti sembra di essere al sicuro dentro quattro mura. E non possiamo permettere che rischi qualcun altro per noi.

-Lo so. Cerco solo di sdrammatizzare.

-Voglio che tu dia il massimo nella battaglia che è alle porte. Devi riposare e devi concentrarti. Ho bisogno di te al mio fianco.

Astrid annuì portandosi le dita di una mano sulla fronte.

-Sissignore!

-Spero che tu non mi stia prendendo in giro. 

-Spero vi vada bene. Se avete dei problemi ditemelo. Metto a posto la cucina e torno a dormire se non vi dispiace. - proruppe Sam passando di fretta di fianco a loro.

La camera era ben ordinata, non troppo arredata, la grande finestra avrebbe illuminato facilmente tutto lo spazio di giorno. Il letto matrimoniale al centro della stanza spalmò i loro visi di imbarazzo.

-Io dormo per terra. - decise Steve.

-No, io dormo per terra. - ribattè Astrid.

-Hai detto che avevi male alla schiena.

-Si vede che me lo dovrò tenere.

Steve scosse la testa. C'era un motivo se Astrid non voleva più toccare un materasso, un motivo che nella sua testa risultava chiaro e ragionevole e forse non sarebbe più stato così se lo avesse esposto ad alta voce: la fobia di perdere di nuovo la testa se fosse stata troppo comoda a dormire.

-Vado a chiedere se ha dei sacchi a pelo. Fatti una doccia intanto.


***

Astrid dovette giocare un po' con la temperatura dell'acqua per trovarne una che non la facesse rabbrividire o trasformare il bagno in una scultura di ghiaccio. Lei che era abituata ad aprire la manopola blu e a chiuderla a fine doccia, adesso si trovava a fare i conti con la manopola contraria per addolcire il violento getto glaciale che le mordeva la pelle, come un mazzo di lame acuminate che abusavano della sua nudità. Al tempo stesso, un getto troppo caldo, avrebbe mosso un meccanismo per cui la sua temperatura corporea sarebbe aumentata notevolmente e di tutta risposta, l'altra parte di sé avrebbe risucchiato tutta l'energia come una sanguisuga.

Doveva essere successo qualcosa di insolito quando Hoffmann le aveva iniettato il siero. I suoi poteri erano impazziti, come diventati incompatibili e il suo corpo, più confuso di lei su quale delle due identità fosse l'innata e quale l'artificiale, reagiva distruggendo sé stesso. Così, era costretta a sopportare i brividi e i denti battenti per non congelare tutto ciò che la circondava.

Si rimise gli abiti che aveva lasciato asciugare sul termosifone, sebbene avrebbe preferito cambiarsi con qualcosa che profumasse di detersivo floreale. Asciugò i capelli alla bell'è meglio strofinandoci sopra l'asciugamano, mentre giudicava che stessero crescendo troppo velocemente. Una spuntatina - o magari anche una rasata - gliel'avrebbe data volentieri.

Prese le sue garze ingarbugliate sul lavabo e considerò di non rimetterle. I punti non sembravano servire più. La pelle si era ricucita, sebbene fosse ancora arrossata nelle zone critiche. Aprì le ante dell'armadietto per trovare una forbice, afferrò le scarpe con due dita e uscì dal bagno.

Steve era seduto sul letto, il volto afflitto. Si era tolto la felpa e ora la canottiera bianca metteva in bella mostra le braccia tornite, la minuscola ferita sul bicipite sinistro - appena macchiato di sangue secco e di polvere - proprio in mezzo alla piega del muscolo.
Le ci volle un istante per riprendersi dalla vista improvvisa di tutta quella muscolatura scoperta che pareva la superficie perfettamente levigata della scultura di un gladiatore.

-Non li ha.

Astrid si pietrificò. L'immagine di lei e il Capitano che dormivano nello stesso letto la faceva urlare internamente dalla disperazione.

-Non importa. Non ho bisogno di scaldarmi. Il mio corpo è immune alla temperatura esterna. - fece lei, sbrigativa.

Steve rimase impuntato sull'ultima accezione, le sopracciglia ricurve e dubbiose.

-Il tuo corpo è immune?

-È complicato.

-Prova a spiegarmelo.

Allora lei ci provò. Gli spiegò che i suoi poteri si basavano sul controllo del reticolo cristallino degli atomi, in parole povere della temperatura, che ogni centimetro del suo corpo era ignifugo e che poteva generare fiamme. Avrebbe potuto fermarsi lì, ma divagò e gli raccontò che prima che arrivasse il Dottor Hoffman la forza dei due estremi, caldo e freddo, era diviso equamente e che aveva il pieno controllo su entrambi, sebbene preferisse il fuoco, finché non veniva sopraffatta da emozioni intense, ad esempio l'ira. Era il motivo per cui il laboratorio alla Torre Avengers era esploso, era il motivo per cui quella notte aveva distrutto il suo appartamento.

Poteva essere letale in piena lucidità, ma sapeva che c'erano dei limiti che non poteva sfiorare. Limiti che una volta fuori controllo venivano spezzati e si trasformava in un mostro dalla pelle di carbone e affamata di morte e distruzione.

Inoltre, ogni ora che passava, il lato freddo si prendeva una parte di sé sempre più ampia, rompendo quell'equilibrio che c'era sempre stato e lentamente diventava autonoma e non rispondeva più ai suoi comandi.

-Uau... Sembra complicato.

Astrid sentì di aver parlato troppo, di averci messo troppa energia per nulla, perché Steve non ci aveva capito granché. Tutta la motivazione nel raccontarsi scese di nuovo a livello zero e il silenzio piombò tra di loro. Steve si alzò in piedi. Ogni tanto si dimenticava che Astrid non era brava nelle conversazioni.

-Mi lavo io ora. Prova a dormire un po'. E comunque ci dormo io sul pavimento.

Astrid ci pensò un poco, poi si sedette sul letto, premette la testa sul cuscino annusando il profumo estraneo della federa e si lasciò convincere dalla stanchezza. Per un momento sentì che il profumo delle lenzuola della torre le mancava.

Chiuse gli occhi, dicendosi che se si fosse assopita per dieci minuti non sarebbe successo nulla. E quando si lasciò cullare dal materasso, affondò in un sonno buio, calmo, come non le capitava da tempo, proprio come ne aveva bisogno.

Finchè non lo udì di nuovo, quel sussurro che la guidava a portare le sue mani verso il busto che giaceva accanto al suo, quello di Tony, e ad assaporare l'energia vitale che scorreva nei muscoli rilassati, nel cuore che pompava sempre più veloce per ovviare allo scompenso termico, mentre il paio di mani che l'avevano accarezzata e voluta con passione un attimo prima, ora stritolavano le coperte. Gli si spalancavano atterriti e disperati, pietrificandosi in un'espressione assente, in un urlo di supplica. Lo stesso uomo ora la giudicava davanti alle telecamere. Era rivoltato da lei. E aveva ragione. Era un mostro e voleva scomparire.

Continue Reading

You'll Also Like

10.9K 543 34
Daphne รจ una ragazza bellissima, una strega-dea, proveniente dal piรน forte dei nove regni, massacrato dal potente Thanos. La ragazza viene salvata da...
18K 525 47
Emily da Silva รจ la tipica ragazza bella da togliere il fiato, testarda e che dalla vita ottiene tutto ciรฒ che desidera. Suo fratello, Danilo, รจ il c...
3.8K 111 32
'Claire' 'Dimmi amore' Quando mi girai lo trovai in ginocchio con un'anello splendido fra le sue mani. 'Vuoi diventare mia moglie?' 'Bucky' Gli dissi...
119K 4K 60
"L'amore รจ come una partita di calcio: ci sono momenti di gioia e trionfo, ma anche momenti di tensione e sconfitta. Ma con Kenan al mio fianco, sape...