Tony Stark si era cambiato. Ora portava un paio di jeans e una felpa da cui si intravedeva il logo dei Black Sabbath della maglietta sottostante. L'impeccabile genio, milionario, eroe venerato, salvatore della Terra, si mostrava umano e per niente minaccioso. Astrid non sapeva come interpretare quell'atteggiamento così naturalmente disinvolto e rimase immobile, a studiare l'espressione indefinita sul suo volto, allerta e diffidente.
-Bevi a quest'ora? - domandò lui, ma non sembrò tanto stupito. Si sedette su uno degli sgabelli davanti al bancone e la fissò con un paio di occhi giganti, come in attesa di qualcosa.
Astrid si fece bordeaux e a momenti pensò di prendere fuoco.
-Ce l'hai la lingua? Credo di averti sentito pronunciare il tuo nome, stamattina.
Astrid annuì rigidamente.
-Allora?
Cosa avrebbe dovuto dire? Si sarebbe dovuta scusare? Certo, la visione di una ragazza che beve in piena mattinata non trasmetteva di certo una grande stima. Che figura!
-Sono desolata. -abbassò lo sguardo. Allontanò la mano dalla bottiglia e si morse le labbra amare e alcoliche.
Stark aggrottò la fronte.
-E perchè? Ti faccio compagnia. - e puntò con l'indice le mensole dietro di lei.
Astrid si voltò. Prese un altro bicchiere e lo posò sul banco, perplessa. Stark ci versò l'alcolico.
-Ti ho sorpresa a prendere un drink, tutto qua. Non ci avrai ripensato, spero.
No, non ci aveva ripensato. Solo che la situazione era abbastanza imbarazzante e, tralasciando il fatto che di un bicchiere o due non se ne faceva granché, lei non era abituata a bere in compagnia. Le fu difficile accettare di condividere una cosa così intima e segreta con praticamente un estraneo. Non si sentiva a suo agio a mostrare quella parte vulnerabile di sé, ma da brava alcolista trovò un modo per lasciarsi andare. Allungò la mano aspettandosi una risposta espressiva dal volto del milionario, il quale la studiava concentrato, come su di libro scritto in una lingua complicata.
-Cin cin!
Stark avvicinò il bicchiere al suo ed entrambi tintinnarono, riecheggiando nell'attico. Astrid assunse un piccolo sorso.
-Allora, ti sei fatta un giro? Come ti sembra? - chiese lui spalancando le braccia orgoglioso.
-Spazioso.
-Spazioso. - ripeté Stark. Sorrise. Accettò la risposta come un complimento alla propria persona.
-Per alloggiare poche persone lo è molto. - chiarì lei, evitando di esporsi in giudizi eccessivi.
-Hai già visitato i laboratori?
-Ci ho dato un'occhiata.
-Allora non dovresti pensare che ci siano poche persone.
-Intendevo, voi Avengers. Ricordavo foste un po' più numerosi. È normale che vi si veda di rado?
-Shakespeare in estiva è in viaggio... - e con la mano cerchiò il soffitto o forse un punto aldilà di esso. Astrid non capì, ma fece finta di niente. - Il dottor Banner è ancora titubante, ma oggi era in laboratorio. Non l'hai visto?
Astrid fece "no" con la testa.
-Natasha non la vedremo per un giorno o due: ha appena ricevuto un incarico assieme a Legolas.
Stark contò sulle dita i componenti. Fece una scenetta come se proprio non riuscisse a ricordare. Anche Astrid li contò. Erano quattro, più Stark: cinque, e...
-Ah, giusto! Rogers.
Probabilmente non l'aveva dimenticato davvero. C'era una certa avversione tra di loro. Astrid aveva notato le occhiate tese appena si erano presentati.
-Non credo di piacergli.
Astrid appoggiò i gomiti sul piano, nascondendosi dietro la deformità del bicchiere. Certo, non si era aspettata una cerimonia di benvenuto, ma sentirsi distanziata come una lebbrosa bruciava un po' l'orgoglio. Soprattutto se si supponeva che fosse uno degli uomini più giudiziosi ed acclamati della Terra a rifiutare la sua presenza. Comunque fosse, preferiva il suo atteggiamento schivo, finché intendesse continuare a lanciarle occhiate ambigue.
-Dagli tempo. Ha bisogno di scaldarsi. Oh, ma guarda che ore sono! Hai fame? - esclamò Stark sollevando gli occhi dall'orologio da polso. - Ti va una pizza? Posso far portare quello che vuoi.
Annuì meccanicamente, senza riuscire a rispondere.
-Pizza. Perfetto. Lo dici tu al Capitano? - la prese in giro.
Sarebbe sbucato più tardi, mentre Stark sedeva davanti a lei, scomposto, a smangiuggiare le croste e a elogiarsi per la gloriosa impresa a New York, di poco più di un anno prima. Raccontava di come era riuscito a disintegrare da solo un'enorme balena volante bio-meccanica, con lunghi denti aguzzi e di come avesse rinfacciato al Capitano la propria ragione su qualcosa che... Astrid non stava più ascoltando. Il suo luccicante e spasmodico narcisismo si propagava presuntuoso nello spazio dell'intera stanza e lei annuiva e fingeva stupore tra un sorso e l'altro della birra. Forse aveva capito perchè il dottor Banner non si era unito a loro per pranzo.
-Avete finito?
Astrid pensò che sicuramente aveva preso l'ascensore fino al piano di sotto, per poi preferire le scale, giusto per fare il figo. Come se i bicipiti e i pettorali che gli esplodevano sotto la maglietta non fossero abbastanza.
Il Capitano le fece un cenno col mento, arricciando in dentro le labbra quasi per sorridere. Dietro di lui era apparsa Natasha con le sue gambe lunghe e la sua chioma di fuoco. Aveva preso subito posto sul lato di Astrid e si era fiondata sulla pizza quasi dimenticandosi di salutare.
-Romanoff, sembra che non mangi da una settimana.
-Ho fame! - esclamò la russa contenta come una bambina con tutta quella mozzarella che filava fumante da ogni parte. Passò un cartone al Capitano. Stark intrecciò le dita e si protese sul tavolo verso Astrid che pensava a quando sarebbe iniziato il famoso meeting.
-Allora... Non ci hai detto niente di te.
-Non ho molto da dire. - bofonchiò Astrid mentre strappava malamente l'ennesimo pezzo di pizza e ci versava sopra un'intera bustina di salsa piccante, ignorando gli sguardi preoccupati rivolti a quella povera fetta che era appena diventata una bomba esplosiva. Se ne sarebbe mangiate due per quanto era buona.
-Che facevi prima di venire qui? Avevi un lavoro? Studiavi?
-Lavoravo.
-E dove?
Il Capitano gli lanciò uno sguardo strano.
-In un fast-food.
-Ti piaceva?
Astrid gli lanciò un'occhiata imbronciata. Come dire ad un miliardario che esisteva un mondo fatto di stenti e di scelte obbligate?
-Certo, era tutta la mia aspirazione di vita. - rispose sarcastica.
-Hai qualche passione? Oltre a coprirti il viso con una bandana e a sventare male delle rapine a mano armata?
Astrid posò gli scarti della pizza.
-È questo il meeting? Farmi domande personali fingendo di non sapere già tutto di me? Non dobbiamo forzare una conversazione per fare amicizia.
Natasha e il Capitano si guardarono. Stark indietreggiò con la schiena.
-Hai ragione. Dobbiamo essere più sinceri l'uno con l'altro. Sei nostra ospite, anche se qualcun altro ha deciso per te e per noi.
Il Capitano la fissò mentre capiva che sarebbe stato un rapporto difficile. Astrid aveva tanto da nascondere e molteplici motivi per essere sensibile a critiche, giudizi non richiesti e molesto compatimento.
-Vogliamo solo conoscerti. - illustrò Natasha e Astrid capì di essere stata brusca come al solito.
Il cellulare di Tony emise un suono prolungato e sancì la definitiva fine della conversazione.
-È Banner. - rispose. - Banner?
-Stark, devi venire a vedere una cosa. - la voce del dottore era seria e contorta in una nota di agitazione. - È piuttosto urgente. - aggiunse, interrompendo l'inizio di una battuta da parte del suo interlocutore - Preferirei che venissi subito. È peggiorata.