«Guardarmi, quando ti parlo».

Resto in silenzio, immobile.

«Rebecca, ho detto di guardarmi».

Lo sento respirare affannosamente: vuol dire che si sta irritando. Senza preavviso, mi afferra le spalle e mi fa voltare per poi sbattermi contro la porta.

Rimango senza fiato, guardandolo: ha i capelli ancora bagnati e indossa solo un asciugamano legato in vita.

«Sai che non mi piace ripetere le cose due volte!», esclama a pochi centimetri da me.

«E tu sai che non mi piace ricevere ordini», ribatto.

Vedo la sua mascella serrarsi e la presa sulle mie spalle farsi più stretta.

«Toglimi le mani di dosso». Scandisco ogni singola parola, e lui, senza dire nulla, si allontana da me. Poi inizio a battere i pugni contro la porta.

«Davide, apri immediatamente!».

«Noi andiamo a fare la spesa e rientreremo tra un'ora, massimo due. Quando torniamo, voglio trovare la mia casa intatta. Chiaro? A dopo!», urla. Pochi istanti dopo sento il rumore della porta d'ingresso che viene chiusa.

«Non è possibile», mormoro. «Apri la finestra. Si muore, qui dentro».

«Togliti il maglione, se hai così caldo», dice tamponandosi i capelli con un altro asciugamano.

Come fa a restare così calmo in una situazione come questa?

«Non me lo tolgo finché ci sei tu», replico incrociando le braccia al petto e fissandolo.

Che faccia tosta. A volte non lo sopporto!

«Ti ho già vista altre volte senza maglia, tesoro».

Una scarica di rabbia mi percorre tutto il corpo.

«Non sono una delle tue puttane che chiami "tesoro". Chiaro? E ora spostati che devo mettere in carica il telefono».

Lui mi afferra il caricatore e il telefono e li mette sopra al lavandino, dietro di lui.

«Non fare il bambino e ridammeli».

Provo a prenderli, ma mi sbatte nuovamente contro la porta e si avvicina pericolosamente a me.

«Non provare a darmi del bambino, Rebecca», sibila facendo toccare i nostri nasi.

È troppo vicino.

«Se no?», dico con un filo di voce, quasi spaventata.

Non parla.

Mi fissa e poi succede tutto in un attimo: le sue labbra sono sulle mie e le sue mani sono sui miei fianchi.

Questa situazione mi manda in tilt il cervello e sono indecisa se ricambiare il bacio o levarmelo di dosso.

«Baciami», sussurra.

Un debole mugolio esce dalla mia bocca, ma lo soffoco. Non voglio che si accorga che effetto fa ancora su di me.

«Ti prego».

Morde e succhia la pelle sotto il mio orecchio e, a questo punto, cedo.

Gli afferro il viso tra le mie piccole mani e lo bacio. Lo bacio con tutta la volontà che ho in corpo, con l'anima.

Mi è mancato questo contatto, devo ammetterlo.

Mi è mancato sentire le sue mani vagare su di me, e soprattutto mi è mancato sentirlo mio.

Quando rimaniamo senza fiato, ci stacchiamo.

«Ti voglio», dice riprendendo fiato e posando la fronte contro la mia.

Quando realizzo a che cosa fa riferimento, lo allontano bruscamente.

Mi guarda con aria confusa passandosi una mano tra i capelli bagnati.

«Mi hai già usata più volte. Questa volta, però, non te lo permetterò», dico girandomi verso la porta e mordendomi il labbro inferiore.

«Ehi, mi dispiace per ciò che ti ho detto. In quel momento ero arrabbiato, non ero in me».

Circonda la mia vita con le sue braccia e nasconde il viso nell'incavo del mio collo. Inspiro il suo profumo e mi lascio andare.

«Mi hai fatta stare male», confesso.

«In quel momento era ciò che volevo. Non ti ho usata in nessun modo, credimi», sussurra e lascia una scia di baci sulla mia spalla.

Come posso avere una conversazione sensata con lui che mi distrae in questo modo?

«Cosa vuoi da me?».

Si stacca e mi pento della domanda che ho fatto.

«Voglio te».

Mi fa girare e mi lascia un piccolo e casto bacio sulle labbra.

Mille cose mi passano nella mente e non saprei più cosa dire.

«Non sono sicura di voler iniziare un'altra storia insieme a te», dico d'un fiato.

«Che hai capito?». Fa una risatina.

Lo guardo confusa.

«Non ho detto che voglio stare insieme a te».

Mette le mani contro la porta, ai due lati della mia testa.

Mi sento deluso, illusa. Di nuovo.

«E cosa vuoi, allora?».

«Voglio poterti baciare e farti mia quando voglio, anzi, quando vogliamo», dice avvicinandosi.

Lo guardo con disprezzo.

«Non voglio essere la tua scopamica», sbotto offesa.

«Perché?».

Non voglio sentirmi una poco di buono e andare a letto con un ragazzo con cui non sono fidanzata!

«Non voglio fare l'amore con te, che ora non sei nemmeno il mio ragazzo».

«Allora ci baceremo soltanto».

«No. Non voglio essere il tuo giocattolino che prendi quando sei annoiato».

Giro la testa di lato, distogliendo lo sguardo dai suoi bellissimi occhi.

«Guardami».

Mi afferra il mento con due dita e mi fa voltare verso di lui.

«Litigando rovineremo la vacanza a tutti e soprattutto staremo male entrambi. Invece, se facessimo questa sorta di pace, faremmo felici tutti».

Il suo ragionamento non fa una piega, non posso biasimarlo.

«Non voglio sentirmi una poco di buono», ripeto.

«Non lo sarai se farai ciò che desideri». Sorride e i battiti del mio cuore accelerano.

«Lo so che vuoi i miei baci. Li vuoi quanto io voglio i tuoi e li desidero così tanto».

Si avvicina e fa sfiorare le nostre labbra.

Le gambe quasi mi cedono, il cervello è andato in tilt e le mie mani ormai sono intorno alle sue braccia.

Vorrei rifiutare ciò che mi ha detto, ma non posso evitare di pensare che è la cosa migliore per tutti. La distanza, il non potere averci è ciò che ci distrugge. Così, invece, forse le cose si risistemeranno.

«Allora?», chiede alzando la testa e facendomi il solletico con i suoi capelli.

«Va bene, accetto».

Sorride e per sigillare il nostro patto si avventa sulle mie labbra. 

Compagni di StanzaWhere stories live. Discover now