CAPITOLO 29.

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Mi rannicchio vicino a Jacopo per via del freddo.

Non riesco più a dormire, ma non voglio svegliarlo. Voglio continuare a sentire il suo respiro sul mio corpo.

Apro gli occhi e guardo l'orologio sul muro. Segna le undici e trentasette. Abbiamo dormito così tanto?

La mia pancia inizia a brontolare, segno che mi è venuta fame.

«Amore, svegliati», gli dico baciandolo.

Mormora qualcosa di incomprensibile e si gira dall'altra parte.

«Jacopo, alzati, dai». Lo abbraccio e gli lascio un bacio sulla schiena.

«Ho sonno», biascica coprendosi con la coperta fin sopra la testa.

«E io ho fame, vado a preparare qualcosa». Sospiro sconfitta e mi alzo dal letto.

Indosso solo la maglietta bianca di Jacopo e degli slip neri.

Scendo al piano di sotto e apro il frigo.

Nulla, non c'è nulla.

Apro la dispensa e trovo dei biscotti scaduti un anno fa e della marmellata di ciliegie. Io sono allergica alle ciliegie.

Cerco in tutta la cucina qualcosa di commestibile, ma non trovo niente. Intanto la fame inizia ad aumentare.

Dovremo andare a fare la spesa, ma quel pigrone di Jacopo sta dormendo.

Decido di svegliarlo, e se è necessario lo trascinerò giù dal letto.

Giro l'angolo per salire a sbatto contro qualcosa, o meglio, contro qualcuno.

Alzo la testa e scoppio a ridere.

Jacopo, in boxer, con una coperta messa in testa e con i capelli tutti spettinati, sbadiglia sonoramente.

«Cos'hai da ridere?», chiede assonnato.

«Sei così buffo», rispondo.

«Ah sì? Vieni qua!», esclama aprendo le braccia.

Mi avvicino e mi avvolge con le braccia e con la coperta.

«Se non facciamo un po' di spesa, morirò di fame».

«Vado a prepararmi, allora», dice staccandosi dall'abbraccio e salendo le scale con la coperta.

Lo seguo e vado in bagno. Mi lavo i denti, mi vesto con un maglione e dei jeans, mi lego i capelli in una coda di cavallo ed esco.

«Devo solo lavarmi i denti e possiamo andare», mi avvisa Jacopo mentre entra in bagno.

Scendo al piano di sotto e lo aspetto.

«Sono pronto!», urla prendendo le chiavi della macchina e mettendosi il giubbotto.

Afferro il mio cappotto e usciamo di casa salendo in macchina.

«Stai bene?», chiede poggiando una mano sopra la mia coscia.

Annuisco senza parlare e poso la mia mano sopra la sua.

La sua è enorme, mentre la mia è piccola. Sorrido quando inizia a giocare con le mie dita.

«Siamo arrivati.» Dice entrando nel parcheggio di un piccolo supermercato.

Scendiamo dalla macchina, ma Jacopo mi afferra per un braccio e mi stampa un bacio sulle labbra. Intreccia la sua mano nella mia ed entriamo.

Prendiamo un carrello e iniziamo a girare tra gli scaffali.

«Cosa vuoi mangiare?», chiedo guardando nel reparto surgelati.

«Io vorrei una bistecca con le patatine», risponde spingendo il carrello.

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