CAPITOLO 51.

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JACOPO

Rimango qui dentro, solo, per la seconda volta nella stessa serata. Mi ha lasciato al buio e con un'erezione che pulsa sotto ai miei jeans.

Ci sono due modi per farmela passare e non credo di poter usare il metodo "manuale", quindi penso alla mia professoressa di Chimica: una donna vecchia, sciatta e trascurata, e nel giro di dieci minuti l'erezione passa.

Esco dal guardaroba, facendo attenzione a non rimanere impigliato in qualche giacca. Mi pento di essere venuto a questa noiosissima festa.

Prima di conoscere Rebecca andavo a ogni party che organizzavano. Non perché mi piacesse ballare, ma per potermi ubriacare per poi portarmi a letto delle ragazze che avrei dimenticato il giorno dopo.

Invece, con Rebecca, mi bastava stare abbracciato a lei sul divano o nel letto. Avrei passato volentieri il sabato sera a guardare un film o una serie tv in sua compagnia.

Basta. Non posso pensare a lei. In fondo sono qui per divertirmi.

Raggiungo gli altri controvoglia e sento dei frammenti della loro conversazione.

«È un gioco da ragazzini delle medie», dice Rebecca, chiaramente annoiata.

Sono d'accordo con lei.

Ormai siamo quasi tutti maggiorenni e certi giochi mi sembrano fuori luogo.

«Se non vuoi giocare, puoi anche solo guardare», le rispondo senza dare troppo peso a ciò che è successo prima tra noi.

In qualche modo devo fargliela pagare, no? Sono un tipo vendicativo, chi mi conosce lo sa.

Guardo l'espressione di Rebecca: è chiaramente arrabbiata, e se non ci fossero tutte queste persone non ci penserebbe due a volte a urlarmi contro. Mi lancia un'occhiataccia e non posso fare a meno di sogghignare. Eppure continuo a pensare che sia adorabile, quando si arrabbia.

«Va bene», mormora rassegnata Rebecca.

Mi avvicino a Melissa, non ha bevuto un goccio d'alcol – a differenza di suo fratello che ormai è ubriaco fradicio – e non è andata a ballare con nessun ragazzo. Quale ragazzo non la inviterebbe a ballare? Anche se è piccola, ha un corpo fantastico ed è molto bella.

Comunque con lei non farei proprio niente. Dopotutto è la sorella minore del mio migliore amico, ma non posso negare il fatto che la sua presenza non mi dispiace. È intelligente e simpatica. Con lei riesco sempre a divertirmi, a farmi qualche risata e ad avere delle conversazioni serene.

Inoltre so che a Rebecca dà fastidio il fatto che passi del tempo con lei: un punto a mio favore.

Continuo a fissare la sua espressione durante il gioco.

Passa dall'essere imbarazzata a essere disgustata nel giro di un attimo e questo non può che provocarmi una risata, che però soffoco affondando la testa nei capelli folti di Melissa.

«Che c'è?» Chiede divertita girandosi.

«Niente.» Rispondo continuando a ridere.

Guardo la bottiglia che gira e si ferma su Rebecca. Mi invade un leggero stato d'ansia al pensiero che la obbligheranno a fare qualcosa che non vuole.

Quando alzo la testa per guardarla, vedo solo la persona che amo mentre bacia un altro ragazzo

«Tutto bene?», chiede Melissa girandosi verso di me.

«Tutto bene? Non va bene un cazzo», sbraito alzandomi.

Lei mi raggiunge, probabilmente per abbracciarmi, ma le afferro i polsi.

«Per quale motivo le hai imposto quell'obbligo?», le urlo contro stringendo i polsi.

Emette un verso di lamento: «Mi stai facendo male!».

La lascio subito.

"Mi stai facendo male". Mi tornano in mente le parole di mio padre: "Fai del male alle persone che ami".

La guardo massaggiarsi i polsi e per la prima volta dopo tanto tempo ho un tuffo al cuore.

«'Fanculo a te e al tuo obbligo». E me ne vado via.

Non voglio rovinare questa festa.

Spingo persone che neanche conosco per farmi spazio e finalmente esco fuori da quel dannato posto.

Il primo istinto che ho è quello di gettarmi a terra, ma poi vedo Rebecca, con una sigaretta in mano.

Sì, cazzo: io, Jacopo Venturi, devo trattenermi dal non piangere.

Non ho mai detto di essere forte, l'ho solo dimostrato.

Ho sempre dato l'impressione che anche se affogassi in un mare di problemi, riuscirei comunque a stare a galla. Ma non è cosi. La verità è che mi farei trascinare a fondo.

Quando penso che non posso andare peggio, ecco che un ragazzo si avvicina a lei. Magari si conoscono già, non mi stupirei. Lei sarebbe in grado di fare amicizia con il peggior criminale del mondo, per poi redimerlo. Forse gli farebbe imparare pure il Galateo.

Ma perché sto pensando al Galateo mentre sono sull'orlo di una crisi di pianto?

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