CAPITOLO 16

123K 5.2K 88
                                    

«Che palle, si è messo a piovere», dice Chiara sbuffando.

Sono le otto e mezza, e il mio turno dovrebbe finire tra mezz'ora.

«Preferisco la pioggia, che pezzare sotto il sole», replico mordendo il tappo della biro che ho in bocca.

«Che differenza c'è, scusa? Sei bagnata lo stesso», continua Chiara scoppiando a ridere.

In questo mese ho legato moltissimo con lei. Abbiamo molte cose in comune. È quasi una migliore amica... quasi.

«Ma quanto puoi essere scema?!». Mi unisco anche io alla risata.

«Zitta, tu, specie di scimmia in calore».

Ma si può?!

«Ma queste battute ti escono dal culo, per caso?». Ecco, sta riaffiorando la parte stronza di me.

«Ovvio, bionda».

«Tu sei daltonica».

Sono le otto e cinquanta.

«Stacca dieci minuti prima e vai a casa dal tuo amore», mi urla la bionda.

«Grazie!», le rispondo dandole un bacio sulla guancia.

Prendo la mia borsa ed esco dal negozio.

Un paio di passi e quando alzo la testa vedo qualcosa che non vorrei mai vedere.

Elisa, quella puttana. Indossa un abitino succinto ed è seduta sopra a Jacopo, che le sta accarezzando la coscia nuda.

Voglio vomitare. Ora.

Senza accorgermene, inizio a piangere. Perché lo sta facendo? E i suoi "ti amo"?

Mi sento più vuota che mai.

Corro più veloce che posso dalla parte opposta rispetto alla loro e per sbaglio vado a sbattere contro qualcuno.

«Scusami tanto», dico tenendo la testa bassa e piangendo.

«Tranquilla, ma non dovresti correre per il centro commerciale», risponde l'altra persona.

Io quella voce la conosco!

Alzo la testa: è Christian.

Sbuffo sonoramente, lo scanso e continuo a camminare verso il parcheggio.

«Che succede?». Christian mi afferra un polso.

«Nulla», rispondo con freddezza.

Non voglio parlare con nessuno, tantomeno con il ragazzo a cui ho dato un pugno stamattina.

«Sì, invece. Stai piangendo».

Ma che vuole ancora? Gli ho dato un pugno così forte da lasciargli un livido sulla guancia e mi parla ancora? Ma sta bene?

«Senti, evita di parlarmi. Evita di toccarmi. Evita di guardarmi. Evita di stare nello stesso posto in cui sono io. Evita!», gli urlo piangendo ancora più forte.

Lui mi guarda. Non dice nulla. "Meglio così", penso.

All'improvviso mi tira a sé e mi abbraccia.

Ma che sta facendo?!

Vorrei divincolarmi dalle sue braccia, ma non ho più forze. La sua maglietta profuma di vaniglia. E le sue braccia sono forti.

Ho davvero bisogno di quell'abbraccio, lo ammetto.

«Scusami se ti sto abbracciando, ma ne hai bisogno». Sembra che mi abbia letto nella mente.

«Grazie». Non riesco a dire altro.

Compagni di StanzaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora