CAPITOLO 27.

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REBECCA

Entro nel bagno del ristorante e poso le mani sul bordo del lavandino guardandomi allo specchio.

Jacopo ha messo incinta quella ragazza? Ed è scappato il giorno prima che lei partisse?

Mi metto una mano sulla pancia. E se avesse fatto così anche con me?

Scaccio questi pensieri e mi sciacquo la faccia.

Mi asciugo con dei fazzoletti di carta ed esco dal bagno. Vedo Jacopo seduto al tavolo che si sta torturando le mani.

Faccio un respiro profondo e mi siedo davanti a lui.

«Posso spie...», inizia a dire, ma lo interrompo.

«No, non ora. Dopo mi spiegherai tutto con calma», dico accennando un sorriso falso.

Carolina, Carola o come si chiama, si avvicina al nostro tavolo con due piatti in mano. Sapere che questa ragazza è andata a letto con Jacopo mi provoca un bruciore alla bocca dello stomaco. La gelosia è una brutta bestia.

«Ecco la carbonara». Mi mette il piatto davanti e poi sorride a Jacopo. Se gli sorride o lo guarda ancora una volta, giuro che le sbatto la testa sul bancone del bar.

Calmati, Rebecca.

«E la cotoletta alla milanese con le patatine». Sorride di nuovo.

«Come facevi a sapere che la cotoletta era per lui?», chiedo.

«Semplice. È il suo piatto preferito». Mi guarda male, poi si gira verso Jacopo e sorride prima di andarsene.

Che rabbia!

Se sa anche qual è il suo piatto preferito, vuol dire che sono stati insieme per parecchio tempo.

Giro la forchetta nella pasta, ma non mangio nulla. All'improvviso mi è passata la fame.

«Stai bene?», mi domanda Jacopo preoccupato.

«Anche a distanza di chilometri incontriamo ragazze con cui sei stato a letto», dico con tono deciso, facendo cadere la forchetta nel piatto.

«Non sapevo che Caterina lavorasse qui», si giustifica passandosi una mano nei capelli.

Sto zitta e continuo a fissare il mio piatto.

Alzo lo sguardo e noto che Caterina sta venendo verso di noi senza la divisa da cameriera.

«Jacopo, questo è il mio numero. Mi ha fatto piacere rivederti». Si abbassa facendo vedere la sua scollatura e lascia un biglietto sul tavolo.

Ma non ha visto che è impegnato con me?!

«Basta, questo è troppo! Posso tollerare i tuoi sorrisi e la tua storiella, ma questo no!», sbraito alzandomi. Poi prendo il biglietto e lo strappo.

Mi avvio verso l'uscita, ma Jacopo mi ferma.

«Lasciami!», esclamo inacidita, finché lui molla la presa.

Corro verso il parcheggio e mi siedo sul marciapiede. Dalla tasca prendo il pacchetto di sigarette, ne sfilo una, la metto tra le labbra e la accendo.

La nicotina mi entra subito in circolo e riesce a calmarmi. Sto andando a fuoco dalla rabbia, me lo sento.

Se non ci fossero state tutte quelle persone, probabilmente avrei tirato uno schiaffo a Caterina.

«Arrabbiata?». Una voce sconosciuta mi riporta con i piedi per terra.

«Ci mancava solo il ragazzo sconosciuto che interviene in mio aiuto», sbuffo; poi aspiro una boccata di fumo.

«In realtà sono venuto a chiederti una sigaretta, ma evidentemente non puoi dare confidenza agli sconosciuti», dice acido.

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