CAPITOLO 3.

180K 7.1K 258
                                    

JACOPO

«Senti, Elisa, è meglio che te ne vai», dico alla ragazza sopra di me.

«Dai, Jack, continuiamo a divertirci anche se c'è quella lì», mi risponde lei con un sorriso da ebete in faccia.

«Quella lì ha un nome: Rebecca. Ti ho detto di andartene».

Nel giro di dieci minuti, Elisa si riveste ed esce di casa.

Rebecca è ancora fuori in balcone. Sta parlando con qualcuno al telefono, mi avvicino alla finestra e ascolto.

«Sì... tutto bene, tu? Mi trovo bene, tranquilla... No, mamma, domani non c'è scuola... Sì, sto attenta... Ti voglio bene anch'io. Ciao».

Chissà perché è venuta ad abitare in questa casa, mi chiedo.

Decido di uscire fuori in balcone per fumarmi una sigaretta.

«Ehi, Rebecca», le dico mentre apro il pacchetto.

«Non guardarmi neanche, Jacopo», mi risponde acida.

«Come vuoi», ribatto. Mi accendo la sigaretta.

Si è tolta il maglione ed è rimasta con una canottiera.

«Stai tremando. Mettiti il maglione, ragazzina, se no poi ti ammali», le dico buttando fuori il fumo.

«Cosa te ne frega se mi ammalo?! Mi hai lasciata da sola in mezzo alla strada per venirti a scopare quella! Io...». I singhiozzi le impediscono di parlare, ma continua lo stesso: «Io non voglio essere la tua troia di turno! Quel bacio, come hai detto tu, non è stato nulla! E smettila di chiamarmi ragazzina!».

Resto immobile a fissarla.

Sta piangendo per colpa mia?

Ho fatto piangere tante ragazze, ma non mi è mai importato nulla; invece con lei è diverso.

Perché è diverso?

Non è diverso, Jacopo. Lei è come le altre ragazze, niente di più.

«Smettila di piangere. Se non vuoi essere la mia troia di turno, smettila di girare mezza nuda per casa!», le dico serrando la mascella.

Non le do il tempo di replicare, butto la sigaretta per terra ed entro in casa.

La sento piangere.

Preferisco la sua risata.

Dio, quant'è bella la sua risata.

Ma cosa mi prende?! Lasciala piangere, Jacopo, e fatti i cazzi tuoi come sempre.

REBECCA

Sono qui in balcone e piango. Non sto piangendo per lui, ma per le parole che ha usato contro di me.

Jacopo è chiuso nella nostra stanza, per me può anche rimanere lì, non lo voglio vedere.

All'improvviso sento la porta di casa aprirsi e vedo Vittorio che entra con lo zaino in spalle.

Senza pensarci due volte, corro verso l'entrata e lo abbraccio.

«Ehi, Rebi, così mi soffochi», mi dice ridendo.

«Ops... scusami!», gli rispondo imbarazzata.

«Tranquilla! Ma cosa succede?».

Gli racconto tutto, tralasciando il particolare del bacio, ovviamente.

«Che stronzo! Senti Rebecca, lui è il puttaniere della scuola. Ogni giorno lo vedi con una ragazza diversa. Non voglio che tu sia una delle tante. Capito?», mi dice abbracciandomi.

«Capito, capo!», gli rispondo ridendo.

Scoppiamo a ridere, ma smettiamo subito appena vediamo Jacopo uscire dalla stanza.

Vittorio sta per dire qualcosa, ma Jacopo lo precede: «Risparmiati la tua ramanzina. So di aver sbagliato e che dovevo chiederle scusa fin dall'inizio, ma tu sai come sono fatto». Fa una lunga pausa e prosegue: «Scusami, ragazzina... cioè, Rebecca. Scusami Rebecca».

Devo accettare le sue scuse?

«Va bene, ma mi devi un passaggio in macchina e una visita turistica per la città», gli dico sorridendo.

«Sarà fatto», risponde, sorridendo a sua volta.

Poi Vittorio va in camera sua per studiare.

«Ma quanto studia?!», chiedo a Jacopo.

«Non lo so! È un secchione», mi risponde sedendosi sul divano, affianco a me.

«Abbiamo un secchione in casa!», urlo affinché Vittorio mi senta, e lui risponde con un "vaffanculo".

Io e Jacopo scoppiamo in una fragorosa risata.

«Che facciamo stasera?», gli chiedo.

«Mhm... c'è una festa in una discoteca, in centro. Potremo andarci!», propone entusiasta.

«Ma non conosco nessuno!».

«Ti farò conoscere nuove persone io».

«Va bene. Ci sto!».

«Ora però vai a prepararti, se no arriviamo tardi. Io intanto avviso gli altri». 

Compagni di StanzaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora