CAPITOLO 20.

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«Che ci fai qui?». Non l'ho fatta entrare e non voglio di farlo.

«Sono venuta a fare una visita alla mia bambina», risponde innocente.

«Bambina? Seriamente? È meglio se te ne vai», rido amaramente.

«Non trattare così tua madre!», urla arrabbiata.

«Una madre non mentirebbe mai alla propria figlia! Tu l'hai fatto per ben quattro anni! Vergognati!». Urlo più di lei.

«Volevi sapere che tuo padre era un drogato, Rebecca?». Improvvisamente abbassa il tono della voce.

«Sì. Almeno avrei saputo che era vivo». Le sbatto la porta in faccia e torno in camera da letto.

«Che è successo?», mi chiede preoccupato Jacopo.

«Nulla». Mi metto a cavalcioni su di lui e lo guardo.

«Sicura?».

«Sì, Jacopo. Sono sicura». Sbuffo infastidita.

«Va bene. Riprendiamo da dove siamo rimasti», sorride malizioso.

Inizio a baciarlo sul collo e gli lascio qualche succhiotto.

«Così capiranno tutti che sei mio», sussurro al suo orecchio, e lo sento ridere.

Quanto amo quel suono.

Mi prende il viso fra le mani e mi bacia con foga. Le nostre lingue si sfiorano, si uniscono, ballano. Amo questo contatto.

Mi sfila la maglia e la butta sul pavimento.

Si ferma e sorride.

Sorrido anche io e mi bacia di nuovo.

Le mie mani scorrono sui suoi addominali perfetti.

Jacopo ribalta la situazione e mi ritrovo sotto di lui.

JACOPO

Inizio a baciarle il collo e le lascio un succhiotto.

«Così capiranno tutti che sei mia», sussurro al suo orecchio.

Le sgancio il reggiseno e lo butto giù dal letto.

Inizio a stuzzicare un seno, mentre l'altro è nella mia bocca. La sento gemere. Che bel suono.

«J-Jacopo. Muoviti», ansima.

«Cosa devo fare?». Smetto la mia lenta tortura e la guardo interrogativo.

«Sai bene cosa», risponde mordendosi il labbro.

Cazzo, quelle labbra.

«Cosa, Rebecca? Cosa devo fare?». Continuo a fare l'ingenuo.

«Jacopo...». Incrocia le braccia al petto.

«Rebecca». Mi appoggio sui gomiti.

«Spostati». Mi spinge e mi fa cadere dal letto.

Si alza, prende la mia maglia e se la infila.

Forse ho esagerato nel pretendere che lei mi dica cosa fare.

Senza pensarci due volte corro in cucina l'afferro per i fianchi e inizio a baciarla. Lei mette le mani nei miei capelli e me li tira.

Gemo.

Le tolgo i pantaloni e la maglia. Continuo a baciarla.

Mi slaccia i pantaloni e li fa scivolare.

«Ora», sussurra al mio orecchio.

Le tolgo l'intimo e lei fa lo stesso con me.

Entro deciso dentro di lei e la sento gemere. Le spinte aumentano come aumentano i nostri gemiti.

Esplodo dentro di lei urlando il suo nome, dopo poco anche lei viene urlando il mio nome.

«Cazzo!», urlo.

«Porca troia! Come ho fatto a dimenticarlo?!». Mi rivesto subito.

«Dimenticare cosa?!», chiede preoccupata Rebecca.

«Il preservativo, Rebecca, il preservativo!», grido.

Lei diventa completamente bianca, non parla più.

No! No! E ancora no! Non deve succedere niente!

«Vieni qui». Apro le braccia e lei si catapulta dentro stringendomi forte.

«Ti amo qualunque cosa accada», dico baciandole dolcemente la testa.

«Ti amo», risponde.

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