CAPITOLO 6.

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Apro gli occhi e mi rendo conto che questa non è la mia stanza.

C'è un peso che mi blocca, è il braccio robusto di Jacopo.

Ripenso alle emozioni che mi ha fatto provare ieri sera e sorrido.

Adesso che faccio?

Dimentico tutto quello che è successo?

L'ha detto pure lui che oggi devo tornare a odiarlo.

Mi giro su un fianco e osservo Jacopo dormire.

Ha la bocca socchiusa e tutti i capelli scompigliati.

È semplicemente perfetto.

Siamo ancora entrambi nudi e la situazione non mi dispiace.

Senza accorgermene, traccio con il dito il tatuaggio che ha sul fianco sinistro.

È una scritta in corsivo: "Per la mia principessa Rachele".

Chi è questa Rachele?

E perché è la sua principessa?

Una sensazione strana mi assale. Forse sono gelosa... Ma non posso esserlo.

Jacopo non è mio.

Io odio Jacopo... Almeno credo.

Ma ora basta.

Voglio godermi questo momento, voglio stare ancora un po' tra le sue braccia.

Mi accoccolo vicino al suo petto; Jacopo mi tira a sé e mi stringe forte con un braccio, come se avesse paura che io possa scappare.

«Tu da qui non ti muovi», mi dice con la voce ancora impastata dal sonno.

Quelle parole mi procurano lo stesso brivido lungo la schiena che provo a ogni suo tocco, a ogni sua parola.

«Sto bene qui», rispondo quasi senza accorgermene.

Jacopo stringe le sue gambe attorno alle mie e mi abbraccia ancora più forte.

«Rebecca, hai freddo? Sei nuda e non vorrei che ti ammalassi».

«No, tranquillo. Non ho freddo. Te lo ripeto: qui sto bene».

«Torniamo a dormire. È ancora presto». E mi stampa un bacio sulla testa.

In men che non si dica, mi addormento fra le sue braccia.

JACOPO

Sta dormendo tra le mie braccia.

È una sensazione bellissima.

È perfetta anche quando dorme.

Non so cosa mi stia succedendo, so solo che sto benissimo quando sto vicino a lei.

I suoi modi di fare, il suo modo di tenermi testa, il suo sorriso, i suoi occhi, la sua voce, il suo corpo minuto, le sue mani... Sono le cose di lei che mi fottono completamente il cervello.

Ho paura solo di una cosa.

Ho paura di farle del male.

Il mio passato le farà male.

Lei merita solo del bene.

Guardo fuori dalla finestra, sta piovendo.

"Che tempo di merda", penso, e chiudo gli occhi per poi cadere in un sonno profondo.

Apro gli occhi di scatto. Quell'incubo, lo stesso incubo che faccio sempre.

Il mio battito cardiaco è aumentato.

Il mio respiro è irregolare.

Deglutisco a fatica.

Mi giro, Rebecca sta ancora dormendo fra le mie braccia e mi tranquillizzo.

Guardo l'orologio sul comodino e leggo l'ora: sono le undici. Sono passate due ore da quando mi sono svegliato la prima volta.

Decido di svegliare Rebecca, ma a modo mio.

Mi posiziono sopra di lei e le lascio baci umidi sul collo; mi soffermo sui segni viola che le ho fatto ieri notte e comincio a succhiare, rendendoli ancora più evidenti.

Lei sgrana gli occhi di colpo e sorride.

«Buongiorno», le dico. E le lascio un bacio a stampo sulle labbra.

«Buongiorno», risponde arrossendo. «Che facciamo?», chiede sorridendo.

Cazzo quanto amo quel sorriso.

«Innanzitutto ci vestiamo».

«Oh, sì è vero. Ma io ho solo il vestito di ieri sera».

«Prendi un mio maglione».

«Posso davvero?», chiede quasi imbarazzata.

«Certo».

Mi alzo dal letto, apro l'armadio, scelgo un maglione nero e glielo porgo.

Lei mi guarda arrossendo e subito dopo mi ricordo di essere nudo.

«Oh, scusa!», esclamo. Prendo un paio di boxer puliti e un paio di pantaloncini.

Decido di non mettermi la maglia, perché in questa casa fa abbastanza caldo.

Mi volto verso Rebecca e l'ammiro con indosso il mio maglione.

Le sta largo, ma le sta benissimo.

«Sei bellissima con questo maglione», dico avvicinandomi a lei.

«Profuma di te», risponde lei sorridendomi.

La guardo sorridere e la sbatto alla porta della camera cominciando a baciarla.

All'inizio sembra un po' spaesata, ma poco dopo ricambia subito il bacio.

Mi tira leggermente i capelli e io la prendo in braccio.

Allaccia le gambe intorno alla mia vita e mi bacia con più foga.

È perfetta.

REBECCA

Ci stacchiamo per riprendere fiato. Appoggio la mia fronte sulla sua e sorrido.

È un sorriso vero.

«È quasi mezzogiorno. Andiamo a cucinare?», mi chiede baciandomi.

«Non ho voglia di scendere. Mi porti in braccio?», rispondo facendo il labbruccio.

Mi afferra il labbro con i denti e mi bacia.

Apre la porta e scende le scale con me in braccio.

Ispiro tutto il suo profumo e lo stringo ancora più forte.

Appena arriviamo in cucina, mi fa sedere sul bancone e mi chiede: «Cosa facciamo?»

«La pasta alla carbonara! È la mia preferita», rispondo ridendo.

«Sei fortunata, la so fare benissimo!».

«Bene, allora cucini tu», dico scendendo dal bancone e correndo verso il salotto. Ma due braccia forti mi afferrano alla vita e mi alzano da terra.

«Mettimi giù! Mettimi giù!», esclamo urlando e ridendo.

«Solo se mi dai un bacio», risponde lui, ridendo insieme a me.

«Va bene! Va bene!».

Mi mette giù, io mi alzo in punta di piedi e gli do un bacio a stampo.

«Solo questo?», domanda alzando un sopracciglio.

«No». E mi fiondo sulle sue labbra.

Mi aiuta a sedermi sul bancone della cucina e continuiamo a baciarci.

Ed ecco i brividi lungo la schiena e gli elefanti nella pancia che ballano.

«Bene, ora posso dire di essere soddisfatto», dice staccandosi da me e sorridendo.

Quanto amo il suo sorriso.

È una cosa bellissima.

Lui è bellissimo.

Compagni di StanzaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora