CAPITOLO 55.

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Una mano mi scuote e apro gli occhi di scatto, togliendomi le cuffiette che ora stavano facendo risuonare nelle mie orecchie Bang Bang dei Green Day.

«Siamo arrivati», dice Chiara uscendo dal lato opposto della macchina.

Apro la portiera e quando metto piede a terra calpesto qualcosa di soffice.

«La neve!», urlo entusiasta come una bambina.

In questo momento vorrei buttarmi a terra e fare l'angelo, come facevo insieme a mio padre, ma mi fermo. Non posso comportarmi come una bambina davanti ai miei amici.

«Ognuno prenda la propria valigia e mi segua», dice autoritario Davide, dirigendosi verso l'entrata della casa.

Mi prendo un attimo per guardarla meglio. È davvero enorme.

È tutta di legno, come le altre casa qui in torno, è una vera casa di montagna.

«Hai detto "casa delle vacanze", non "villa"!», esclama sorpreso Christian.

«Non mi lamento», risponde il proprietario.

Apre la porta ed entriamo. Rimaniamo tutti a bocca aperta, tranne Jacopo. L'arredamento è moderno, nonostante sia una casa in montagna.

«Benvenuti nella mia umile dimora».

«Piantala, scemo», dice Chiara buttandogli le braccia al collo. Lasciamo le valigie all'entrata e ci dirigiamo in salotto.

«Volete che accenda il riscaldamento oppure il camino?».

«Camino!», esclama Chiara abbracciandolo.

«Io porto la legna dentro, voi intanto accomodatevi». Da perfetto padrone di casa ci invita a sederci sul divano.

«Vado a farmi la doccia», avvisa Jacopo salendo le scale.

«A te non devo dire "Fai come se fossi a casa tua", già lo fai».

«Esatto!», urla Jacopo dal secondo piano.

«È già venuto qui?», chiedo.

«Certo, tutti gli anni», risponde Davide mettendo la legna dentro al camino e dando fuoco a una pagina di giornale, per poi buttarla sopra ai pezzi di legno. Poi sbatte le mani e dice: «Bene, in frigo non c'è assolutamente nulla, quindi dovremmo andare a fare la spesa».

Annuiamo e torniamo in silenzio. Intanto sentiamo il rumore dell'acqua della doccia che scorre.

«Davide, mi indicheresti la mia stanza? Ho il telefono scarico e dovrei caricarlo», gli chiedo.

«Certo», risponde. Prendo il caricatore e Davide mi fa strada.

Saliamo le scale e raggiungiamo una porta, quando mi sento afferrare e trascinare dentro una stanza piena di vapore. Neanche il tempo di capire che cosa stia succedendo, che sento la porta chiudersi a chiave, dall'esterno.

«Davide! Che cosa hai fatto?», urlo.

«Niente», lo sento ridere.

«Davide!».

«Perché urli così tanto? E soprattutto perché sei qui?».

La voce roca e profonda di Jacopo mi mozza il fiato.

Bastardo! Mi ha chiuso nel bagno insieme a lui.

«Chiedilo al tuo migliore amico», rispondo sforzandomi di non girarmi a guardarlo.

«Sono appena uscito dalla doccia e mi faresti un piacere, se te ne andassi», dice con tono freddo.

«Si da il caso che Davide abbia chiuso a chiave la porta. Altrimenti me ne sarei andata subito. Anzi, non sarei entrata», sbotto dandogli le spalle.

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