CAPITOLO 26.

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«Rebecca, vieni da papà», dice con voce flebile un uomo che mi sta venendo incontro barcollando.

«No! Vattene», urlo cercando di scappare, ma due braccia mi afferrano la vita e mi fermano.

«Non puoi scappare da tuo padre, Rebecca». Ride amaramente.

«Lasciami! Tu non sei mio padre!», grido cercando di liberarmi dalla presa.

«Ah no? Ma come, sei sangue del mio sangue».

Mi sveglio sudata e con il respiro irregolare. Ancora quel fottutissimo sogno. Lo stesso, identico incubo.

Cerco il corpo di Jacopo e lo trovo accanto a me. Mi sento subito meglio. Mi alzo piano senza fare rumore e vado in bagno.

Mi fermo davanti allo specchio e metto le mani sopra il lavandino. Guardo il mio riflesso a quasi mi spavento, ho un aspetto orribile. Ho i capelli tutti arruffati e il volto pallido. Metto una mano sopra la maglietta e mi si mozza il respiro. La mia mano è sporca di sangue? Sollevo la maglietta e mi accorgo di no, non c'è traccia di sangue.

"È solo un'allucinazione", penso.

Apro il rubinetto e mi sciacquo il viso. Prendo l'asciugamano e mi asciugo la faccia. Quando alzo la testa urlo dallo spavento: Jacopo è dietro di me.

«Mi hai spaventata!», esclamo con il fiatone.

«Che hai?», mi chiede abbracciandomi da dietro.

«Un brutto sogno», rispondo accarezzandogli la mano.

«Vuoi raccontarmelo?», chiede baciandomi i capelli.

«Meglio di no». Sorrido debolmente e mi giro verso di lui.

«Sei ancora troppo bassa, Gaetani», dice ridendo Jacopo.

«Sei tu che sei troppo alto Venturi». Faccio finta di offendermi, e lui mi prende il viso tra le mani e mi bacia.

«Che ore sono?», domando sbadigliando.

«Le sei, quindi ora torniamo a dormire che alle dieci ti aspetta una bella sorpresa». Mi prende per mano e mi porta in camera.

«Quale sorpresa?».

«Non posso dirlo. Taci e dormi», risponde abbracciandomi.

«Siamo letteralmente scappati dalla mia festa di compleanno, cosa penseranno gli altri? Mi avranno dato per dispersa». Rido immaginandomi la faccia di Christian.

«Quando ci sveglieremo, li avviserai. Ora vuoi stare zitta e dormire?», sbuffa Jacopo.

«Vaffanculo, Venturi», ribatto seria.

«Ti amo», replica lui stringendomi ancora più forte a lui.

Chiudo gli occhi e mi addormento.

JACOPO

Sono le nove e trenta di mattina e Rebecca sta ancora dormendo.

Mi è mancata così tanto in queste due settimane.

Vederla con il riccio mi faceva arrabbiare. La voglia di andare da lei, sbatterla al muro e baciarla era tanta. Ma vederla felice con i suoi amici mi bloccava, con me non potrà mai essere felice come lo è con loro, ma mi sono ripromesso che farò di tutto per farla sorridere.

Dopotutto anche io ho un cuore, un cuore che appartiene a lei.

Non la voglio perdere di nuovo. Resterà mia per sempre.

Guardo l'ora: sono le dieci in punto.

«Piccola, svegliati», dico in un sussurro baciandola sul collo.

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