Capitolo 5 - Crepe

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Vedi, l'oscurità sta fuoriuscendo dalle crepe. Non posso controllarla. Non posso controllare la mia vita.
- Sylvia Plath -

Il silenzio tombale che segue la sua frase è gelido, colmo di una tensione che fra noi non è mai esistita prima. L'ha urlato abbastanza forte perché io non possa nemmeno lontanamente sperare di aver sentito male. Non credevo sarebbe mai arrivata a dirmi una cosa simile. Anche se fino a qualche anno fa non avrebbe avuto tutti i torti, ora come ora sono diventata una persona impeccabile. Ho sempre trattato Jane con il massimo rispetto, non le ho mai urlato contro nemmeno una volta, nonostante sia capitato di tanto in tanto che mi sentissi sul punto di perdere il controllo. Ho addirittura accettato di restare in cura da uno psicologo, il quale ovviamente mi ha spedita da uno psichiatra. Ho sempre preso le mie medicine con regolarità, nonostante tutti siano al corrente di quanto io gli psicofarmaci non li sopporti.

Credo che Alissa possa leggere benissimo tutte queste cose nel mio sguardo, spiacevolmente sorpreso. Sebbene io sappia che quella fuori controllo ora è lei, fatico a reprimere una forte sensazione di non essere mai abbastanza umana per gli standard di nessuno, nemmeno i suoi. Non che io pretenda che gli standard di qualcuno si abbassino solo per me, ma sentirsi dire certe cose dalla sola persona ancora in vita che mi abbia sempre incoraggiata in tutti questi anni a non ritenermi un mostro è più difficile di quanto chi non ci è passato possa concepire o immaginare. So che da oggi in poi non riuscirò mai più a fare a meno di chiedermi se non sia questo che lei ha sempre, costantemente creduto di me. Se dietro tutte le sue belle parole e quei lunghi discorsi non ci fosse, in realtà, sempre e solo questo.

Indipendentemente dai miei sforzi, al di là del mio comportamento, oltre alle mie buone maniere e al mio esercizio di controllo, tutti, perfino lei, vedranno sempre e solo una cosa: un mostro inaffidabile, violento, omicida.

Strizzo brevemente gli occhi, allontanando la mia attenzione da questo pensiero, seppur consapevole che questa stessa paranoia tornerà a cercarmi, strumento di tortura perenne e immancabile della mia stessa mente. Impegno tutte le forze che ho nella vana ricerca di una risposta calma e civile.

Prima che io possa dire qualcosa, tuttavia, il padre della mia migliore amica entra in camera, gettandosi tra lo stipite della porta e me come farebbe una madre in mezzo alla folla mentre corre alla pazza ricerca del bimbo perduto. Senza battere ciglio, senza nemmeno il più vago briciolo di esitazione, tira uno schiaffo in pieno viso alla figlia. Questo deve essere il tour delle prime volte, perché non è mai successo che Adriano alzasse le mani su Alissa. Mai. Nemmeno quella volta che ci avevano beccato tornare a casa alle tre della mattina e lei, completamente ubriaca, aveva mandato coloritamente a quel paese sua madre per via dei rimproveri che ci aveva rivolto.

L'espressione di lui è livida di rabbia. Credo di averlo visto tanto furioso ben poche volte e mai solo per qualche brutta parola sfuggita di bocca a qualcuno.

«Non osare mai più dire una cosa simile Alissa. Mai più in tutta la tua vita» intima con voce estremamente bassa e calma.

«Adri, non serve» provo a dirgli, sforzandomi di mantenere un tono calmo e amichevole. Mentirei se dicessi che la frase che ha appena lasciato le labbra di Alissa non mi abbia fatto venire voglia di farle male o di mettere la sua intera casa al rogo. Oppure di fare del male a me stessa. Magari entrambe le cose.

Magari potresti bruciare la casa e rimanerci dentro, sarebbe divertente.

Scuoto impercettibilmente la testa, come se in questi anni non avessi imparato che un simile ingenuo gesto non può niente contro quella voce.

«No Chiara, questa volta ha passato davvero il limite» ribatte lui, fissando negli occhi la sua progenie con tanto disprezzo quanto non ne ho mai visto nello sguardo di nessuno. Non nei confronti della corvina. «Adesso io devo tornare al lavoro, ma stai certa che dopo ne riparliamo.»

Più che una minaccia, sembra una promessa quella che Adriano pronuncia prima di abbandonare la stanza in un turbinio di rabbia, lasciando me e la mia migliore amica sole nel vuoto dell'assenza di suono.

«Io devo andare.»

Pronuncio quelle parole con una forza d'animo che non credevo mi appartenesse. Il mio istinto mi dice ancora di tornare indietro e ferire Alissa tanto quanto le sue parole stanno ferendo me. So bene di essere un disastro quando si parla di sentimenti, di certo non avevo bisogno che fosse lei a rammentarmelo.

Lascio che i flashback della morte di Giulia mi investano una volta ancora. Come se non sognassi l'accaduto due notti su tre. Come se il rimorso non mi divorasse viva ogni giorno. Come se il dolore non mi travolgesse ogniqualvolta sento parlare di lei o un ricordo mi invade la mente.

Consento ai sensi di colpa che provo per come ho ridotto Jane di scorrermi nelle vene al fianco di tutto questo. Permetto loro e alla paura di quello che potrei farle di bruciarmi gli organi, così come il Sole di fine agosto mi sta infuocando la pelle.

Impassibile, mentre le parole della persona vivente a cui io tenga di più scavano in me crepe che non sarò in grado di ricucire da sola.

Scuoto leggermente la testa, cercando di evitare che i brutti pensieri possano dominarmi abbastanza da farmi commettere qualche azione molto stupida. Come ad esempio tornare sui miei passi e spaccare la faccia ad Alissa.

Stringo i denti più forte che posso, assieme ai pugni frementi lungo i miei fianchi. Procedo a grandi falcate. Ho assicurato a Jane che oggi sarei andata a prenderla in università ed è esattamente questo che ho intenzione di fare. So bene di non essere particolarmente stabile al momento, ma non ho alcuna intenzione di disattendere le sue aspettative. Dopotutto, non posso evitare di fare qualsiasi cosa o di avere un contatto con una qualsiasi persona ogni singola volta in cui sono nervosa o emotiva. Di certo non posso negare che la mia vecchia apatia farebbe molto comodo al momento. Il giorno in cui ho realizzato di provare di nuovo delle emozioni, sapevo benissimo che se avessi deciso di smettere di combatterle mi sarei trasformata in una sorta di bomba a orologeria pronta ad esplodere e portare con sé chiunque e qualunque cosa fosse nelle circostanze. Ho preso questa rischiosa scelta. E ancora adesso, sebbene siano passati già diversi anni, non mi resta che affrontarne le conseguenze.

I Frutti dell'IgnotoWhere stories live. Discover now