Capitolo 37 - Pieni e vuoti

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Chiara

Una delle caratteristiche più notevoli degli esseri umani è che sono una forma di vita particolarmente mutevole. Non solo nella fisionomia, ma anche nella psicologia. Ognuno di loro ha pensieri, credenze e perfino istinti diversi. E ognuno di loro, con qualche grande sforzo, può modificarle a proprio piacimento, o almeno così dicono. Non che io ci abbia mai creduto molto. Eppure, Jane sembra essere determinata a dimostrarmi il contrario, per lo meno negli ultimi mesi.

Non ci sono più state scenate ingiustificate, strani silenzi o prementi insistenze da parte sua. Nessun lamento, nessun tentativo di corrompermi o atteggiamento insolito. Si direbbe essere tornata la solita Jane, quella che conobbi anni addietro. L'unico particolare che continuo ad ignorare è l'agente scatenante, ma voglio essere ottimista e credere che questo possa davvero significare la fine del periodo nero vissuto quattro mesi fa.

«Chiara? Chiara!»

La sua voce causa un mio leggero sussulto.

«Questa sera tu vieni o no?»

Pare che i suoi compagni, o comunque alcuni di essi, abbiano organizzato una sorta di festicciola in un pub vicino alla loro facoltà. L'espressione di Jane rende chiaro come me lo stia chiedendo più per gentilezza che altro, consapevole abbastanza del fatto che non sono mai stata il tipo da party.

«Ehm, preferisco di gran lunga sopportare le lamentele di Alissa, grazie.»

La bionda risponde al mio sorriso con una risata breve. Mi dà un bacio leggero a mo' di saluto e si catapulta fuori dalla porta.

Traggo un lungo sospiro e lascio che la mia testa ricada sullo schienale del divano. Tre giorni dopo la nostra discussione, ha comprato l'automobile. Una settimana dopo ha ricominciato ad uscire e il buonumore è tornato a regnare in casa. A volte, quando mi soffermo a pensarci, ho la sensazione che sia successo tutto troppo velocemente per essere reale, genuino, sano.

Sono davvero paranoica come dici, Al? Raramente ti sbagli su di me. Forse la verità è che non posso non esserlo, non dopo tutto quello che è successo nella mia vita. Lo so, ora diresti che mi lascio condizionare troppo dal passato, ma chi non lo fa? Non che questo mi giustifichi. Piuttosto, credo sia la mia umanità a farlo, sempre che io ne abbia ancora una a cui possa appellarmi.

«Shark! Ho le pizze!»

«Che bisogno c'è di urlare tanto?»

«Scottano!»

Mi avvicino a lei e le tolgo i cartoni dalle mani prima che usi quel tono di voce ancora una volta, distruggendo il poco dei miei timpani che finora è riuscito a sopravviverle. Alissa sospira di sollievo e si accomoda sul divano, chiedendomi dove sia la Jane. Quando le rispondo che è uscita, mi dimostra tutto il suo disappunto per non essere stata invitata alla festa.

«Voglio dire, pensavo mi considerasse sua amica.»

Alzo gli occhi al cielo di fronte al suo atteggiamento infantile.

«Proprio per questo non lo ha fatto. Ti conosce abbastanza da sapere che avresti monopolizzato la serata, facendole fare delle figuracce tremende.»

Lei mette su il muso, come se mi servisse un segno di conferma per sapere che ho completamente ragione.

Il resto della serata lo spendiamo sul divano a mangiare e guardare serie TV come non facevamo da, be', dall'ultima volta che Jane è stata fuori casa. Parliamo del più e del meno, quando si è in contatto tutti i giorni restano pochi eventi scioccanti di cui parlare per ore, quindi ci si limita a passare di argomento in argomento senza parlare realmente di nulla.

Verso le undici Alissa si archivia in camera da letto, quella che si suppone sia la mia, mentre io resto in sala ad attendere il ritorno di Jane. So bene che queste sue serate si possono protrarre piuttosto a lungo, ma mi sembra un gesto carino aspettarla, o almeno provarci. Non sempre i miei ventiquattro anni mi permettono di restare alzata fino alle sei della mattina, soprattutto non quando ho lavorato tutto il giorno.

La maggior parte delle volte la sento rientrare, quindi faccio del mio meglio per svegliarmi. Non sempre funziona, ma Jane sembra comprendermi e non si è mai arrabbiata per avermi trovata in una sorta di stato comatoso, incapace anche solo di capire qualcosa di quello che dice senza che suoni come: "Il mio ginocchio è una costoletta quindi ho resuscitato i calzini della nonna del procione Pat".

Mentre combatto contro le mie stesse palpebre ricevo un suo messaggio. "Qyrsts notte doeno duori". Il mio cervello è mezzo addormentato, ma ho sostenuto abbastanza conversazioni, anche via SMS, con un comune esemplare di Alissa ubriaca per capire che cosa significhi questo messaggio in codice.

Traggo un respiro profondo prima di avviare una chiamata, sperando che le sue capacità di dialogo siano migliori di quelle di scrittura al momento. Mi risponde dopo qualche squillo, biascica le parole. Una risata segue quasi ogni frase che enuncia. Non credo di averla mai vista bere così tanto prima, ma il sonno che mi sento addosso mi impedisce di preoccuparmene come dovrei fare. Qualche ragazzo con un briciolo di buon senso decide di prendere il telefono e parlare lui al posto di Jane. Mi dice che si trovano a casa sua, sono una decina di persone. La verità è che penso di essere troppo stanca per guidare, quindi sono grata di riconoscere la voce del mio interlocutore, l'ho incontrato un paio di settimane fa con Jane.

«Tranquilla, la troverai qui sana e salva.»

Salva di sicuro, ma sana? Davvero l'alcol sta diventando la sua soluzione a tutto? Lo ritieni davvero necessario, Jane? Questa è la tua idea di equilibrio? Perché non può esserci un modo in cui riesci a sopportarmi senza che ti faccia del male?

E con questo, le mie forze si fanno troppo deboli per sconfiggere la stanchezza, e Morfeo mi rapisce tra le sue braccia in un sonno senza sogni.

Se è così, dovresti starmi lontana. Non ti voglio perdere, ma non posso condannare anche te ad un equilibrio di tutto e niente, una farsa fatta di alti e bassi dietro i quali si mascherano dei dannosi pieni e vuoti.

I Frutti dell'IgnotoWo Geschichten leben. Entdecke jetzt