Capitolo 21 - Stesso posto, stesso bar

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Sconosciuto

Ed eccoci di nuovo qui. Io, il mio frullato e una bionda in centro al locale. Stesso posto, stesso bar, stessi pensieri, stessi tentennamenti. Andare a parlarle o continuare a contemplare la sua aria assuefatta dai libri, questo è il problema.

Sospiro, rigirandomi il bicchiere mezzo vuoto fra le mani, scrutandolo come un uomo che cerca la soluzione ad un litigio con la moglie nel suo whiskey delle dieci di sera.

Tommaso non ha tutti i torti. Dovrei farmi avanti, prima che sia troppo tardi. Come posso presentarmi da una sconosciuta così? "Ciao, scusa, sono mesi e mesi che ti fisso come se fossi una pervertita, vorresti andare a cena con me?" Davvero ottima come prima impressione, tanto potente da far venire voglia di chiamare la polizia. E non perché il mio flirt sarebbe tanto perfetto da essere illegale o cavolate del genere. Semplicemente perché il modo ossessivo in cui la scruto cammina in punta di piedi sul bordo dell'illegalità per davvero.

Lancio ancora uno sguardo fugace alla donna prima che un'ondata di coraggio si diffonda all'interno del mio sistema circolatorio. In un impeto di impavidità, mi alzo e con passi sicuri mi dirigo a quel piccolo tavolo rotondo. Mi fermo a circa mezzo metro dalla ragazza e la osservo ancora qualche secondo. Tutta la mia codardia sembra essere tornata all'improvviso, tanto da farmi valutare l'idea di tornarmene a sedere nel mio angolino nell'attesa che anche Tommaso finisca il proprio turno.

Tuttavia, prima che io possa anche solo muovere un muscolo, la bionda solleva gli occhi e mi guarda. Le sue sopracciglia sono aggrottate, a mostrarmi tutto il suo disorientamento.

«Posso aiutarti?»

«Ciao» rispondo solo io, con un sorriso tanto raggiante, quanto fuori luogo.

Mi chiede se ci conosciamo, ma io scuoto la testa. In silenzio, accenno con la mano libera il lato vuoto del tavolino.

«Oh.»

Per quanto stupita, raduna i suoi libri e quaderni di fronte a sé, creando così un posto libero per me. Prendo una sedia da un tavolo vicino e mi siedo, le mani ancora avvolte attorno alla mia bibita.

Dopo qualche attimo di silenzio imbarazzante, mi presento, rivolgendole un sorriso più contenuto nella speranza di sembrare meno inquietante o fuori di testa.

«Puoi chiamarmi Rose» risponde lei dopo un attimo di esitazione. Sembra che sia una risposta incompleta, tuttavia non ci faccio caso. Non sono nella posizione di obiettare o lamentarmi di nulla. Dopotutto, per lei non sono nessuno, se non un volto con un nome.

Forse dovrei essere solo contenta che non ti ricordi del fatto che sono quell'imbranata e impacciata persona che ha ben deciso di salutarti con un "Hey" degno di una notifica di Instagram senza una ragione precisa.

«Posso esserti utile in qualche modo?» chiede, evidentemente a disagio. Di questi tempi è raro che qualcuno ti approcci così dal nulla, la capisco.

«A dire il vero sì. Vorrei conoscerti, se non ti dispiace.»

Direi che vado di bene in meglio. Ci manca solo che le chieda se suo padre è un ladro perché ha rubato due stelle e gliele ha messe al posto degli occhi, poi l'ho sicuramente conquistata.

Il mio essere diretta sembra sconvolgerla parecchio, ma non più di quanto faccia di solito con chiunque. Attendo pazientemente una risposta, sebbene lei sembri alquanto incerta.

Sono sul punto di parlarle ancora, quando il suo cellulare squilla. Sembra dubbia sul da farsi, così con un cenno la invito a rispondere senza problemi. Parla per qualche minuto, il suo tono è nervoso, ma sono certa che sia dovuto a me e non all'interlocutore. I suoi occhi non si staccano dai miei per tutto il tempo.

«Uhm, adesso sono un po' occupata. Certo che può portarla da noi. Lo so. No, io» sospira appena con aria arrendevole ma scocciata, «Ho capito. Occupatene tu. Sì, ma attendi il mio arrivo.»

Il suo modo di fare attuale mi sembra così diverso dal comportamento che tiene di solito al telefono, eppure ormai ho intuito parli sempre con la stessa persona.

«Bene» risponde, per poi poggiare l'arnese sul tavolo con più lentezza del necessario.

«Tutto okay?» domando. «Mi sembri piuttosto turbata.»

Di nuovo le sue iridi chiare, veloci come un fulmine, permettono alla mia espressione preoccupata di entrare nella sua visuale.

«Nulla di cui preoccuparsi» mi assicura, ma le sue parole non sono soddisfacenti per placare la mia curiosità. Nonostante ciò, taccio. Le si può leggere facilmente in viso che non è intenzionata a dirmi di più.

«In che facoltà sei?» domanda, evidentemente per cambiare discorso. Un piccolo sorriso compare sul mio volto, ma non credo abbia capito la vera ragione.

«Psicologia. Tu invece mi sembri il tipo da biologia. Ci ho preso?»

Ma cosa diamine sto facendo? Quali sono esattamente i miei problemi? Qualcuno mi faccia smettere, vi prego.

Lei sorride a sua volta, scuotendo appena la testa.

«A dire il vero economia e affari esteri» specifica, giochicchiando con l'angolo della copertina di un libro.

«Spero di non essere io a renderti nervosa.»

Ancora una volta, mi guarda, i classici occhi di chi è stato colto sul fatto. Io, invece, mi darei volentieri una padella in faccia, ma anche rompermi un piatto in testa andrebbe bene.

«A dire il vero è proprio così» afferma, arrossendo appena. «Scusa.»

«Non hai nulla di cui scusarti, Rose.»

Incurvo le labbra in un sorriso benevolo e rassicurante.

«Non mi hai mai detto se accetti o meno la mia proposta» sottolineo, ma la mia voce è priva di insistenza. Voglio solo sapere se ho qualche speranza, oppure sono venuta qui solo per farmi una brutta figura.

Rose sembra pensarci per un attimo, in modo piuttosto serio. Pare proprio il tipo che valuta certe cose nei minimi dettagli, ma che su altre è del tutto svampita. Mi scruta intensamente, come se cercasse nella mia mente qualche risposta ad una domanda che, forse, a me resterà per sempre ignota.

«Credo si possa fare.»

Mi domando cosa sia quel barlume che per un attimo le ha attraversato gli occhi, sebbene io abbia la sensazione che sia qualcosa che non mi compete. In ogni caso, spero che questa volta il mio subconscio stia facendo la scelta giusta.

I Frutti dell'IgnotoWhere stories live. Discover now