Capitolo 9 - Ghirigori viola

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Prenditi cura di tutti i tuoi ricordi. Perché non puoi riviverli.
- Bob Dylan -

Chiara

«Yes mom... I'm aware mom... I apologise, yes. Yes, of course... I... Alright mom, we- I'm coming.»

Ridacchio mentre Jane sostiene quella conversazione telefonica e si infila i jeans ad un tempo.

«Non è divertente! Questa è tutta colpa tua!» si lamenta, mettendo su un piccolo broncio.

«Sei tu quella che ci mette sempre un'eternità, io ci impiego pochi minuti.»

Il mio sorriso a trentadue denti viene coperto dal cuscino che Jane mi scaglia in faccia con una certa violenza. Siamo in ritardo di circa venti minuti e nessuno, per altro, ha la minima idea che ci sarò anche io a cena. Dire che stiamo partendo con il piede sbagliato mi sembra quasi minimizzare la situazione.

«Ti vuoi muovere?!» esclama Jane mentre mi infilo le scarpe.

«Disse la ragazza in mutande» sottolineo. Tanto per cambiare, io sono pronta mentre lei deve ancora finire di vestirsi. Cosa sarebbe dopotutto la vita senza un ennesimo cambiamento di outfit? Uno sbuffo secco mi fa ridere di gusto. A volte sa essere così infantile. Forse non sempre è realmente lei la più adulta tra me, lei e Alissa.

Alissa. Non ci siamo più nemmeno incontrate o scritte da quando ha detto quella spiacevole frase. Mi chiedo se alla fine sia andata a parlare con Keyana o abbia preferito tornare a saltare le lezioni. Comprendo che attualmente non stia bene, ma non posso perdonarle quelle parole. Ancora mi sembra di sentirmele bruciare sulla pelle. Anche io ho dei limiti, dopotutto, e credo che Alissa si stia dimenticando che vanno rispettati.

Ammetto che forse ciò che le è sfuggito mi infastidisce a tal punto per il semplice motivo che non le si potrebbe dar torto, sotto nessun punto di vista. Sono sempre stata un disastro con le emozioni, in amore soprattutto. Ho dato molti dispiaceri a qualunque persona mi abbia voluto bene veramente. A Giulia, inutile dirlo, più che a tutti gli altri. Lei ci ha rimesso la vita, mentre credo che Jane ci stia rimettendo non solo la propria sanità mentale, ma anche l'opportunità di godersi le cose come meriterebbe. È nel pieno della sua giovinezza, dovrebbe essere occupata a divertirsi nella sua relazione spensierata, non preoccuparsi di badare a una donna che non vuole stare con lei e lotta per sfuggirle.

«Andiamo?» domando, cercando di restare focalizzata sul presente.

«Sì, sì, sì dai muoviti!» esclama Jane, correndo fuori dalla porta. La seguo con movimenti disinvolti, chiudendo il battente a chiave e rimanendo pochi passi dietro di lei. Scendiamo le scale in tutta fretta, mentre le mie preoccupazioni continuano ad insinuarsi in ogni spazio libero della mia mente. Noto come dia uno sguardo malinconico alla moto, mentre corriamo a prendere l'autobus.

«Posso farti una domanda a cui non hai mai risposto?» chiede all'improvviso, mormorando al mio orecchio, stringendomi la vita da dietro mentre cerchiamo di rimanere in equilibrio e recuperare fiato sul mezzo. Annuisco appena, cercando di rimanere il più neutrale possibile ai suoi occhi. «Non te l'ho mai chiesto direttamente in realtà ma... Tuo padre era un amante dei ghirigori viola per caso?»

Inevitabilmente, scoppio a ridere. Credo sia il quesito più assurdo e strano che qualcuno mi abbia posto in vita mia. Immaginavo fosse qualcosa in riferimento al mezzo. Tuttavia, non rispondo subito. Lascio che il dolore dei ricordi fluisca per qualche secondo nelle mie vene e si diffonda, prima di dire qualcosa.

«Siamo state io e Andy.»

Ricordo bene quel giorno, Andy era ancora davvero piccolina, aveva solo tre anni. Io all'epoca ne avevo già nove, forse avrei dovuto pensare al fatto che non era il caso di decorare la moto di mio padre, ma non lo feci. Mi sembrava divertente ed Andy era così entusiasta. Applicammo quegli adesivi per motociclette tra risate e occhiatine d'intesa. Quando finimmo, sgattaiolammo fuori dal garage e corremmo in camera mia, fingendo che nulla fosse successo. Naturalmente, non appena nostro padre rientrò seppe subito chi fossero le due colpevoli, eppure, invece di rimproverarci sembrò apprezzare particolarmente il gesto, tanto da voler immediatamente fare una foto con noi sulle sue due ruote.

Quelle poche parole le pronuncio forse troppo a bassa voce perché lei mi senta, oppure percepisce il mio dolore, ma fatto sta che una di queste due ragioni deve essere il motivo del suo silenzio. Sa bene che non mi piace parlare del passato e della mia famiglia. Su questo piano siamo molto simili, solo che i miei di parenti sono tutti, come dire, un po' morti.

A volte mi chiedo cosa sarebbe successo, se loro fossero tutti ancora vivi. Probabilmente non sarei mai diventata il mostro che sono. Sarei rimasta la bambina felice che ero e che oggi mi sembra tanto distante da dimenticarmi, a volte, del fatto che sia esistita. Avrei conseguito un buon percorso di studi. Non avrei mai conosciuto Alissa, ma forse avrei avuto qualcun altro come migliore amica – o amico che fosse. Probabilmente le strade mia e di Giulia non si sarebbero mai nemmeno sfiorate, o magari sì. Magari oggi tutto sarebbe diverso. Forse in quel caso a ventiquattro anni sarei stata una vera donna di successo.

Sospiro silenziosamente, arrendendomi alla triste verità: è inutile che io rimugini su cosa sarebbe potuta essere la mia vita se non fosse il disastro che è adesso. Potrei rimanere immobile delle ore, anche degli anni, a immaginare scenari bellissimi o magari tanto tragici quanto quelli attuali, seppur in modo inverso. Alla fine di tutto, però, è in questa di realtà che sono costretta a vivere.

Ed è con la leggerezza di questi pensieri che discendo dal mezzo pubblico e cammino al fianco di Jane sino a giungere di fronte a villa Craigh, la cui grandezza ancora dopo diversi anni riesce a lasciarmi vagamente di stucco. Proseguo più lentamente del necessario, sentendomi alquanto patetica. Dopotutto, sono stata io ad insistere per conoscere la sua famiglia, dovrei essere solo che contenta.

E tu? Tu perché ti agiti tanto, Jane? La vedo quell'espressione nervosa che tenti di nascondere con quei sorrisi tesi; ormai li conosco troppo a fondo perché possano ancora ingannarmi, o almeno spero. Credi forse che io non sia pronta? Questo è il motivo dei tuoi tentennamenti? Oppure c'è qualcos'altro sotto? Tu di che cosa hai paura, Jane Craigh?

Osservo attentamente i movimenti della ragazza e la seguo fino alla porta di ingresso. Traggo un lungo respiro mentre lei gira le chiavi nella toppa. Da qui di certo non posso più tornare indietro.

I Frutti dell'IgnotoDonde viven las historias. Descúbrelo ahora