Compagni di Stanza

By -Ghoost

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CAPITOLO 1.
CAPITOLO 2.
CAPITOLO 3.
CAPITOLO 4.
CAPITOLO 5.
CAPITOLO 6.
CAPITOLO 7.
CAPITOLO 8.
CAPITOLO 9.
CAPITOLO 10.
CAPITOLO 11.
CAPITOLO 12.
CAPITOLO 13.
CAPITOLO 14.
CAPITOLO 15
CAPITOLO 16
CAPITOLO 17
CAPITOLO 18
CAPITOLO 19.
CAPITOLO 20.
CAPITLO 21.
CAPITOLO 22.
CAPITOLO 23.
CAPITOLO 24.
CAPITOLO 25.
CAPITOLO 26.
CAPITOLO 27.
CAPITOLO 28.
CAPITOLO 29.
CAPITOLO 30.
CAPITOLO 31.
CAPITOLO 32.
CAPITOLO 33.
CAPITOLO 34.
CAPITOLO 35.
CAPITOLO 36.
CAPITOLO 37.
CAPITOLO 38.
CAPITOLO 39.
CAPITOLO 40.
CAPITOLO 41.
CAPITOLO 42.
CAPITOLO 43.
CAPITOLO 44.
CAPITOLO 45.
CAPITOLO 46
CAPITOLO 47.
CAPITOLO 48.
CAPITOLO 49.
CAPITOLO 50.
CAPITOLO 51.
CAPITOLO 53.
CAPITOLO 54.
CAPITOLO 55.
CAPITOLO 56.
CAPITOLO 57.
CAPITOLO 58.
CAPITOLO 59.
Epilogo
Ringraziamenti
SEQUEL

CAPITOLO 52.

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By -Ghoost

«Rebecca? Rebecca svegliati».

Sento sussurrare una voce poco familiare.

Apro gli occhi e quando vedo Clarissa, la mia nuova compagna di banco, capisco di essere in classe. Faccio una smorfia e ritorno a fissare il libro di Latino senza capire nulla.

«Tutto bene?», domanda Clarissa a bassa voce, per non farsi sentire dalla professoressa.

Annuisco e mi concentro sulla lezione, ma ogni sforzo è inutile. I miei pensieri sono da tutt'altra parte.

«Sai perché Chiara non è venuta?», continua.

«Ha avuto un imprevisto. Entra alla seconda ora».

Fa un cenno d'assenso e rimane in silenzio.

La verità è che la mia migliore amica ha deciso di saltare la prima ora insieme a Davide per fare chissà che cosa.

Non si è fatta viva – come gli altri del gruppo – per tutto il fine settimana, e questa mattina mi ha mandato un messaggio per dirmi che avrebbe saltato la prima ora. Quella festa ha messo al tappeto un po' tutti.

Oggi non sarei venuta a scuola, ma dato che domani partiamo per andare nella casa in montagna di Davide, dobbiamo organizzarci.

«Gaetani, ti senti bene?». La professoressa interrompe la lezione.

«Sì, perché?».

Tutti si girano verso di me e mi squadrano dalla testa a piedi.

«Non hai un bell'aspetto».

«Ho dormito poco». Taglio corto e la lezione prosegue.

È vero; ho dormito quattro ore circa a notte negli ultimi tre giorni e ho passato le mie giornate sotto le coperte e a guardare la tv. Non avevo le forze di fare niente.

Guardo fuori dalla finestra e ciò che vedo è solo un cielo pieno di nuvole grigie, quasi nere, e le gocce di pioggia che cadono.

È come se il tempo riflettesse il mio stato d'animo.

Poso lo sguardo su Alessia e mi accorgo che mi sta fissando con un'espressione interrogativa.

Scuoto la testa come per dire che non ho nulla e alzo la mano. Voglio rimanere da sola.

«Rebecca?».

«Scusi, potrei andare in bagno?».

«Sì. Prenditi il tempo di cui hai bisogno».

Esco dalla classe sotto gli occhi attenti di tutti e mi ritrovo nel corridoio deserto. Cammino il più lentamente possibile nel silenzio assoluto. Mi concentro sui miei respiri fino a quando non sento dei passi.

Alzo la testa e rimpiango subito di essere uscita dalla classe. Davanti a me c'è Jacopo che cammina a testa bassa e con le mani in tasca. Non l'ho più visto da venerdì sera, da quando me ne sono andata. Non ho avuto neanche modo di spiegargli ciò che è successo con Christian. Sembra che si sia accorto della mia presenza: alza la testa e posa il suo sguardo su di me. Non l'ho mai visto in questo stato.

Ha delle occhiaie violacee – un po' come le mie – e un'aria stanca. Sembra che non dorma da giorni.

Abbassa la testa e continua a camminare allungando il passo.

Mi fa male sapere che sta cercando di evitarmi a tutti o costi, ma devo affrontare la situazione di petto. Devo chiarirmi con lui.

Anche se non stiamo più insieme, voglio continuare a stargli accanto: dopotutto è diventato parte integrante della mia quotidianità.

Gli corro incontro e l'afferro per un braccio, ma lui cerca di liberarsi dalla mia presa senza neanche guardarmi.

«Jacopo, ti prego, guardami». Lo scongiuro e lui si volta verso di me, con un'espressione arrabbiata.

«Cosa vuoi?», ringhia tenendo basso il volume della voce.

«Voglio spiegarti ciò che hai sentito alla festa».

«Cosa c'è da spiegarmi? Hai baciato Christian appena ci siamo lasciati. Questo l'ho capito».

«È stato un momento di debolezza».

«Momento di debolezza? Stai scherzando? Credevo che fossi diversa dalle altre ragazze che mi sono portato a letto».

Sussulto alle sue parole e mi si secca la bocca. Ho un nodo in gola, non riesco a dirgli le parole che vorrei, ma in parte è meglio così. Non farei altro che blaterare parole confuse e insensate.

«Invece sei esattamente come loro. Com'era il detto? Morto un papa se ne fa un altro?». Fa una risatina nervosa e la mia mano scivola lungo il suo braccio, fino a toccare le sue dita fredde.

«Ti sbagli, Jacopo», sussurro.

«Io sono sempre tornata da te quando sbagliavi, quando mi facevi del male». Faccio una pausa per evitare di scoppiare a piangere. «Per una volta che lo sbaglio l'ho commesso io, credo di poter avere il beneficio del dubbio. No? Quindi, per favore, lasciami spiegare».

Rimane in silenzio, e quando sto per dirgli che ho capito che anche se altre labbra mi baceranno, io continuerò a cercare le sue, mi precede: «Non ho bisogno di spiegazioni. Ho capito che il rapporto che c'era tra noi due era solamente del sesso, niente sentimenti. Capito, Rebecca? Solo sesso. E ora, se permetti, vorrei raggiungere Melissa al piano di sotto».

La freddezza con cui lo dice mi fa venire la pelle d'oca.

Tolgo la mano da sopra la sua e lo guardo negli occhi, nella speranza di trovare un accenno di ironia, ma invano.

«Grazie», borbotta e inizia di nuovo a camminare.

Io resto lì, in mezzo al corridoio, cercando a tutti i costi di non scoppiare a piangere.

Quindi tra lui e Melissa c'è davvero qualcosa.

Il solo pensiero mi fa venire la nausea.

«Jacopo», sussurro talmente piano. Lui si gira e mi guarda scocciato, come se gli stressi portando via del tempo prezioso.

«Tu...». Faccio scappare senza volerlo un singhiozzo. «Tu e Melissa state insieme?».

JACOPO

Entro di nuovo nel capannone e vado Melissa. Mi è passata per la mente l'idea di ubriacarmi fino a non reggermi più in piedi, ma so che non c'è abbastanza alcol in tutto il Piemonte per farmi riuscire a dimenticare Rebecca.

Appena mi avvicino, tiro un sospiro di sollievo non vedendola piangere.

«Ehi, puoi venire un attimo?», le chiedo avvicinandomi a lei.

Si gira. Se gli sguardi potessero uccidere, sarei già morto.

«Ti prego». Mi sforzo di sembrare in qualche modo dispiaciuto, ma gli unici sentimenti che provo sono disprezzo e rabbia nei confronti di Rebecca.

Sembra cambiare idea, dato che la sua espressione si addolcisce.

«Va bene».

Prima di allontanarci, lancio uno sguardo a Christian che in quel momento sta flirtando con una ragazza.

Il momento prima ha baciato la ragazza più bella della festa e ora ci prova con un'ubriaca qualsiasi?

Se osa fare del male a Rebecca, può considerarsi morto.

Senza accorgermene, sono finito nella stanza in cui poco prima stavo per scopare con Rebecca.

Esci dalla mia fottuta testa!

Melissa sembra imbarazzata, fissa il pavimento massaggiandosi i polsi.

«Ti ho fatto tanto male?».

Mi dispiace davvero per ciò che le ho fatto.

«Un po', ma non importa. Dopotutto me la sono cercata».

Mi avvicino a lei e le metto due dita sotto il mento, alzandole la testa.

«Mi dispiace, non volevo».

Noto che ha gli occhi lucidi e credo che da un momento all'altro potrebbe piangere. È stata una brutta serata, e vedere Melissa piangere sarebbe la goccia che farebbe traboccare il vaso, mandandomi completamente fuori di testa. L'abbraccio e la stringo forte. Non riesco a capire se questo abbraccio serve a consolare Melissa o me stesso.

«Ti va di andare via di qua?».

Annuisce e prende la sua giacca. «Dobbiamo avvisare mio fratello», dice mettendosi il copri spalle.

«Lo faccio io. Intanto tu aspettami fuori».

Raggiungo Davide che sta ballando insieme a Chiara.

«Amico, io e Melissa ce ne andiamo. Mi raccomando, non fare cazzate».

Annuisce e continua a ballare.

Sia lui che Chiara sono ubriachi e non so cosa potrebbe succedere. Mi allontano con l'idea di caricarli in macchina con noi e riportarli sani e salvi a casa, ma continuo a camminare. Sono entrambi maggiorenni e sanno badare a loro stessi.

Fuori la temperatura si è abbassata notevolmente, Melissa sta tremando.

«Tieni». Le poso sulle spalle la mia giacca e sembra subito rilassarsi. Per quanto arrabbiato possa essere in questo momento, un briciolo di animo mi è ancora rimasto.

Ci incamminiamo verso la mia macchina e un silenzio imbarazzante cala tra noi, si sente solo il rumore dei suoi tacchi.

«Mi passi le sigarette che ci sono nella tasca della giacca?».

«Certo».

Inizia a rovistare nelle tasche e quando trova il pacchetto me lo porge. Quando lo prendo, sfioro le sue dita e lei sembra sobbalzare. Non ci faccio caso, apro il pacchetto ed estraggo l'accendino al suo interno.

Mi restano due sigarette, se fumo questa. Ho promesso a me stesso di provare a smettere di fumare, ma la vedo dura.

«Sai», inizio mentre mi accendo la sigaretta, «la mia giacca terrebbe più caldo se la indossassi normalmente».

Senza dire nulla infila le braccia nelle enormi maniche della mia giacca.

Appena metto in moto accendo il riscaldamento e imbocco la strada per tornare a casa.

Melissa, senza far rumore, si riscalda le mani. Senza preavviso, gliene prendo una e la metto sul mio ginocchio.

Diventa rossa dalla vergogna, mi ricorda tanto Rebecca. È possibile che in ogni gesto degli altri ci veda lei?

Mentre siamo fermi a un semaforo, mi viene un'idea della quale, ne sono certo, mi pentirò domani mattina.

«Oggi è venerdì, giusto?».

«Sì, perché?».

Carmela il venerdì, il sabato e la domenica non c'è a casa di mio padre e credo proprio che lui sia in viaggio.

«Jacopo, rallenta!».

«Scusami».

Imbocco la strada per andare a casa di mio padre.

«Dove stiamo andando?», chiede spaventata, togliendo la mano dal mio ginocchio.

«Tranquilla, stiamo andando a casa di mio padre. Non ti sto portando in un posto sperduto, in piena notte per ucciderti; o forse sì».

Faccio una faccia seria per essere credibile e ho ottenuto il risultato che volevo: Melissa è sbiancata e si sta agitando sul sedile, visibilmente spaventata.

«Scherzo, piccola». Le parole mi escono dalla bocca senza volerlo. Lei si rilassa e fa un piccolo sorriso.

«Wow! Ma è enorme», dice appena entriamo.

«Già», mormoro e mi tolgo le scarpe.

Lei fa lo stesso e si toglie la mia giacca, posandola delicatamente sul divano.

«Mi fanno male i piedi», borbotta sedendosi sul divano.

Mi siedo anche io, mi slaccio i primi bottoni della camicia e mi stendo.

«Scusa per ciò che ho fatto», dice improvvisamente, dandomi le spalle.

«Tranquilla». Mento.

Vorrei urlarle contro che è stata un'incosciente, ma è stato grazie a lei se ho saputo che c'è stato un altro bacio tra quei due, e cosa molto più importante, ora ho bisogno di rilassarmi... a modo mio.

«Tuo padre dov'è ora?».

«Probabilmente è in viaggio. Sai, per lavoro». Glisso e mi rimetto a sedere.

«Mi aspetti un attimo qui? Devo andare in bagno».

Annuisce e salgo su per le scale.

Prima di andare in bagno, entro nella stanza di Carmela per assicurarmi che non ci sia. Non vorrei che si svegliasse nel cuore della notte e trovasse due persone in casa con lei. Potrebbe spaventarsi.

Chiudo la porta e vado in bagno. Appena entro apro il primo cassetto trovando il pacchetto di preservativi che uso come scorta.

Ne prendo uno e lo infilo nella tasca dei miei jeans.

Mi guardo allo specchio e sospiro.

«Sto facendo una cazzata», dico a me stesso.

Scuoto la testa e mi riprendo. Non sono ancora impazzito, o almeno non ancora del tutto.

Ritorno al piano di sotto, di corsa, e vedo Melissa nella stessa posizione di prima.

«Ehi», dico sdraiandomi nuovamente sul divano.

«Ciao», sorride e non posso fare a meno di guardare il suo sorriso perfetto.

«Vieni qui».

Titubante si stende accanto a me, mettendo la testa sul mio braccio. Passiamo svariati minuti in questa posizione, mentre io le accarezzo la schiena.

Porto la mano sempre più giù fino a sfiorarle la coscia scoperta, e lei rabbrividisce.

Mi guarda e si morde il labbro. L'unica cosa che vedo sono i suoi occhi: gli stessi occhi di suo fratello, nonché mio migliore amico. Mi convinco sempre di più che sto sbagliando, ma il mio corpo sta facendo tutto da solo.

In un nano secondo le mie labbra sono sulle sue e le nostre lingue si sfiorano.

Succede tutto così in fretta: i nostri vestiti sono a terra e io sono sopra di lei.

Quando sto per affondare in lei, mi blocca.

«Jacopo, io...». Non finisce la frase e si morde il labbro inferiore, distogliendo lo sguardo dai miei occhi.

Oh, merda. Non dirmi che...

«Sei vergine?», chiedo quasi spaventato.

Annuisce imbarazzata.

Se prima pensavo che stavo per fare una cazzata, ora ne sono del tutto convinto.

«Ma io voglio farlo», dice d'un tratto.

«Con me? Ne sei sicura?».

«Sì».

Mi afferra per il collo e mi bacia.

REBECCA

«Allora? Mi vuoi rispondere? Tu e Melissa state insieme?». Tiro su con il naso e aspetto la risposta, tremando.

«No, ma stiamo iniziando una storia». Si gratta la nuca e fissa il pavimento, come se fosse imbarazzato.

Ed ecco il colpo di grazia. Il colpo che mi ha distrutta completamente.

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