Compagni di Stanza

By -Ghoost

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CAPITOLO 1.
CAPITOLO 2.
CAPITOLO 3.
CAPITOLO 4.
CAPITOLO 5.
CAPITOLO 6.
CAPITOLO 7.
CAPITOLO 8.
CAPITOLO 9.
CAPITOLO 10.
CAPITOLO 11.
CAPITOLO 12.
CAPITOLO 13.
CAPITOLO 14.
CAPITOLO 15
CAPITOLO 16
CAPITOLO 17
CAPITOLO 18
CAPITOLO 19.
CAPITOLO 20.
CAPITLO 21.
CAPITOLO 22.
CAPITOLO 23.
CAPITOLO 24.
CAPITOLO 25.
CAPITOLO 26.
CAPITOLO 27.
CAPITOLO 28.
CAPITOLO 29.
CAPITOLO 30.
CAPITOLO 31.
CAPITOLO 32.
CAPITOLO 33.
CAPITOLO 34.
CAPITOLO 35.
CAPITOLO 36.
CAPITOLO 37.
CAPITOLO 38.
CAPITOLO 39.
CAPITOLO 40.
CAPITOLO 41.
CAPITOLO 43.
CAPITOLO 44.
CAPITOLO 45.
CAPITOLO 46
CAPITOLO 47.
CAPITOLO 48.
CAPITOLO 49.
CAPITOLO 50.
CAPITOLO 51.
CAPITOLO 52.
CAPITOLO 53.
CAPITOLO 54.
CAPITOLO 55.
CAPITOLO 56.
CAPITOLO 57.
CAPITOLO 58.
CAPITOLO 59.
Epilogo
Ringraziamenti
SEQUEL

CAPITOLO 42.

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By -Ghoost

JACOPO

Quanto può essere irritante quella ragazza, solo Dio lo sa.

Non era mia intenzione romperle il cellulare e tantomeno spaventarla sulle strisce pedonali.

Accidenti!

Ho trattenuto la rabbia per tutta il tempo in pizzeria e non posso negare che l'abbia sfogata su di lei. Christian non può permettersi di toccarla, migliore amico o no, lei è roba mia!

Oddio, sembro uno ex psicopatico e stalker.

Riprenditi, Jacopo, ormai non state più insieme e tu sei un ragazzo libero.

Solo ora mi accorgo che sono nel parcheggio del centro commerciale in cui lavorano Chiara e Rebecca.

Non so perché sono venuto qui.

Rimetto in moto la macchina e quando esco m'imbatto in un temporale.

Perfetto, direi.

Chissà se Rebecca ha trovato un taxi. E se fosse sotto la pioggia?

Devo andare assolutamente da lei e scusarmi.

Casa nostra, ora solo sua, è vicina al centro commerciale e per raggiungerla non ci metto neanche dieci minuti.

Appena arrivo davanti al palazzo non mi disturbo neanche a spegnere il motore della macchina e corro verso il portone, lasciando la portiera aperta.

Suono al campanello più volte – non ho tempo di andare a prendere le chiavi in macchina –, ma nessuno mi risponde. Deve essere già uscita di casa.

Corro sotto la pioggia per cercarla, ma vedo solo visi sconosciuti e ombrelli di tutti i colori. Sono l'unico a stare sotto la pioggia completamente bagnato.

Ora che ci penso, non può aver chiamato un taxi: ha il telefono rotto.

Inizio di nuovo a correre, sperando di trovarla sotto la pensilina della fermata dell'autobus.

Noto una ragazza con i capelli marroni raccolti e una busta in mano che sta cercando di fermare un taxi. Mi si illuminano gli occhi: l'ho trovata!

Corro più veloce che posso urlando il suo nome, ma un taxi si ferma davanti a lei, che senza perdere tempo si fionda nella vettura.

«Dannazione!», urlo sbattendo il piede dentro a una pozzanghera.

Ritorno indietro camminando lentamente sotto la pioggia e quando arrivo alla macchina mi siedo sul sedile e chiudo la portiera.

Accendo il riscaldamento al massimo, e anche la radio. Sono completamente zuppo.

Dopo la gita in montagna, devo portare assolutamente la macchina dal benzinaio per farla pulire.

Perché penso alla mia macchina mentre ho appena litigato con la ragazza che amo?

Quanto è brutto essere innamorati!

Non so cosa fare, ora. A quest'ora sarei dietro al taxi su cui è salita Rebecca, ma non voglio sembrare veramente uno stalker.

Vivi e lascia vivere, Jacopo.

Spengo la radio e metto in moto la macchina, ho bisogno di vestiti asciutti e so dove dirigermi... Poi, è l'unico posto in cui posso andare.

Parcheggio davanti alla casa dei nonni di Davide.

Non credo che posso bagnarmi più di quanto lo sia già, ma corro lo stesso verso la porta. Suono il campanello due volte di seguito e mi sfrego le mani per scaldarle; intanto, piccole gocce d'acqua grondano dai miei capelli.

Finalmente la porta si apre, e spunta la testa della sorella di Davide.

«C'è Davide?», chiedo.

«No, è uscito», risponde appoggiandosi alla porta.

Si è cambiata. Stamattina indossava dei jeans bianchi e un maglione verde, mentre ora porta una tuta troppo larga per lei. Probabilmente di Davide, o del suo fidanzato.

«Bene, allora ci vediamo». Mi giro per tornare in macchina, ma lei mi ferma.

«Devo sdebitarmi in qualche modo per il passaggio di oggi, no? Entra, sei bagnato fradicio». Mi apre la porta invitandomi a entrare.

Entro un po' imbarazzato: di solito passo il tempo con il mio migliore amico e non con sua sorella!

«Tua nonna?», chiedo.

«È da una sua amica. Torna questa sera». Sorride legandosi i capelli castani ramati in una coda.

È uguale al fratello.

«Se vuoi dei vestiti asciutti, puoi prenderli dall'armadio di Davide».

Ringrazio con un cenno della testa e salgo al piano di sopra, per poi andare nella camera del mio amico.

Apro l'armadio e prendo le prime cose che mi capitano: un maglione grigio e dei pantaloni della tuta neri.

Vado in bagno e mi cambio. Indosso i vestiti di Davide, devo dire che sono proprio ridicolo: i pantaloni mi vanno stretti sulle cosce e le maniche del maglione mi arrivano poco sopra al polso.

Sono sempre stato più grosso del mio migliore amico, lo ammetto, ma non credevo fino a questo punto.

Fortunatamente c'è solo Melissa in casa; non mi preoccupa fare brutta figura davanti ai suoi occhi, ci conosciamo da anni, ormai.

Scendo le scale per chiedere a Melissa un sacchetto in cui mettere i vestiti bagnati e, cazzo, lo sapevo che non dovevo parlare troppo in fretta!

Sul divano vedo una ragazza, probabilmente un'amica di Melissa, che sta sghignazzando mentre, insieme alla sorella del mio amico, beve una tazza di non so che.

Fantastico! Sembro un perfetto idiota e c'è pure il pubblico ad assistere.

Appena mi vedono scendere dalle scale, smettono di bisbigliare e si voltano verso di me.

Situazione molto imbarazzante.

Si alzano subito dal divano e continuano a fissarmi. Va bene che sono ridicolo, ma non possono evitare di fissarmi in questo modo?

«Vedo che ti vanno bene i vestiti di mio fratello», scherza Melissa.

«Molto divertente». Le scompiglio i capelli, e la sua amica mi guarda con aria sognante.

Ha qualche problema?

Melissa diventa rossa e fa un piccolo sorriso. Più la guardo, più mi convinco che sia la reincarnazione di Rebecca.

«Piacere, sono Anna».

«Io sono...», ma la ragazza mi interrompe subito:

«So chi sei, Jacopo Venturi», Dice con un sorriso che va da un orecchio all'altro.

Ho come l'impressione che la mascella le potrebbe cadere da un momento all'altro.

«Oh, bene. Melissa, hai un sacchetto in cui posso mettere questi?». Indico i vestiti bagnati.

Annuisce e mi dice di seguirla.

«Sei single?», chiede la ragazza. Ho già dimenticato come si chiama.

Non le rispondo ed entro in cucina con Melissa.

«Scusa per Anna, ma è ossessionata da te», dice prendendo una busta di plastica.

Wow, sapevo di essere popolare nella scuola, ma non fino al punto di essere il protagonista dei sogni erotici di una ragazzina di sedici anni.

«Nulla, tranquilla». Sorrido prendendo la busta e metto al suo interno i vestiti.

«Credo che ora me ne andrò».

«Ma come? Non rimani per cena?».

«Io? Con quella? Certo che no!».

Le scappa una risata sonora.

«A parte gli scherzi, ho altro da fare».

Ho altro da fare? Davvero, Jacopo?

«Ah, allora fa niente». Si mette una ciocca di capelli dietro all'orecchio e abbassa lo sguardo.

È così timida.

«Bene, io ora vado. Grazie per l'ospitalità».

«Di nulla. Ti accompagno all'uscita».

Usciamo dalla cucina e raggiungiamo la porta di casa.

Melissa afferra un ombrello e me lo lancia. Lo prendo al volo e le faccio un occhiolino; lei risponde con una risata.

«Ci vediamo Melissa, e...?». Non so come si chiama!

«Anna, mi chiamo Anna!», dice euforica.

«Ci vediamo, Anna».

Esco dalla porta e apro l'ombrello. Ci manca solo che mi bagno mentre raggiungo la macchina.

Chiudo l'ombrello, apro la portiera e salgo in macchina.

Poso la busta e l'ombrello di Melissa nel sedile del passeggero e prendo il telefono.

Cinque chiamate perse da Carmela.

Se Carmela mi ha chiamato, ci sarà un motivo più che valido.

Perfetto, ora so dove andare.

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