Compagni di Stanza

By -Ghoost

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CAPITOLO 1.
CAPITOLO 2.
CAPITOLO 3.
CAPITOLO 4.
CAPITOLO 5.
CAPITOLO 6.
CAPITOLO 7.
CAPITOLO 8.
CAPITOLO 9.
CAPITOLO 10.
CAPITOLO 11.
CAPITOLO 12.
CAPITOLO 13.
CAPITOLO 14.
CAPITOLO 15
CAPITOLO 16
CAPITOLO 17
CAPITOLO 18
CAPITOLO 19.
CAPITOLO 20.
CAPITLO 21.
CAPITOLO 22.
CAPITOLO 23.
CAPITOLO 25.
CAPITOLO 26.
CAPITOLO 27.
CAPITOLO 28.
CAPITOLO 29.
CAPITOLO 30.
CAPITOLO 31.
CAPITOLO 32.
CAPITOLO 33.
CAPITOLO 34.
CAPITOLO 35.
CAPITOLO 36.
CAPITOLO 37.
CAPITOLO 38.
CAPITOLO 39.
CAPITOLO 40.
CAPITOLO 41.
CAPITOLO 42.
CAPITOLO 43.
CAPITOLO 44.
CAPITOLO 45.
CAPITOLO 46
CAPITOLO 47.
CAPITOLO 48.
CAPITOLO 49.
CAPITOLO 50.
CAPITOLO 51.
CAPITOLO 52.
CAPITOLO 53.
CAPITOLO 54.
CAPITOLO 55.
CAPITOLO 56.
CAPITOLO 57.
CAPITOLO 58.
CAPITOLO 59.
Epilogo
Ringraziamenti
SEQUEL

CAPITOLO 24.

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By -Ghoost

Appena arriviamo a scuola, Margherita e Chiara mi vengono incontro.

«Auguri!», urlano insieme.

Gli altri studenti si girano verso di noi e ci guardano incuriositi.

«Grazie, ragazze, ma abbassate la voce, se no ci sentono tutti», dico imbarazzata.

«Oggi Rebecca Gaetani compie gli anni!», grida Chiara, rivolta gli altri studenti nel cortile, che iniziano ad applaudire e a urlare. Sento le guance che mi vanno a fuoco per l'imbarazzo.

I miei occhi e quelli di Jacopo s'incrociano. Mi sta guardando senza fare nulla. Che mi aspettavo? Che corresse da me per farmi gli auguri? Forse sì, ma non succederà. Distoglie lo sguardo e se ne va insieme a una ragazza. Un'improvvisa fitta mi colpisce il cuore, e il fiato mi si mozza. Devo ancora abituarmi all'idea che Jacopo è tornato il ragazzo di prima.

«Ehi, Reb!». Una voce maschile mi distrae dai miei pensieri.

«Ciao, Davide». Mi giro e gli sorrido.

«Come stai?», mi domanda.

Sto di merda e tu?

«Tutto bene tu?», rispondo ancora sorridente.

«Oh, sì, bene», e si gratta la nuca.

È così buffo.

«Meno male». Ho finito gli argomenti di conversazione. Che imbarazzo.

«Auguri, allora!», urla all'improvviso abbracciandomi. Ricambio l'abbraccio e lo ringrazio.

«Con Jacopo hai risolto?», chiede staccandosi dall'abbraccio.

Il mio cuore perde un battito, quando pronuncia il suo nome.

«Se per risolto intendi che continuiamo a ignorarci... sì, abbiamo risolto». Sbuffo, mi sento frustrata. «E per di più va a letto con una ragazza diversa al giorno». Rido nervosamente.

«È uno stupido», sussurra abbassando la testa.

«Mi sono innamorata di uno stupido. Bello, no? Scusa, Davide, ma devo andare. Ci vediamo». Non gli do il tempo di rispondere e mi fiondo in classe.

«Dov'eri finita?», mi chiede Chiara appena mi siedo vicino a lei.

«Stavo parlando un po' con Davide». Sorrido e tiro fuori il quaderno per prendere appunti.

Le prime tre ore passano in fretta, e finalmente arriva l'intervallo. Appena suona la campanella, usciamo tutti fuori dalla classe come un gregge di pecore.

«Finalmente! Quella racchia della prof di Storia mi sta troppo sul culo», mormora Chiara. Inizio a ridere e lei si unisce a me.

«Stasera fatti trovare pronta alle nove in punto. Io, Christian e Margherita ti veniamo a prendere», dice guardandomi con espressione seria.

«Io e Christian abitiamo nella stessa casa», replico ridendo e guardandola con aria interrogativa.

«Non sarà a casa fino alle nove. Mettiti il vestito più bello che hai e fatti bella». Mi schiocca un bacio sulla guancia e mi sorride.

«Ma perché? Dove mi volete portare?», chiedo incuriosita.

«Cazzi nostri», urla mentre se ne va.

«Dove vai ora?!», le grido.

«Cazzi miei!». Ride ed esce dalla porta della scuola.

Che cos'hanno in mente quei tre? Odio le sorprese. Ho detto la stessa frase anche a Jacopo, il giorno in cui sono uscita dall'ospedale. Scaccio questo pensiero, prendo lo zaino e me lo metto in spalle uscendo dalla scuola. Non voglio passare due ore da sola, senza Christian, Chiara e Margherita. È strano dirlo, ma loro sono le mie ancore. Mi hanno sempre salvata quando andavo a fondo.

Esco dal cancello della scuola, vado nel parco vicino e mi siedo su una panchina.

Guardo i bambini e sorrido vedendoli così felici. Vorrei aver avuto anche io un'infanzia felice. Forse, se fosse stata così, ora non mi troverei in questa situazione. Non avrei dovuto cambiare casa, non avrei conosciuto Jacopo, non sarei stata male e non avrei avuto paura di incontrare mio padre.

«Come mai sei qui da sola?». Una voce mi fa sobbalzare dalla paura.

Alzo la testa e sgrano gli occhi.

«Vittorio?!», urlo incredula.

«In carne e ossa». Ride e mi abbraccia forte.

«Non ti ho più sentito! Che ci fai qui?», chiedo stringendolo ancora più forte.

«Oggi qualcuno compie gli anni e volevo fargli gli auguri». Sorride e mi bacia su una guancia.

«Auguri, Rebi».

«Grazie, Vitto», e ricambio il bacio.

Stiamo seduti sulla panchina per diverso tempo, parlando del più e del meno.

«Ora devo proprio andare. Mia madre mi aspetta a casa e la strada è lunga», dice alzandosi malvolentieri.

«Mi ha fatto piacere vederti». Mi alzo anche io e lo abbraccio.

«Anche a me! Vedremo di combinare qualcosa a Natale!», esclama mentre si incammina verso il suo motorino.

«A presto, Rebi».

«A preso, Vitto».

Sette ore dopo

Sono seduta davanti all'armadio da mezz'ora, ma non so cosa mettermi. Sono le otto e ho ancora un'ora buona per prepararmi.

Opto per un vestito nero di pizzo che mi arriva a metà coscia, delle scarpe con il tacco nere e una giacca di pelle. Mi piastro i capelli, mi metto il mascara, applico un po' di rossetto rosso sulle labbra e sono pronta! Metto un po' di profumo e scendo giù in cucina.

«Buonasera, principessa». Christian fa un inchino e mi porge la mano.

«Buonasera anche a lei». Faccio anche io un inchino e gli stringo la mano.

Usciamo di casa e andiamo in macchina.

«Wow! Sei bellissima, Rebecca!». Chiara sgrana gli occhi appena mi vede.

«Grazie, anche tu!», rispondo sorridendo.

Chiara indossa un vestito rosso lungo, dei tacchi neri e ha i capelli raccolti in una crocchia.

Margherita, invece, ha un abito color crema che le arriva al ginocchio, dei tacchi bianchi e i capelli sciolti.

«Dove andiamo?», chiedo impaziente.

«Sorpresa! Mettiti questa sopra gli occhi». Margherita mi passa una benda nera e si mette a ridere.

«Sei seria?», chiedo.

«Serissima. Su, muoviti», mi incita Margherita.

«E va bene!», borbotto mentre metto la benda e Christian parte.

Il viaggio è abbastanza snervante. Non vedo nulla e la cosa mi infastidisce parecchio! Ho sbuffato mille volte, ottenendo in cambio solo delle risate da parte dei miei migliori amici.

«Eccoci arrivati!». Finalmente! Christian ferma la macchina e scende. Sento aprire la portiera sul mio lato e qualcuno mi prende per un braccio.

«Ho i tacchi! Rischio di cadere!», urlo tenendomi stretta al sedile della macchina.

«Allora ti prendo in braccio». Sento Christian sospirare e sorrido.

Le sue braccia mi sollevano da terra e mi portano chissà dove.

Mi poggia delicatamente per terra e mi prende per mano. Apre una porta e mi trascina dentro.

«Dove siamo?», chiedo spazientita.

«Zitta e togliti la benda». Quando la tolgo, un mare di persone appara davanti a me.

«Sorpresa!», urlano tutti insieme.

Rimango a bocca aperta e inizio a sorridere. Abbraccio forte Christian e gli sussurro all'orecchio: «Grazie per tutto quello che hai fatto. Davvero».

«Per te questo e altro». Si stacca dall'abbraccio e mi bacia sulla guancia.

«Diamo inizio alla festa!», urla Christian e tutti iniziamo a ballare a ritmo della musica.

Cerco con gli occhi Chiara e vedo che sta ballando insieme a Margherita. La cosa mi fa sorridere.

«Vado a prendere da bere», grido per farmi sentire da Christian, lui alza il pollice. Vado verso il bancone del locale e ordino un Cosmopolitan. Questa sera voglio ubriacarmi fino a scordare il mio nome. Mando giù il cocktail e mi sento la gola bruciare un po'. Guardo la gente ballare e scorgo una figura fin troppo familiare. I suoi occhi azzurri incrociano i miei occhi verdi, e il mio cuore perde un battito. Nessuno dei due distoglie lo sguardo, finché Elisa non abbraccia Jacopo. Mi giro mettendo le mani sul bancone.

Jacopo indossa una camicia nera con i primi due bottoni sbottonati, dei jeans verde militare e le Converse nere. Ha i capelli spettinati e il suo piercing al labbro brilla. È bellissimo. Ma è accompagnato da quella troia di Elisa.

"Non pensarci, Rebecca. Questo è il tuo momento, e nessuno te lo potrà rovinare", dico a me stessa, poi ordino una vodka liscia.

La bevo tutta d'un fiato e raggiungo Chiara in pista.

«Dai, festeggiata! Balla insieme a me», urla Chiara dimenandosi.

Inizio a ballare e due mani mi cingono i fianchi. Non mi interessa chi è, voglio solo divertirmi. Guardo Jacopo e noto che mi sta fissando. Continuo a ballare ancheggiando sul ragazzo e sento lo sguardo di Jacopo addosso.

La canzone finisce e io esco fuori dalla mischia.

«Vieni a giocare a obbligo o verità?», mi chiede Christian all'orecchio.

«È un gioco da bambini delle medie». Sorrido e lo guardo negli occhi.

«È divertente. Dai vieni!». Christian mi trascina in un angolo in cui sono disposti alcuni divanetti.

Ci sediamo su uno di essi e altre persone si siedono attorno a noi.

Sposto lo sguardo sul divanetto davanti a noi e noto che Elisa è seduta sulle gambe di Jacopo. Lo stomaco mi si contorce. È possibile che mi faccia ancora questo effetto? Non devo pensarci, ma è impossibile non farlo.

«Perché c'è anche quella troia alla mia festa?», sussurro a Christian.

«Non lo so. È venuta e basta». Fa spallucce e urla agli altri di iniziare a giocare.

Dopo diversi obblighi imbarazzanti e verità sconcertanti, tocca a me.

«Obbligo o verità, Rebecca?», mi chiede con un sorriso furbo Margherita.

«Verità», rispondo sicura. Voglio evitare di fare brutta figura con un obbligo.

«Cosa pensi di Elisa?». Margherita sa benissimo cosa penso di lei, ma vuole che lo dica davanti a tutti.

Se lo dico, Elisa potrebbe arrabbiarsi e scatenare una delle sue scenate da principessina, ma poco importa.

«È la troia della scuola, ma questo lo sanno tutti. Gira più nuda che vestita, perché vestita non la caga nessuno. Si crede Dio sceso in Terra, ma non è proprio nessuno. E ora sta in braccio a Jacopo, perché sa che a me dà fastidio. Un atteggiamento abbastanza schifoso, non c'è che dire. Ma fa ancora più schifo lui che glielo permette», dico guardando negli occhi Jacopo. Poi prendo in mano il drink di Christian, lo butto giù ed esco dal locale. Ho bisogno di aria.

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