WinterSoldier (10): Esilio (2/2)

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Ah, salve, siete tornati, mi siete mancati, sapete

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Ah, salve, siete tornati, mi siete mancati, sapete. La storia dite? Sì-sì, ora vi spiego...

Quando Lizie entrò nel quinto mese di gravidanza, già abitavamo da due settimane nel nuovo appartamento. Era bello pur essendo meno di 25 metri quadri, c'era una stanzetta perfetta per il bambino e un piccolo terrazzo in cui stendere.
Ovviamente non mancavano gli sguardi cruciati dei vicini che ci guardavano snervati.
Temevo non ci avrebbero messo molto a riconoscerci. E già pensavo ad un piano, mentre cercavo qualcuno su cui fare affidamento.
Una signora. La signora Hime (killian44peeta) , una guida turistica nei temli di Kyoto che adorava Lizie, mi offì il suo aiuto e mi affidai totalmente a lei. Ed era successo.
Il governo americano e gli Avengers, erano entrati in Giappone.
Mandai un messaggio alla signora Hime.
Scrissi una lettera a mia moglie e una al bambino, preparai per lei una valigia da farle trovare al suo risveglio. Baciai mia moglie per l'ultima volta e il suo pancione a cui sussurrai: -ti amo gioia mia, forse un giorno potrò guardarti ma per ora devi prenderti cura della mamma, mi fido solo di te-
E con le lacrime che mi rigavano le guance, mi ero consegnato alle autorità. Sì, il mio esilio me lo sono auto-imposto. Sì ero esiliato in un carcere federale di massima sicurezza in mezzo all'oceano.
C'era di "buono" se così si poteva dire, che le acque si erano calmate e non avevo più sentito parlare di Lizie.
Per 16 anni, un tempo lunghissimo, soprattutto se calcolavo che era tutta la durate della vita di mio figlio... o figlia.
Steve ogni tanto mi passava a trovare, anche se lui ne aveva sopportate delle belle per avermi aiutato. Parlavamo di tutto, a volte tentava di farmi dire qualcosa di Lizie, ma io rimanevo muto ed ero muto, non avrei mai accennato di lei, del bambino, mai. Non lo volevo complice e fingevo di non aver nulla da raccontare.

***

16 anni prima...

-Elizabeth... Lizie, cara, svegliati- sentì scuotermi. In un primo momento non riuscì ad inquadrare chi fosse. Poi, stropicciando gli occhi, mi resi conto che la Signora Hime era nel mio appartamento.
-signora Hime...-
-Elizabeth, vestiti, veloce, dobbiamo andare via- cercai con lo sguardo James, ma di lui neanche l'ombra. -il signor Barnes ha lasciato indicazioni precise... Elizabeth forza-
Sentì il mondo cadermi addosso, il giorno era arrivato e non avevo nemmeno avuto la possibilità di salutarlo, di digli che lo amavo... di mettere al mondo suo figlio.
Seguì obbediente le indicazioni della signora Hime, vestendomi e con i capelli che mi finivano continuamente sul viso attaccandosi alle lacrime.
La signora Hime aveva già una piccola valigia in mano e mi tirò, lontana, lontano da quel poco che avevo conosciuto in quei mesi.
Salimmo sulla sua auto, che erano le 4 e tutto era buio.
-perchè James si è affidato a te, voglio dire, perchè mi stai aiutando?- le chiesi vagamente fuori di me.
-mio marito è morto a causa dell'Hydra, aveva formulato il siero più simile al super-soldato degli ultimi 50 anni, una bambina ha dato la vita per salvare me e la formula. Poi tu, sei quasi una bambina sfruttata ma innamorata e così il signor James. Cercava un'aiuto, mi ha riconosciuto; non potevo dire di no, ad un uomo che era disposto a perdere tutto per salvare le uniche due persone che abbia mai amato-
James...
Il bambino calciava furioso, sembrava avesse capito tutto quello che la signora Hime aveva detto.
-grazie- dissi piano. -grazie per tutto quello che stai facendo per noi-
Lei si limitò a sorridere in imbarazzo. Lasciammo il Giappone, per l'Australia, dove la signora Hime aveva degli amici.
Era un'appartamento piccolo ma mi sarebbe bastato: gli amici della signora Hime, avevano trasormato un capanno degli attrezzi, in un casotto e potevo viverci a patto di fare le pulizie nella casa principale. In compenso, i signori Edwards, Molly e David, il 5 luglio, mi aiutarono a mettere al mondo, Renesmee Winnie Barnes.

oggi...

La Routine alla prigione era sempre la stessa, sveglia alle 6, doccia, corsa di 6 chilometri in un salone di mezzo, colazione. Dopo colazione alla mia cella, dove ormai c'erano una trentina di disegni e libri di disegno, dedicai una buona mezz'ora a ricordare i templi di Kyoto e Lizie che tagliava le siepi illuminata dal sole di metà pomeriggio.
E mentre ero lì, a consultare uno dei libri, per studiare la luce da applicare al disegno, come un piccolo fulmine, dentro alla mia cella, comparse una ragazzina. 14 anni a occhio forse appena di più, era di corporatura normale, abbastanza alta con un massa di capelli castano chiaro. Gli occhi prima azzurri e lucenti, tornarono castano dorati.
-ciao, Bucky Barnes?- mi chiese lei e mi limitai ad annuire. -Vanessa Wolfie, studio il tuo caso da quasi tutta la vita, vuoi un passaggio per rivedere il sole?- e ancora mi limitai ad annuire. -ottimo- disse con un sorriso. Mi prese per un braccio, gli occhi gli si accesero di nuovo e come un tremore, tutto intorno divenne sfuocato e come una ventata di aria fredda, mi ritrovai col culo per terra in un salone vittoriano.
Lei alzò lo sguardo. -cogliona, cogliona, cogliona, perchè qui?!- si rimproverò lei, facendo tutto da sola. -aspetta ci riprovo...-
-dove siamo?- le chiesi.
-alla Casa Bianca, non so perchè ho pensato questo...- mi disse aiutandomi a rialzarmi.
-quindi ti sposti dove vuoi, quando vuoi?-
-più o meno, riesco andare solo nei posti che conosco... o che ho studiato attentamente, se non conosco il luogo potrei finire contro un muro o farmi male, perciò... sto straparlando, ora penso a qualche altro posto...- alzò lo sguardo di nuovo e di nuovo tutto divenne sfuocato e un brivido mi percorse lungo la schiena. Chissà dove stavamo andando...

okay finito, attenti a tutti i dettagli, ogni nome e cosa ha un significato chi per primo individua le somiglianze (e la mia citazione) verrà citato ne prossimo capitolo....
un kiss

un kiss

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Avengers - Immagina and OneShot (vol.1)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora