Riflessione su "La ginestra" di Leopardi

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//Non penso di aver mai scritto così tanto, questo sfogo è stato un flusso incessante di pensieri e riflessioni che se non termino al più presto rischio di protrarre per tutta la notte, e senza che me ne rendessi conto sono già quasi due ore che scrivo; comunque la premessa è per avvisare che questi sono miei dubbi sorti in seguito alla lettura e all'interpretazione dell'opera, non sono affatto un'esperta di Leopardi ma da questa poesia, che a quanto so racchiude l'intera sua persona, ho assorbito alcuni concetti da lui esposti che han generato in me moti contrastanti, dubbi, perplessità e anche rabbia, lo ammetto, e so che chi più esperto potrebbe  giudicare sciocche tale obiezioni, perché la mia conoscenza non è abbastanza profonda; eppure vi dico che son comunque contenta perché, a prescindere, dalla poesia sono scaturiti in me spunti meravigliosi di riflessione: che siano partiti per motivazioni errate o no poco importa perché riflessioni restano. 



La natura è matrigna, questa è una delle idee di base di Leopardi.

La natura ci ignora, non ci è indifferente, la natura nemmeno ci vede.

Eruzioni vulcaniche, terremoti, grandi eventi naturali che sono in grado di spazzarci via come se fossimo delle formiche il cui destino dipende dalla caduta di una mela sopra il loro nido.

Anni, miliardi di anni, per formarci, completamente distrutti da qualcosa che la natura mette in moto senza nemmeno rendersi conto di ciò che andrà a toccare.

Leopardi ci paragona proprio a quelle formiche, siamo piccoli in confronto alla potenza della natura e nulla possiamo. E' inutile illuderci, ci dice, è una convinzione sciocca, stupida, ingenua. Dobbiamo aprire gli occhi e renderci conto di ciò che è la vita: lotta eterna contro il fato, un'eternità di sofferenza intervallata da brevissimi attimi di gioia che fuggono via nel giro di un secondo. Attimi che attendi, attendi con emozione e quando arrivano non fai nemmeno in tempo a rendertene conto che sono già volati via.

Leopardi ci dice di aprire gli occhi e smetterla di far finta che la situazione sia diversa perché così non è. 

Leopardi non ci sta invitando a una resa, anzi, ci chiede di lottare come i grandi eroi romantici e, come tali, non vuole affatto illuderci di poter vincere contro questa potente natura, affatto, ma ci dice di restare uniti.

Solidarietà tra noi esseri umani, questo propone Leopardi. Non bisogna arrendersi, bisogna unirsi e lottare insieme contro la Natura, pur sapendo che il nostro è un destino comune a quello di Satana o di Prometeo: grandi eroi, grandi folli, titani romantici, che si opposero al massimo volere accettando la propria sorte. Leopardi ci chiede di diventare gli eroi della nostra vita, contro un comune e inevitabile fato. Si tratta di una lotta che in fin dei conti ci appaga.

La Natura, potente, sublime.

"Madre è di parto e di voler matrigna."

Ci sono alcuni punti su cui non mi ritrovo in quello che Leopardi espone nella poesia de "La ginestra" e molto probabilmente anche perché lui era un uomo particolarmente materialista, tuttavia sentivo la necessità di esporre  in qualche modo queste mie riflessione, e dove se non qui?

Innanzitutto Leopardi divide noi, esseri umani, e la Natura, intesa come insieme di fenomeni naturali, ambiente, clima... insomma tutto ciò che ci circonda fatta eccezione per la nostra "razza".

Ciò che subito non comprendo è questa divisione. Io sono dell'opinione che la potenza della Natura si manifesti, certo, nei grandi fenomeni quali le eruzioni vulcaniche o i maremoti ecc... ma anche in noi esseri umani. Diamine, non siamo noi stessi manifestazione della Natura così come lo sono le foglie che cadono da un albero o le placche tettoniche che si muovono sotto i nostri piedi?

Che cosa si prova davvero?Where stories live. Discover now