Ci si chiede sempre: Perché?

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Penso che le stelle siano meravigliose.

La prima cosa che mi è venuta in mente, pensando alle stelle, è stata lo scintillio che emanano di notte, quando sei attorniato dal buio più totale e loro sono lì, lontane anni luce ma più vicine di quanto si possa immaginare con il loro chiarore.

Subito dopo ho pensato all'ultimo verso della Divina Commedia:" L'amor che move il sole e l'altre stelle", e mi sembra di essere in un ingranaggio di un orologio, azionato da chissà quale forza.

Allora quando penso a questo meccanismo di azione e reazione mi viene in mente la filosofia di Hume, secondo la quale questo nesso, non essendo davvero percepibile non è altrettanto "dimostrabile".Siamo certi della contiguità spaziale e della successione temporale, ma ci manca quel piccolo ponte che abbiamo costruito noi stessi.

L'incipit del film intitolato "Mr.Nobody" potrebbe chiarire meglio, esso recita:"Come la maggior parte delle creature, il piccione associa velocemente la pressione sul pulsante al premio. Ma quando un timer rilascia un seme ogni venti secondi, il piccione si chiede: "Che ho fatto per meritarlo?". Se in quel momento sbatteva le ali, continuerà a farlo convinto che le sue azioni abbiano avuto un'influenza diretta sugli accadimenti: è definita 'superstizione del piccione' ".

Quel momento in cui accade qualcosa noi esseri umani abbiamo la necessità di motivarlo, all'inizio della nostra "vita" abbiamo creato i miti che raccontavano fantastiche storie sui moti dei carri di un Dio che trascinava il sole ogni giorno, un Dio che faceva piovere e così via per tutti i fenomeni naturali. Sentiamo il bisogno di collegare tutto ciò che ci circonda, sperando sempre in un disegno finale soddisfacente, non riusciamo a vivere senza un sostegno che ci regga(basti pensare al mito secondo il quale il mondo posa sul guscio di una tartaruga che a sua volta posa sul guscio di una tartaruga più grande, l'esatta dimostrazione di come sentiamo il bisogno di questi gusci a quali appoggiarci, non accettiamo il "niente" sotto di noi), ci sembra qualcosa di ovvio ma se ci pensate bene, e dico proprio bene, chissà che invece non sia, per qualche altra entità, una necessità del tutto superflua, neanche qualcosa a cui pensare.

Questo bisogno di ponti in un oceano ha fatto si che oltre a civilizzare e industrializzare il pianeta Terra, facessimo lo stesso con la nostra mente.

Ora che ci penso sono ben poche le cose per le quali non ci poniamo domande, anzi, credo non ne esistano proprio, ma certo è che per tutte quelle domande che ci poniamo continuamente non abbiamo altrettante risposte.

Senza andare a scomodare le questioni di fisica quantistica che riguardano il tempo e l'universo, ho subito pensato ai sentimenti. Tentiamo di raggiungere l'infinito quando ancora non riusciamo a comprendere il punto di partenza: noi stessi.

L'amore, quante domande ci facciamo sull'amore? Miliardi, di qualsiasi tipo, ma forse la più importante è: Perché amiamo?

Si potrebbe rispondere più o meno facilmente a questa domanda se si andasse a ricercare tale risposta in una precisa categoria:la psicologia,la storia, la scienza...

Ma alla fine mentre tentiamo di tessere una tela tra i nostri sentimenti e queste categorie ci sentiamo davvero realizzati?

Una volta ho cercato su internet il perché, quando si è innamorati, si senta la necessità di baciare. Ho trovato pagine e pagine di spiegazioni secondo le quali l'atto del bacio riconduce a quell'istinto materno che, in passato, portava le madri a cibare i propri figli attraverso la loro stessa bocca, un po' come fanno gli uccelli. Chissà che altre mille spiegazioni saremo riusciti a tirar fuori con i nostri ponti nell'oceano.

La risposta che ho trovato è stata da un certo lato soddisfacente, anche perché io sono una che vive male senza spiegarsi tutto quello che le accade intorno, per cui mi ero sentita per un attimo colmata da questo vuoto. Il problema è che quando mi sono rialzata da quel buio mi è sembrato di uscire da una grotta per incontrare un cielo nero, ancor più buio di prima.

La spiegazione mi aveva lasciato l'amaro in bocca, dopo averla riletta sembrava apparire più o meno così:"L'istinto del bacio arriva da secoli di tradizione appresa dal solo istinto di sopravvivenza, niente di più." Proprio come se fossimo delle macchine che si sviluppano man mano che incontrano nuovi pericoli, nient'altro.

E' stato come se tutta la mia intelligenza e la mia mente e i miei sentimenti fossero finiti in un pozzo: il pozzo della tradizione, della sopravvivenza, dell'esperienza acquisita che ha generato in noi nuovi stimoli ma con l'unico scopo di sopravvivere.

Niente amore, né tristezza, niente arte. Solo il nero di chi va avanti a stento, di chi cresce imparando a memoria dove sono gli ostacoli e come saltarli.

Mi sono sentita esattamente come una macchina e a pensarci ora non mi fanno nemmeno più tanto strano quei film o quei videogiochi che raccontano le storie di computer dotati d'intelligenza, perché alla fine per come la vogliamo mettere noi è tutta una questione di un unico principale istinto: quello di sopravvivere e andare avanti.

Ma per quale motivo esiste quest'istinto? Chi lo ha "messo" dentro di noi? Perché vogliamo andare avanti? E poi avanti dove?

E se proprio lo scopo è quello di andare avanti perché siamo dotati di curiosità? E' la curiosità che stona nell'insieme, come lo scorrere del tempo dopo le ultime scoperte di Einstein.

Mi andava anche bene, mi andava bene scoprire che avevo un unico scopo maturato nei secoli dai miei antenati ma allora perché disporre anche di curiosità? Forse solo per renderci più furbi, forse solo per aiutare questo cammino della sopravvivenza.

Forse la curiosità sono le nostre gambe che ci permettono di percorrere la strada e andare avanti, perché senza sarebbe impossibile.

Allora accetto che sia così, tristemente, perché sento di riconoscermi né più né meno sia in una persona che in un sasso allo stesso tempo.

Questa scoperta mi demoralizza e mi si pianta nello stomaco come un macigno, impossibile da spostare, radicato tra le pareti della mia mente mentre punge con le spine dei suoi rami il mio cuore.

Chissà perché deve far male. Ho appena accettato l'istinto di sopravvivenza e la curiosità che necessita, ma questo male che nasce in me non è giusto, mi fa sentire vuota.

Esiste davvero qualcosa in grado di riempire un tale vuoto? Forse è "normale" che questo vuoto esista, forse non c'è nessun vuoto ma è solo un'apparenza, forse è così e basta.

Eppure, dolore a parte, sento come un brivido che mi dice che non è così, è quasi impossibile, anzi, certamente lo è, da pensare soltanto ma c'è una vaga idea, una scia di sensazione che mi fa credere diversamente. Che sia la speranza? Così lodata e amata ma ora, vista sotto una nuova luce, appare una semplice complice della curiosità, nient'altro.Non c'è più magia né musicalità in lei, solo una forza necessaria a darci la spinta per camminare.

E sul sentiero della sopravvivenza cammino muovendo le mie gambe di curiosità, spinto dalla speranza, l'altra faccia della medaglia della curiosità.


Ora rileggendo tutto quasi rido, rido perché ho parlato dell'inesistenza dei nessi che vogliamo dare a ogni cosa, o comunque la loro poca importanza,   e guardate un po' che cos'ho appena fatto. Ho appena collegato ogni cosa, perché ne sentivo la necessità.

Mi sento un cane che gira in tondo tentando di mordersi la coda (invano)

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