Una catena d'infiniti

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Mi ritrovo ancora qui a scrivere delle medesime cose, utilizzando un linguaggio mediocre e confusionario. A sradicare le parole dal loro vero significato per impiantarle nel mio cuore dove di significati ne esistono almeno tremila.
Dilaniata nelle viscere dal contrasto che è la vita, forse in sè o forse solo la mia.
L'indifferenza che mi pervade è sempre appena sotto la gola, come uno di quei groppi che si hanno mentre si tenta di trattenere a stento le lacrime e il tremolio del mento, solo che a differenza di questi non ha alcuna ripercussione fisica ma solo mentale.
Indifferenza o apatia?
Sono indifferente agli altri o sono un'essere privo di sentimenti? A volte non lo so.
Mi capita di pensare che non m'interessa assolutamente nulla delle persone che mi circondano. Mi piace viziare la mia mente di mille particolari visivi o comportamentali delle persone ma non ci sono realmente affezionata; o meglio, sono affezionata a tali particolari ma non ai loro proprietari. È qualcosa che faccio per me stessa, per alimentare quell'ingorda che è la mia curiosità.
È come se succhiassi l'essenze di tutto ciò che mi circonda: piante, oggetti, persone, cieli e stelle e mare.
Con gli esseri umani è difficile, perché anche loro hanno le mie stesse doti, possono pensare come me e agire come me. Ogni volta che raccolgo il loro nettare è più come se mi lasciassi alle spalle l'involucro che li avvolge, quella pelle superficiale a cui non sono minimamente interessata.
Per gli animali, le piante e tutto il resto invece è molto più semplice: è come se fossero come appaiono davvero, nessun inganno. È vero, esistono piante e animali belli e letali ma questo fa proprio parte della loro maestosità e non dovrebbe essere affatto un punto negativo. È come vergognarsi di avere cinque dita delle mani, non ha senso, le abbiamo perché fa parte della nostra natura e ce le teniamo anche, a qualcosa serviranno pure.
E così penso.
Tuttavia le persone... sono troppo ingarbugliate per poter essere comprese a pieno, anche se a volte ho quella sensazione di aver in mano l'anima di ognuno, ma si tratta di un pensiero egocentrico ma soprattutto orribile. Penso che se qualcuno credesse di conoscermi al cento per cento a me darebbe fastidio, un sacco, mi verrebbe da urlargli contro cosa pensa che io sia, un computer?
Sarebbe orribile se qualcuno davvero potesse comprendermi a pieno perché questo significherebbe che ho un limite dentro me, un confine che mi delimita così tanto da poter essere visibile a qualcuno, è orrendo e spaventoso, spero non sia così.
Comunque sia io non mi affeziono alla gente. Non riesco a comportarmi con loro in modo del tutto naturale, mi sembra più di star rispettando una sorta di tacito accordo a cui si acconsente quando si inizia a conoscere una persona. A volte mantenere le regole di tale accordo è ancora più difficile, già non mi sento me stessa davvero, per cui spesso semplicemente le dimentico. Quando riesco a ricordarmele, comunque, è come se il mio corpo rispondesse involontariamente ma non per questo naturalmente.
È incoerente? Si lo è, ma per me è come mettere una mano sul fuoco e toglierla d'istinto.
Ma l'istinto è naturale? Si certo, eppure se ci si pensa uno potrebbe aver la volontà di tenere la mano ben aperta sopra la fiamma, è una volontà non concessa ma pur sempre una volontà.
È abitudine mantenere un accordo così tra conoscenti. È come firmare un contratto di appartenenza. Tu sei mio e io tuo, da ora ci apparteniamo e siamo obbligati a rispettare le regole dell' "etichetta etica e morale".
Forse fa parte della mia natura di essere umano, ma questa mente che, in qualche modo, ci è stata donata (da chi o da cosa non lo so) è così meravigliosa che non posso assolutamente credere di aver dentro di me un orizzonte, mi sento infinitamente estesa e sento che quest'infinito è infinito per me ma sicuramente per qualche entità superiore non lo è.
È come aprire una matrioska, come guardare uno specchio dentro uno specchio, come pensare agli infiniti universi che galleggiano chissà dove e in chissà cosa; è pensare all'infinitamente piccolo e all'infinitamente grande.
Ora mi viene in mente quel mito sull'origine del mondo, quello che dice che il mondo posa sopra il guscio di una testuggine e questa a sua volta posa sul guscio di una testuggine più grande di lei e via così, insomma è come se ci fosse sempre qualcosa oltre, come quando si sogna di salire una rampa di scale e vederne la fine senza mai raggiungerla se non con la mente.
Si procede sempre più oltre e ciò che per me è infinito non lo sarà per chi sta avanti a me, è una catena senza inizio nè fine, una catena d'infiniti.

Che cosa si prova davvero?Where stories live. Discover now