Il mio sfogo mensile

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A volte quando sono sola immagino di urlare ai miei genitori, mentre piango disperata, ogni cosa che ho dentro. Poi penso alle risposte che riceverei, che sarebbero insignificanti e mi farebbero vergognare o pentire di me stessa.
Allora mi sfogo nella mia testa e urlo lì dentro dove nessuno mi sente e trattengo silenziosamente i singhiozzi mentre stringo gli occhi fortissimo e le lacrime scendono calde a bagnarmi il viso.
Di solito sono rannicchiata per terra o sul letto e fisso un punto indefinito davanti a me, almeno finché questo non risulta sfocato a causa delle lacrime.
Quando urlo così nella mia testa ho voglia di stringere sempre più forte qualcosa e di graffiarlo e rovinarlo, di torturarlo. Subito dopo mi sento molle e priva di qualsiasi sentimento o emozione, accasciata nella stanza vuota della mia mente.
Starei per ore a piangere perché è il mio unico vero sfogo, è qualcosa di reale, ma ogni volta smetto dopo pochi minuti perché spesso ci sono i miei genitori in casa e io ho una costante paura che lo scoprano e inizino a fare una serie di domande stupide che mi farebbero vergognare di me stessa.
Quando sono sola sarebbe un ottimo momento per poter dar sfogo a tutto, ma anche se mi risulta facile trovare qualcosa per cui piangere, non mi piace comandare a bacchetta le mie emozioni così.
Ventitré ore su ventiquattro attivo la modalità superficiale e ottimista della mia mente e oscuro tutto il resto come se non esistesse; nell'ora successiva do via a tutto il casino che ho dentro ed è come se improvvisamente ogni cosa al di fuori di me stessa diventasse superficiale, stupida e inutile. E sento che in quell'ora esiste davvero la realtà, quella vera.
Ma alla gente cosa interessa la realtà vera?  Niente, e neanche a me perché non mi ci faccio niente se non del male.
È più facile vivere di frivolezze ed essere  frivoli. È molto più semplice.

E così sopprimo, ogni giorno, ogni cosa e poi quando tornerà quella piccola stupidaggine quotidiana il mio vaso traboccherà e allora mi sfogherò facendo uscire quel che basta per non impazzire in futuro ma anche nel presente.
È come se fosse un piccolo e breve autosalvataggio di me stessa, come il raffreddore che in realtà è solo un meccanismo che viene attivato per difendere il corpo da possibili infezioni.

Ci sono così tante cose per cui ho voglia di piangere ma sono troppe da analizzare.
In questo momento penso al fatto che io non ho qualcuno a cui tenga davvero se non la mia famiglia.
Sono un'egoista che vuole amici solo per non sentirsi sola e per usufruire di quelle piccolezze mondane come le uscite serali o un film demenziale al cinema. Li sfrutto, non tengo a nessuno di loro e mi chiedo perché non ci tengo, e mi chiedo se loro tengano a me.
Poi ho riflettuto bene e mi sono resa conto che c'è stata una persona al di fuori del nucleo famigliare a cui davvero ho voluto  bene, poi mi rendo anche conto che l'ho persa e che non ne troverò mai più una simile e se per caso succedesse probabilmente la farei fuggire di nuovo.
Sono così stupida che nemmeno riesco a capire se quella persona la amavo o semplicemente le volevo bene come ci si vuole tra veri amici.
Ma io non ho veri amici e nemmeno so cosa diavolo sia l'amore.
Non so orientarmi da nessuna parte, non so da dove iniziare e non so nemmeno se voglio iniziare.

Mi chiedo cosa succederebbe se non tenessi nemmeno ai miei genitori.

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