Per la prima volta mi è tornato in mente Harry e il suo continuo ricordarmi delle potenzialità che possiedo ma che ancora devo tirare fuori. Mi sono ricordata di lui, e del fatto che questa volta sia necessario che mi salvi da sola.
Ho pensato di nuovo. Con le mani avvolte intorno bordo del lavello e i capelli a coprire il mio viso paonazzo. Ho pensato di nuovo.

"Sbrigati!"

E ho afferrato il pomello del cassetto appena di fianco alla porta, facendo pressione contro il legno marcio e umido per estrarre il lungo chiodo arrugginito che lo fissava in esso.
L'ho nascosto nella tasca, e con ciò è tornato il mio silenzio.

Oggi, al crepuscolo del secondo giorno, il mio segreto è ancora al sicuro. Sempre oggi, al crepuscolo del secondo giorno, mi rifiuto di mangiare. E aspetto. Il momento giusto non è ancora arrivato.

Ripenso ad Harry, e mi illudo che mi stia cercando e che sia pronto a salvarmi la vita come ha già fatto tante volte. Mi illudo che lui sappia dove mi trovo, e che sappia che io sto bene. Che non mi hanno fatto niente...

E proprio mentre la mia mente inizia a ripercorrere attimi passati, la mia pelle pare percepire il suono di passi diversi. Un andamento molto più pacato e calcolato. Non ho bisogno di alzare lo sguardo per capire che a scendere gli scalini sia Kendall.

Porta con sé il proprio profumo pungente e mi riserva uno sguardo magnetico e intenso, avvicinandosi a me con le mani nascoste in tasca.

D'istinto mi stringo le braccia al seno. Copro il mio petto. Lo faccio con energia, come se i suoi color muschio bruciato potessero leggervi dentro i miei sentimenti che iniziano ad impazzire. Trattengo il respiro e percepisco il lento gocciolare. Suono che si unisce al suo respiro e al suo calmo avvicinarsi.

"Lily." Mormora, lasciando che il mio nome scivoli dolcemente lungo la punta della sua lingua, la quale si arriccia contro il palato e torna a ritrarsi dopo un lungo sospiro. Ha uno strano effetto su di me - è come se mi risvegliasse da un brutto incubo. Mi ricorda che sono reale, che lui è reale. Che non è tutto frutto della mia immaginazione.

Lo osservo con occhi attenti. Lui piega le ginocchia e solleva i talloni per mantenersi in equilibro quando si sporge nella mia direzione per chiedermi se io abbia mangiato. Scuoto la testa, il mio cuore palpita violento. Sembra esplodere ad ogni battito, sgusciare fuori dalla gabbia toracica.

Lo sento dimenarsi in gola.

Lui trascina la lingua lungo i denti e l'interno guancia, facendo correre gli occhi all'acqua e al pane che sono rimasti intoccati vicino a me.

"Dovresti mangiare qualcosa."

Una strana rabbia inizia ad affondare i propri artigli aguzzi nella mia pelle. Mi azzanna le mani...e mi costringe ad ingoiare profondi sospiri.

Quindi, "vattene" replico senza guardarlo, col corpo che trema e le unghie che scavano lentamente nei palmi delle mie mani. Il mio stomaco si aggroviglia. Lui risponde con una piccola risata.

"Come vuoi." Il suo tono di voce è arrendevole. "Mi-" e si ferma. "Mi dispiace."

Mi mordo la lingua, le mie spalle hanno un sussulto. Kendall accoglie il mio silenzio e abbassa il capo, rilasciando un profondo respiro prima di rimettersi in piedi.

"Tornerò domani mattina."

Seguono la notte e la luna e le stelle. Per la prima volta il mio corpo cede alla stanchezza e si abbandona contro la parete, trapassato dal freddo e dalla fame. I miei sogni sono tormentati da occhi verdi e occhi grigi, da mani sporche di sangue e da treni persi. I pensieri mi riconducono a Harry. Le immagini sono confuse, ma percepisco la sua vicinanza. E lo perdono nel momento in cui il mio corpo si risveglia dalla paralisi nel cuore della notte, scosso da grida di terrore. Lo perdono nel momento in cui la diga rompe gli argini. Gli incubi prendono il sopravvento, il mio sonno si interrompe ma nessuno si preoccupa di raggiungermi.

Qualcosa di importante si respira nell'aria della terza mattina. La luce che filtra dalla piccola inferriata posta in alto alla parete si mischia all'aria fresca e all'odore di terra bruciata, che annuncia il riversarsi del sangue.
Accarezzo la tasca dei miei jeans e percepisco il metallo gelido del chiodo arrugginito che vi custodisco. Attendo.

E poi accade qualcosa di strano e di inatteso. In un primo momento il tempo pare rallentare, fermarsi e poi riprendere il suo lento corso, come se anche lui fosse in attesa di qualcosa. Successivamente il lento gocciolare - quello lontano, quello dalla lenta cadenza - pare interrompersi, e tutto tace. Un silenzio così forte che mi trema il cuore. Allora deglutisco e afferro quella che è la mia piccola arma, avvolgendovi intorno le mie dita sudate e tremanti e facendo sgusciare la mano fuori dalla tasca. Mi tiro in piedi con pacatezza e rimango in ascolto. Il vento sibila incerto.

Comunque mi tremano le ginocchia. Ho le rotule di gelatina, le articolazioni che si sciolgono sotto il peso della mia paura. La gola secca e gli occhi attraversati da aghi invisibili.

E quindi, semplicemente e inevitabilmente, accade. Lo percepisco in lontananza, un leggero rombare di motore che si avvicina selvaggio e inarrestabile. Lo ascolto coi sensi all'erta, vivi, affamati. E così  inizio a scandire il tempo col folle battito del mio cuore.

"Vieni qui. Non guardare. Va tutto bene."

"Harry..."

"Va tutto bene. È finito. Non ti farà più del male."

Al decimo battito cardiaco, esplode il primo proiettile.

Sì, è arrivato Harry. Sì, sono tornata. Sì, il prossimo è l'ultimo capitolo. Poi arriva Alienatio, anche se non c'entra un cazzo. (Comunque la parte in corsivo è un veloce flashblack)

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