Capitolo 42

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Capitolo essenziale per riuscire a capirci qualcosa. Leggete bene.

M sta per Morgan. È un soprannome.

Harry's pov

Morgan ci accoglie con aria stranamente tranquilla. Occhi attenti, portamento sicuro, sguardo cupo.
Saluta Lily alle mie spalle con un cenno del capo, e nel frattempo io esorto uno dei nostri uomini nella stanza di avvicinarsi.

"Controlla che stia bene e che la ferita non peggiori. Portala nella stanza in fondo al corridoio e aspetta che io arrivi. Se vengo a sapere che le hai dato fastidio in qualche modo, ti ammazzo. Ora vai." Sbotto liquidandolo con un cenno della mano.

Lily, nel momento in cui Walter le si avvicina, mi rivolge uno sguardo carico di odio: so che vorrebbe replicare, che vorrebbe dirmi che sta bene, che vorrebbe essere trattata come una persona e non come un oggetto, ma comprende la difficoltà nel quale l'intera situazione è piombata ed è abbastanza intelligente e paziente da non iniziare a lagnarsi.
Sono consapevole anche del fatto che lei si trovi ancora più al perso, in un luogo che non conosce e con delle persone di cui non si fida.

"Farò presto." Prometto a bassa voce, ma lei scuote la testa ed evita il mio sguardo. Poi, senza voltarsi, segue i passi di Walter e sparisce in corridoio.

Il rimorso mi azzanna le viscere. Premo i denti nella morbida carne del labbro inferiore per scaricare almeno una piccola parte della tensione che sale, sale e si espande, lasciando cadere le mani lungo i fianchi.

Morgan attende la mia parola, trascinandosi le dita lungo il mento e la mandibola.
Il suo personaggio complesso e poco incline alla menzogna mi ha sempre dato da pensare, perché non sembra trovare una direzione propria. Il nostro primo incontro risale a qualche anno fa: è grazie a Morgan se io e i ragazzi abbiamo trovato coraggio a sufficienza per fuggire da Scott, è grazie a Morgan se tutti abbiamo ancora la testa sulle spalle, è grazie a Morgan se Lily ancora è al sicuro, è grazie a Morgan se tutti noi abbiamo ancora qualcosa con cui campare. Che i soldi non si inventano, non si possono immaginare.

Morgan è il padre dell'associazione. È il burattinaio, il capo, il ladro e l'assassino - ed io, tutti noi, abbiamo le mani sporche per immagine riflessa.
Da vittima a carnefice, è così che funziona. No?

"Gli altri stanno arrivando." Sospiro, evitando di far incontrare i nostri occhi. "Ryan mi ha detto ciò che è successo."

"Li avete uccisi?"

"Sì. Tutti quanti."

Morgan annuisce, trascinando la lingua sulla carne scura delle labbra.
"Chi erano?"

"Steve Rotth, David Youth e Shawn Hughes." Mi passo i palmi delle mani sul viso. "Non ricordavo come ci si sentisse ad uccidere una persona."

"Ti sei sporcato le mani?"

"Sì. Lo rifarei."

Con lo sguardo seguo i suoi movimenti lenti, il suo piccolo cenno a proseguire con lui nel suo studio, il suo continuo e quasi morboso sbattere le palpebre ogni volta che i suoi occhi si focalizzano su oggetti e persone diversi.

Nella stanza riconosco Thomas, Tyler e altri cinque uomini, disposti in un punti diversi e con addosso sguardi totalmente smarriti: comprendono solo adesso la gravità di ciò che sta accadendo.

Mi lascio cadere sul divanetto color panna vicino alla biblioteca da cui estraggo un vecchio volume, iniziando a sfogliarlo con aria annoiata mentre Morgan si sistema alla sua scrivania. L'aria intima dello studio creerebbe un'atmosfera tranquilla e pacifica, se non fosse che stasera io, Ryan, Benjamin, Josh e Lily - lei in particolar modo - abbiamo rischiato di essere fatti a pezzi.

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