Capitolo 34

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Harry's pov

Mi porto il capo di Lily contro il petto, perché ancora percepisco il suo respiro farsi spezzato.
Sale le scale al mio fianco seppur con difficoltà e mi fa notare con un sorriso che le è complicato farlo, ho il braccio intorno alle sue spalle: con una leggera gomitata mi esorta a lasciarle spazio.

"Sei così espansivo, ultimamente." Borbotta tra i capelli, iniziando a sbottonarsi il cappotto strada facendo. Volto di poco il capo nella sua direzione solo dopo aver inserito la chiave nella serratura della porta di casa, mostrandole un sorrisetto carico di scherno. Lei non lo sa - nemmeno se lo immagina - ma l'idea di farle scivolare i vestiti oltre le spalle mi ha sfiorato più volte stasera. A fermarmi è stata la consapevolezza che entrambi stiamo indossando una maschera di indifferenza per nascondere un'angoscia di base - ed è passato solo un giorno.

"Non mi sembra che ti dispiaccia." Sibilo questa frecciatina divertita mentre mi chiudo la porta alle spalle, lanciando le chiavi e il cappotto sulla sedia di fianco all'ingresso.
Lily non replica. Si guarda intorno come se vedesse queste pareti per la prima volta, muove passi incerti, ruota lentamente su se stessa. Si ferma e mi osserva, mostrandomi un sorriso.

"Vieni."

Il suo giubbotto viene posato sul divano. La pacatezza della sua voce e la curva morbida delle sue labbra che si arricciano mi riempiono di una strana eccitazione, tanto che appena la raggiungo il suo viso ruota nella direzione opposta per non mostrarmi la risata che è in procinto di nascere.

Cerca le mie mani quando si muove, non lo richiede ma desidera polpastrelli che le sfiorino i fianchi e il viso. La sua tendenza al vittimismo nasconde una base di fondamentale egocentrismo che, a mio parere, lei nemmeno è consapevole di possedere. Mi osserva e i suoi occhi mi dicono guarda solo me, bacia solo me. Perché non mi stai accarezzando?

Un sorriso prende vita sul volto di entrambi: io perché sono consapevole, lei perché non lo è affatto.

"Benjamin tornerà in tarda mattinata, comunque." La avverto poi, arricciando intorno al dito indice una ciocca dei suoi capelli corvini.
Ottengo l'effetto desiderato: sul suo volto rimane intonacata la serenità, ma nei suoi occhi si accende l'inquietudine. Rimane sempre lei, sempre Lily: ma di che hai paura, sciocca? Una risata riempie la distanza tra i nostri corpi, e lei mi segue seppur ben lontana dall'essere divertita.

"Non voglio sembrarti ripetitivo." Mormoro. Le mie mani si stringono sulle sue spalle, le mie dita affondano nella sua carne. "Ma devi smetterla di sentirti così tesa quando siamo soli."

"E tu devi finirla di dirlo ogni volta."

Scuoto la testa, le rubo un bacio sul collo. "Non mordo, Lily. Ricordatelo."

E sì, siamo qui, io e lei: la ragazza che mi porterei contro il petto nell'esatto istante in cui distoglie lo sguardo dal mio; io, la sua pelle, me la farei scorrere addosso tutta la notte - eppure rimane quel sottile confine tra odio e amore che con lei non sembra aver né inizio né fine.
Quando mi bacia e quando mi respira addosso mantiene una rigida distanza senza nemmeno rendersene conto. E più scavo, più tento di portarla oltre quel sottile filo dorato, più lei sembra chiudersi nella sua mente corrotta dal timore.

Non ho sonno, comunque. Raggiungo il bancone della cucina e mi siedo su di esso, annuendo quando Lily mi chiede il permesso di bere qualcosa. Ha la gola secca, lei.
Decido di aspettare qualche minuto, di attendere il momento in cui si porta il bordo del bicchiere in vetro alle labbra. Poi "quanti ragazzi hai avuto, fin'ora?" le domando tranquillo, avvolgendo le mani intorno al bancone di freddo marmo.
Esprimo la mia curiosità con finta innocenza, ché è voglia di conoscere - eppure fatta con malizia. La ragazza di fronte decide di prendere il suo tempo prima di rispondere. Deglutisce lentamente ogni sorso d'acqua e mi guarda nella speranza che io stia scherzando, ma capisce presto che non è così: le mostro un sorriso e uno sguardo d'intesa.

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