Capitolo 16

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Per questo capitolo ascoltate la vostra canzone preferita.
E sedetevi.

Lily's pov

Certe volte ignorare il proprio dolore risulta impossibile.
Provi a tenerlo distante dai tuoi pensieri, ma semplicemente non ne sei capace - avvelena tutto ciò che ami e lo trasforma.
Quando dormi, quando mangi, quando provi a distrarti: lui trova il modo di insidiarsi nella tua mente e di renderla schiava. Allora non ti resta che abbandonarti ad esso, sperando che non ti annienti come invece credi che farà.

È per questo che nel mio cervello si ripresenta ininterrottamente il viso mostruoso di Alexander Johnson.
Il suo ghigno distorto, le sue mani grandi e violente, sempre pronte a stringersi intorno alla mie pelle.
Il fatto è che raramente ho ricevuto tocchi gentili. Le poche volte che mi è successo mi sembrava di essere presa in giro - come quando mi fanno un qualsiasi tipo di complimento: cosa diavolo sta dicendo, questo qua?

Quando le persone ti umiliano, inizi a disgustarti di te stesso nonostante tu non abbia alcuna colpa.

Ho cominciato a cambiare all'età di otto anni. Ero una bambina solare, piena di amici e con la voglia di vivere che sprizzava da tutti i pori, finché mio padre non è cambiato - la prima volta che mi picchiò era marzo.

Ricordo che non riuscivo a capire come mai fosse così nervoso una volta tornato da lavoro. Di solito, dopo cena, mi prendeva in braccio e mi teneva con lui sul divano: ma era un po' di tempo che non lo faceva più.
Quella sera mi aveva chiesto di fare qualcosa per lui - o meglio, me lo aveva ordinato - anche se non ricordo precisamente cosa. E io rifiutai. Ero indispettita come lo può essere una bimba di otto anni che cerca solo di attirare l'attenzione di un padre amato ma distante.

Il ricordo è chiaro e lampante e mi crea un brivido mentre mi stringo nella coperta che Benjamin mi ha dato per la notte.
Riesco ancora a percepire le sue mani serrarsi intorno alle gambe per la prima volta: meraviglia, terrore, incomprensione e dolore.

Dolore che mi sono portata dietro durante la mia fanciullezza e poi adolescenza, quando mi coprivo sotto vestiti di taglie più grandi - prima per nascondere le botte e poi per vergogna. Non sono più riuscita a farmi vedere in costume o in intimo da nessuno, semplicemente perché le ferite esterne erano diventate profonde e mi avevano turbata dentro.

Adesso colui che ho sempre reputato il mio peggior nemico è morto. Non esiste più, non respira, non cammina - la morte mi è così estranea da essere per me un elemento incomprensibile.
Dovrei esserne felice, penso. O almeno sollevata.

Ma non lo sono.

Non lo sono per il semplice fatto che ne siamo usciti tutti sconfitti in partenza: io ho perso un padre, e mio padre ha perso tutto.
Non ho mai avuto l'affetto di una figura maschile al mio fianco e mai lo avrò - non più.

Vorrei solo che mi avesse chiesto perdono, anche se non glielo avrei concesso. Vorrei...Vorrei solo che lui si fosse pentito di avermi fatto male.

E poi ci sono così tante altre domande nella mia testa che decido di lasciar perdere, di ignorare - Perché non ne posso più di pormi quesiti che non avranno risposta.

Qui, nel mezzo della notte, sul divano di Harry e Benjamin, accolgo il dolore a braccia aperte e lascio che mi uccida. Mi avvolgo nella coperta e mi raggomitolo su me stessa, premendo con forza il viso contro il cuscino per non essere sentita.

Sono nelle loro stanze, loro. Mi hanno portata via dopo l'accaduto, cercando di tranquillizzarmi senza riuscirci - e sono passate già ore. È tutto buio, fuori e dentro di me, e il silenzio avvolge la struttura - lo farebbe completamente se non fosse per il pianto che riesco a malapena a trattenere.

Dangerous [hs]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora