Capitolo 30

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Io vi VIETO categoricamente di ascoltare questo capitolo senza musica. Ascoltate che cazzo vi pare, ma fatelo. Ora.

Lily's pov

Ho smesso di credere in Dio ormai da anni, eppure mi capita spesso di aggrapparmi alla speranza che, lassù, ci sia qualcuno pronto a tirarmi fuori dalla disperazione che preme per nascere.

Invoco Cristo perché certa della sua presenza al mio fianco quando piango, sebbene la mia distanza da tutto ciò che riguarda la religione: un forte controsenso.

Credo nel destino, nel male che ritorna e nel bene che premia, e credo nel mondo bastardo che non riuscirò mai a conoscere in ogni sua piccola parte.

Credo nell'odio e nell'amore, nell'amicizia, nella discordia e in tutto ciò che non è visibile ma si può percepire con mente e cuore aperti.

Credo anche che, se qualcosa accade, è perché ha motivo d'accadere. Fatalista ci sono nata, ma spesso è stata la mia disumana capacità di osservazione a permettermi di orientarmi negli sguardi persi delle persone che mi circondano.

L'interpretazione dei sogni di Freud è posato e aperto sulle mie cosce unite, eppure gli occhi di ghiaccio del magnetico sconosciuto mi impediscono di continuare la lettura.

Il piccolo pub di periferia nel quale mi trovo è poco conosciuto in zona e vi si vedono spesso le stesse facce - è il mio piccolo angolo di paradiso in momenti morti come questo, perché mi ci rifugio in silenzio e con una tazza fumante tra le mani la spossatezza accumulata sembra dissiparsi improvvisamente.

Poco distante da casa mia, il Red Lion rimane scarsamente frequentato. Sarà il proprietario, sarà la gestione o la zona, ma la gente qui è sempre la stessa.

Poi però la mia mente torna a concentrarsi su Freud che dice che il sogno non è altro che la soddisfazione di un desiderio, che il sogno è il custode del sonno, che il sogno spesso esprime ricordi e immagini che il sognatore, da sveglio, non sarebbe in grado di rammentarsi.

Giro pagina ma gli occhi mi si inceppano e sono costretta ad alzare lo sguardo perché il cuore mi martella troppo forte in mezzo al petto: lui è ancora lì. Quelle due sclere di ghiaccio ancora bramano le mie più timide e paiono mangiarmi viva. Con quell'aria dispotica e assolutista, la sua pelle è teatro di immagini agghiaccianti che si susseguono fino a raggiungere il collo, le tempie e il capo privo di capelli.

Deglutisco e torno a posare lo sguardo sulle pagine del libro che tengo sulle gambe, fingendo un'indifferenza contorta ed effimera. La testa pare martellarmi.

Ho imparato a distinguere i diversi tipi di sguardi che la gente mi rivolge, e quest'aria è satura di morboso interesse. Occhi indemoniati che cercano i miei, bassi. Mani strette sul tavolo sgombero, busto largo e spalle di colosso, mascella tagliente e sopracciglia folte e scure. La sua presenza è ingombrante e aumenta il mio respiro corrotto dall'inquietudine.

Decido che è arrivato il momento di andarmene. I miei movimenti sono meccanici e lo zaino più pesante di quanto lo sarebbe se le mani non mi tremassero. Chiudo il libro, lo sistemo insieme agli altri e faccio scorrere la cerniera con lentezza agonizzante e tempie martellanti. Un grido disperato lotta per nascere.

Mi alzo con le ginocchia che, molli come gelatina, rallentano ogni passo verso l'uscita del pub, rendendoli innaturali e scoordinati.
L'aria gelida di gennaio mi soffoca e mi porta a socchiudere gli occhi e ad abbassarli. Il vento fischia nelle mie orecchie e suona come il lamento disperato di un'ombra non troppo distante dal mio inconscio.

La nebbia mi appiccica addosso una strana malinconia, e presto trascino entrambe le mani all'interno delle tasche del mio giubbotto nel tentativo di scaldarle e di reprimere il tremore.
E io sento prima il petto allargarsi per far spazio al caos che mi tormenta, poi lentamente si restringe e così rimane: una stretta soffocante che mi affatica.
Il respiro si condensa in nuvole gelide e il ritmo dei sospiri si fa incontrollato: volto il capo per guardarmi alle spalle e la strada è deserta.

Dangerous [hs]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora