"Bene," commenta dopo essersi fermato in mezzo alla stanza: petto scoperto, braccia incrociate dietro la schiena, capo inclinato. "Sono tutto tuo."

Rimango interdetta qualche istante, fissandolo con un cipiglio a distorcere i miei lineamenti.

"Non dovresti essere tu ad iniziare? Mica devo aggredirti io." Sorrido, legandomi i capelli in una veloce acconciatura per scoprire il retro il collo.

"Avvicinati."

"Però fai piano."

Le mie parole gli strappano un sorriso che rimane intonacato sulle sue labbra anche quando prendo ad avvicinarmi, seppur tentennante, seppur confusa.
Sinceramente? È nato tutto per gioco, ma le sue intenzioni paiono fin troppo serie.
Stuzzico gli angoli delle labbra con la punta della lingua, facendomi poco a poco sempre più vicina a lui, che rimane immobile: la smorfia di sfida che si apre sul suo viso perfetto fustiga quella parvenza di orgoglio che mi tengo stretta come se da essa dipendesse la vita mia intera.

"Dovrei picchiarti, amore?"

Fa spallucce, inarca le sopracciglia. Sorride, ma non risponde.

Dopo qualche istante di silenzio, tento quindi di provocare una sua reazione - ché lui è in attesa, sta aspettando, sta aspettando - chiudendo la mano destra a pugno e colpendo il profilo della sua mascella - ma aspetta! Non faccio in tempo nemmeno a sfiorarlo: il mio polso è già afferrato e stretto, strattonato, la mia schiena già è premuta contro il suo addome. Il suo braccio è già avvolto intorno alla mia gola e, se solo lui volesse, per rompermi il collo basterebbe un crack.

"Okay." Deglutisco. "Ho capito."

Aggrovigliata e stretta, una strana passività mi stringe la gola.
"Prova a liberarti." Mi esorta Harry. "Ti trovi in questa situazione, okay. E cosa fai?"

"Urlo."

"Bene. Oltre a quello? Ci metterei dieci secondi a soffocarti, da questa posizione."

Un sospiro abbandona le mie labbra. Mi prendo il mio tempo per sfiorare il suo avambraccio con le unghie, affondandole nella carne per suscitare una sua reazione. Che non arriva.

"Non saranno le tue unghie a liberarti. Ragiona."

Pesto il suo piede col retro della scarpa, forte, e un gemito infastidito gli rompe la voce: ma non si muove, e io mi sento soffocare.

"Allenta." Gli chiedo, dimenandomi nella sua stretta.

"No. Liberati da sola."

E io, una bimba capricciosa e infantile, lo sono sempre stata. Un lamento e un piagnucolio seguono uno scalpitio di piedi e mani privo di senso, ma ad ogni mio movimento la stretta di Harry si fa sempre più soffocante, diventando causa di panico e rabbia. Un cocktail letale.

"Lasciami, per Dio!" Suona come qualcosa che direi realmente in caso di pericolo, suona come una nenia fastidiosa: con le braccia bloccate dietro la schiena e la gola avvolta e stretta, la sconfitta mi cade addosso come una cascata di petrolio e veleno.

"Non lo so, Harry." Dico infine. "Non so come fare, se non me lo dici. Siamo qui per questo."

Evita di commentare, lui. Mi regala solo un sospiro, poi lascia scivolare le braccia lungo i suoi fianchi. Mi allontano di pochi passi, mi volto verso di lui: lo guardo.

"Davvero, Lily, se devi reagire così allora possiamo anche non iniziare. Questo non è lo spirito giusto." Si passa le mani tra i capelli, gesto che compie in qualsiasi circostanza. "Impara a mettere più fiducia in ciò che fai. Non sminuirti. Okay?"

Annuisco, improvvisamente in imbarazzo. Emozione che nascondo con un falso sorriso, perché Harry, quando mi parla in tal maniera, ci mette tutta la vulnerabilità che è fin troppo bravo a tirar fuori a convenienza: si strugge per me, per il mio costante arrendersi. Lo manda fuori di cervello, questa passività.

"Va bene." Sospira di nuovo. "Adesso, prova a colpirmi. Ti faccio vedere una cosa."

Rispondo con un cenno del capo che lui ignora. Mi avvicino di nuovo, tentando di colpire il suo viso etereo con le nocche della mano destra: vengo bloccata velocemente.

"Guarda." Mormora, esortandomi a ripetere il movimento più lentamente - questo solo dopo avermi liberata ancora una volta.

Appena il mio pugno si avvicina alla sua mascella, Harry mi avvolge il polso con dita forti e, utilizzando la mano libera, finge di colpirmi alla gola con un colpo veloce e forte del calcagno.

"Te lo faccio rivedere."

Ripete lentamente i movimenti precedenti, mostrandomi come - almeno in linea teorica - bloccare un pugno avversario e colpire un possibile aggressore alla gola.

"Posso provare?" Domando. Ricevo una risposta affermativa, allora applico le dritte precedenti sullo stesso maestro: ma sembra troppo facile, troppo scontato.

"Non penso servirà a molto, però." Mormoro. "Non sarei in grado di bloccare un pugno reale."

"Ti ho già detto che questo non è lo spirito giusto." Sorride, accarezzando le mie spalle con i palmi caldi. Un vano tentativo di rassicurarmi?

"Proviamo ancora. Tenta di liberarti."

Non finisce nemmeno di parlare che affonda una mano nelle ciocche scure dei miei capelli per farmi piegare il collo e bloccare le mie mani; ma lo sento, percepisco quanto lui stia tentando di usare del tatto sebbene sappia che, se qualcuno realmente volesse farmi del male, non ne userebbe.

"Colpisci coi gomiti." Sibila, affaticandosi per riuscire a tenermi ferma: agisco come farei se davvero mi trovassi in una situazione del genere, guaendo con rabbia e dimenando fianchi e gambe. Cerco le sue ginocchia, la carne debole del ventre - e poi ho del riguardo anche quando urto le sue costole col gomito e il suo mento con la nuca. Harry geme, allentando la presa per un solo istante: questo mi è sufficiente, perché colpisco nuovamente le sue caviglie coi talloni e strappo le mie braccia dalla violenza delle sue mani, voltandomi e indietreggiando con furia troppo evidente.

"Ti ho fatto male?" Domando col respiro affannato, sorridendo quando Harry si passa una mano tra i capelli e mi regala una piccola smorfia.

"No, Lil, ma mi sei piaciuta. Da capo."

La scena si ripete per altre tre volte: usa i gomiti, colpisci il viso col capo, così, brava bimba. Lo vedi, lo vedi che lo sai fare?

Arrivo al punto in cui realizzo che forse Harry stia usando troppa delicatezza.

"Ma lo sai che riesco a liberarmi solo con te, io?"

Alza gli occhi al cielo, ma non replica. Nemmeno questa volta. Il suo petto si dimena a ritmo dei respiri affannosi che lo scuotono.

"E tu, tu ti fiderai mai di me?"

Le sue parole mi deludono più di quanto dovrebbero, perché suonano serie. Pesanti.

"Io mi fido di te. Non sarei qui se non lo facessi."

Lo abbraccio, rilasciando un forte sospiro e affondando in quel calore di pelle e carne che sono le sue labbra.
Saranno i mesi che passano e le persone che cambiano, ma Harry non mi è mai sembrato più diverso dopo il tempo che mi ha concesso di condividere con lui: la pacatezza. La comprensione. La pazienza.

Ancora un po'. Posso restare con te ancora un po'?










Sì, sono parole a caso, sì, io ho perso ispirazione, sì, io sono in mega ritardo e sì, sto capitolo non ha senso ed è pure vuoto. Faccio succedere un disastro nel prossimo, vediamo se così ritorna l'ispirazione. Addio.

Dangerous [hs]Where stories live. Discover now