Torno sui miei passi e deglutisco, osservando i miei piedi inseguirsi sul cemento bagnato e scivoloso. Le suole con continui toc toc toc e io che respira, dov'è che sto andando?

L'inquietudine mi rende schiava. I capelli mossi dal vento colpiscono il mio viso arrossato come morbide fruste, e la ghiaia sotto i miei piedi scricchiola di sottofondo ai miei sospiri ansimati. Mi volto di nuovo e alle mie spalle tutto tace, ma il tumulto pare crescere. Il vento sembra gridare aiuto.

Gli occhi di ghiaccio del magnetico sconosciuto mi hanno lasciato addosso un marchio sporco di puro terrore, impresso su pelle e inciso nella parte più profonda della mia mente. Presto inizio a mormorare, ma il silenzio è più rumoroso della mia voce rotta.

Comprendo che l'aria è satura di aspettative indicibili e di sussurri che avvertono, che mettono in guardia: la quiete prima della tempesta, il ribaltamento dei ruoli e delle situazioni. Inizio a rantolare. La disperazione mi serra la gola e desidero solo avere qualcuno al mio fianco che mi prenda la mano e mi trascini via dal fango che mi si appiccica sotto le suole.

Poi le orecchie iniziano a fischiare e finiscono di rincoglionirmi. Comincia tutto con brividi caldi e freddi, seguono tremolii e muscoli troppo rigidi e doloranti. E in fondo alla strada il motore di un Suv nero inizia a ruggire, crepando il silenzio e infrangendolo in miliardi di schegge di vetro.
La mia pelle assorbe il terrore mentre volto il capo, annegando nei suoi occhi di serpente che adesso gridano parole d'odio e di violenza.

L'adrenalina entra in circolo. Sento le dita e la lingua prudermi e la carne morbida scaricare la scossa elettrica in forti sussulti e - e poi il mio cervello stacca la spina, perché non ricordo nemmeno come ci sono arrivata qui, e neanche come ho fatto a trovare coraggio a sufficienza per voltarmi e iniziare a correre.

Il panico prende il posto del sangue nelle mie vene. I rami taglienti degli alberi mi graffiano il collo e le braccia eppure i miei passi continuano ad aumentare, e la testa gira forte. Forte. Inizio a sbattere le palpebre per far sparire la macchia nera che mi oscura la vista, ma l'erba è piena di fango e io sto urlando perché alle mie spalle i rami a terra vengono spezzati da passi pesanti e frettolosi. Ingordi di ridurre la distanza.

Me lo sento addosso, mi sembra di percepire le sue mani agguantarmi le caviglie per trascinarmi all'inferno.

Vorrei morire nel preciso istante in cui la voce mi si rompe. Vorrei chiudere gli occhi e sbattere la testa fino a spaccarla come un uovo, vorrei crollare a terra e liberarmi del disumano che dentro alberga e sconquassa tutto. Tutto. Tutto si ribalta, si trasforma, si altera, annega in un mare di nero petrolio e la testa si svuota e si riempie ad ogni battito sordo.

Grida disperate spezzano il silenzio. Il fango sotto i miei piedi aumenta e presto mi strappa via la speranza, perché la caviglia sinistra si piega con violenza sotto la spinta dell'adrenalina e il mio corpo scivola, colto da un capogiro. Crollo a terra e inizio a soffocare. 

Nessun suono oltre a un mormorio spento lascia le mie labbra. Sento solo un tuono, un vetro che si infrange, lo stridere di un treno sulle rotaie seguito dal silenzio - ma è tutto nella mia testa, perché ci sono sforzi che il mio corpo non riesce a sopportare e perché un respiro animalesco è percepito a poca distanza dal mio, ancora rotto.

Inizio a urlare prima ancora che una mano mi agguanti i capelli con violenza, poi lascio fare tutto all'adrenalina che mi spinge a serrare le mani tremanti intorno al polso del mostro che mi sta trascinando in piedi senza pietà.

La mia caviglia è colta da una fitta di puro dolore, comparabile al morso di una bestia avvelenata dalla furia.

"Lasciami andare!" Piango, dimenandomi con forza nel momento in cui la mia schiena collide col suo petto ampio e soffocante. Le sue dita ancora sono serrate sulla mia nuca, intrecciate nelle mie ciocche scure. Mi sta strappando il cuore. Mi sta umiliando. Mi sento morire.

Dangerous [hs]Where stories live. Discover now