Capitolo 157: La Guerra: Il Branco

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Un debole tintinnio echeggiò attraverso le pareti. Non avevano incontrato bene i loro vicini - si erano limitati a salutare timidamente nel corridoio - ma sapevano di avere un orologio a pendolo, perché suonava ogni ora ed era così rumoroso che potevano sentirlo nel loro soggiorno. Erano le quattro e in pieno Inverno, il che significava che il tramonto era imminente.

Remus si sedette lentamente, gettando da parte la flanella. Gli faceva male la schiena, i primi dolori gli dicevano che la luna stava arrivando.

"Sarà meglio che vada", disse.

Sirius lo fissò, colpito. Remus fece una smorfia, alzandosi. Si avvicinò e baciò la fronte di Sirius. "Vai dai Potter. Starò bene. Onestamente, vai sempre in missione".

"Non così! Roba difensiva, servizio di guardia, portare messaggi, non..."

"Qualcuno deve farlo," Remus scrollò le spalle. "Preferirei che fossi io."

Pensò di nuovo a Danny e sussultò, scuotendo la testa per liberarsi del ricordo negativo. Continuava a venir fuori, da quando Remus aveva scoperto la verità sul perché Danny era stato trasformato. Dio, i McKinnon avevano tutte le ragioni per odiare Remus.

Si infilò le scarpe, allacciando con cura i lacci, anche se sapeva che presto avrebbe dovuto togliersele di nuovo. Indossava abiti babbani: questo era stato il suggerimento di Ferox. I licantropi non avevano idea di dove vivesse Remus, o di come stesse vivendo. Se Remus riusciva a convincerli che era stato evitato dal Mondo Magico, allora tanto meglio.

Si abbracciarono alla porta, la pelle di Remus già in fiamme, Sirius che si aggrappava a lui così forte che Remus pensava che avrebbe dovuto portarlo con sè dopotutto.

"Ti amo." disse Sirius nella sua spalla. Non l'avevano detto dal funerale di Hope, ma Remus non ebbe problemi a rispondere all'istante,

"Anch'io ti amo. Starò bene. Ci vediamo presto, te lo prometto."

E poi se ne andò, e si materializzò, e quando Remus aprì gli occhi era solo.

* * *

Era da qualche parte nel Derbyshire. Almeno così pensava. Stava diventando buio rapidamente e la fitta chioma della foresta lo rendeva ancora più scuro. L'aria della notte era molto fredda e pulita, ma Remus aveva già troppo caldo, e iniziò a spogliarsi subito. Era solo, dopotutto, non c'era bisogno di essere timidi. Tranne che non era solo; non completamente. Quella era decisamente una foresta magica, poteva assaporarla nella brezza, ascoltarla nel fruscio dei rami degli alberi invernali.

La luna iniziò a sorgere e Remus sentì il suo corpo iniziare a cambiare. Si appoggiò a una quercia, artigliando la corteccia con le unghie, le dita dei piedi che si arricciavano tra le foglie ammuffite.

Gli alberi sembravano empatizzare. La terra si sollevò per incontrarlo, il terreno umido rinfrescava la sua pelle febbrile, gufi e volpi e pipistrelli e tutte le creature notturne del bosco che gridavano mentre urlava e la sua pelle si squarciò e le sue ossa si spezzarono e i suoi denti si affilarono, finché non fu non più Remus, e ululò insieme a loro.

Il lupo ringhiò, sferzando la coda. Non sapeva dove fosse, né perché fosse solo. Dov'erano gli altri? Dov'era il cane nero? Annusò l'aria, percependo qualcosa nelle vicinanze. Gettò indietro la testa e ululò ancora una volta, cantando alla luna.

Per la prima volta nella sua vita, il lupo non cantò da solo. Una cacofonia di belle voci si unì, rispondendo, e lui corse loro incontro a tutta velocità. A ogni battito del suo cuore di lupo ansimava; casa, casa casa. Sono a casa.

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