4. La bassa Wealthill

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«Quindi credo che gioverebbe alla nostra immagine, non abbiamo fatto nulla del genere prima d'ora», finii di spiegare a mio padre

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«Quindi credo che gioverebbe alla nostra immagine, non abbiamo fatto nulla del genere prima d'ora», finii di spiegare a mio padre. Quel giorno era rientrato presto da lavoro, di solito io e Rose non pranzavamo mai con lui. «Dici sempre di rigirare a nostro vantaggio le situazioni sfavorevoli che ci capitano, penso che questo sia il miglior modo», continuai a dissuaderlo.

La mattinata non era trascorsa nel migliore dei modi, il pensiero che quel pomeriggio sarei dovuta andare nella periferia della città mi scombussolava. Avevo il terrore di metterci piede e l'unica cosa che mi tranquillizzava era il fatto che comunque non sarei andata lì allo stato brado, visto che al mio posto ci sarebbe dovuta essere Caitlyn. Qualche minimo di organizzazione ci doveva pur essere. La parte più dura sarebbe stata dirlo a mio padre e infatti il suo cipiglio mi aveva spaventato e non poco quando avevo iniziato, ma a fine discorso sembrava meno contrariato del solito.

«Non posso credere che ti sia fatta rigirare in questo modo, Megan», iniziò con sguardo severo, anche se nel suo atteggiamento nei miei confronti vidi una sorta di rassegnazione, come fossi una macchina che non sarebbe mai stato in grado di capire e poi aggiustare. «Però la tua idea non è malvagia. Sai quanto disprezzi quel postaccio, ma se voglio vincere le elezioni mi toccherà ingraziarmi anche quella fetta della città, per quanto sia insulsa».

Cercai di non rendere troppo evidente il sollievo sul mio viso, non mi sarei mai aspettata quella reazione e per giunta gli stavo dando anche una mano per diventare sindaco di Whealthill. Era stressato soprattutto per quello nell'ultimo periodo e il suo umore, già nero di suo, era diventato più scuro della pece.

«Felice di aiutarti papà!», esclamai, balzando in piedi dalla sedia. Lui annuì solamente, ragionando sul da farsi e spegnendo quasi la mia felicità nel compiacerlo, mentre mia sorella, del tutto disinteressata, guardava la tv e mangiava con gusto.

Feci per uscire, ma mi fermai quando mio padre mi richiamò. «Megan, fa' che questa sia la prima e l'ultima volta, non tollero che mia figlia si faccia abbindolare in questo modo. Nessuna delle due», scoccò un'occhiata anche a Rose, che aveva rivolto a noi l'attenzione, intimorita soprattutto dal suo vocione duro.

Sospirai, non mi sarei mai abituata allo sguardo di sufficienza e alla delusone palpabile nel tono di mio padre. Non lo aveva mai nei confronti di Rose, ma sospettavo che il motivo fosse la loro somiglianza. Lei era la sua copia, se non fosse per i capelli un po' più chiari, mentre io dovevo ricordargli molto mia madre. Avevamo gli stessi boccoli biondi, lo sguardo sempre pronto a saettare su qualsiasi cosa per carpirne tutti i segreti e i lineamenti delicati del viso.
Forse sperava che un giorno o l'altro fossi diventata lei, con i suoi modi sempre affabili, con la battuta sottile sempre pronta e la delicatezza che la contraddistingueva. Mi voleva come lei, ma io non ero perfetta e lui lo sapeva.

Una volta in camera stetti per mezz'ora nella cabina armadio, cercando di capire quale sarebbe stato l'abbigliamento più consono per un ambiente come la bassa Whealthill. Non volevo dare troppo nell'occhio, ma allo stesso tempo non volevo sembrare una di loro.

Beyond the surfaceWhere stories live. Discover now