18. Hide and seek

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Il mio periodo di reclusione doveva finire, avevo temporeggiato fin troppo

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Il mio periodo di reclusione doveva finire, avevo temporeggiato fin troppo.

Così due giorni dopo uscii dalla mia stanza e mi incamminai verso l'ufficio di Reed. Vedevo che era pomeriggio solo dall'orario segnato sul mio orologio, anche perché eravamo sotto terra e spesso dimenticavo che il tempo lì trascorreva.

Stavo andando da mio padre perché volevo farmi dare un altro allenatore. Sapevo che con Jackson non sarei mai stata in grado di mantenere tutto su un livello personale ed era meglio cambiare. Sperai solo che Reed non facesse troppe domande.

Ma appena voltai l'angolo però mi bloccai di colpo, sorpresa.

«Steven?» Guardai il ragazzino con le sopracciglia sollevate. Che ci faceva lì e perché sembrava che stesse correndo? Chi l'aveva fatto entrare?

Lui sbuffò. «Sì, lo so come mi chiamo... dai, vieni».

«Cosa? Dove?»

«Vuoi stare qui a fare altre domande o ti decidi a seguirmi?» borbottò ancora scocciato, ma notai un filo di eccitazione illuminarli il viso.

Stava combinando qualcosa. Così lo accontentai e lo seguii, curiosa di sapere cosa volesse fare.

«Okay, ti sto seguendo... ora mi dici che stiamo facendo davvero?» chiesi dopo un po', visto che camminammo per svariati minuti per quei corridoi asettici e dispersivi da sembrare un labirinto.

«Una volta arrivati», disse coinciso e sbrigativo e notai anche un accenno di sorriso mentre parlava.

Perché c'era solo lui là? C'erano anche gli altri? Mi erano mancate così tanto quelle piccole pesti.

«Va bene, capo».

Mi portò nella sala dei "ricevimenti" di Reed. Era quella più grande e malmessa, quasi alla periferia del complesso di palazzi che aveva tirato su con gli anni e che aveva nascosto alla perfezione. Ero stata portata lì dopo che mi avevano rapita e sempre in quel luogo avevano ribaltato tutta la mia vita con una sola semplice frase.

Erano passati più di sei mesi e a me sembrava una vita. Forse il tempo scorreva più veloce quando avevi una parvenza di felicità e quello mi faceva anche capire quando non lo fossi stata davvero per tutto quel tempo.

Spalancai quasi la bocca quando mi ritrovai di fronte una cinquantina di persone. I ragazzi dell'orfanotrofio e alcuni ragazzi che avevo conosciuto in quei mesi lì.

Era il mio compleanno e me l'ero dimenticato? No, non mi avevano urlato "sorpresa!" una volta avermi vista, anzi non sembravano neanche essersi accorti della mia presenza.

Parlottavano tutti tra di loro e la discussione sembrava anche molto accesa. Era così strana quell'immagine che sperai davvero non sbiadisse mai dalla mia testa, visto che quei teneri bambini erano mischiati con quelle persone all'apparenza così minacciose, grandi e piene di tatuaggi discutibili.

Beyond the surfaceWhere stories live. Discover now