18. Il tatuaggio

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Non ero né psicologicamente né fisicamente pronta per far marchiare la mia pelle

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Non ero né psicologicamente né fisicamente pronta per far marchiare la mia pelle. Volevo che rimanesse candida e pura per sempre e vivere con quel fardello non mi entusiasmava per niente. Forse ero esagerata, ma non sentivo l'esigenza di tatuarmi. Le persone lo facevano per un motivo preciso, chi per esternare qualcosa che a parole non riuscissero a dire o per imprimere sulla pelle una bella esperienza, un ricordo, un'emozione. C'erano tante ragioni e soprattutto dovevi sentirti pronta per farlo, una macchia sulla pelle non se ne sarebbe andata via facilmente.

Quello Caitlyn lo sapeva e ormai stavo iniziando ad odiarla per tutto quello che mi costringeva a fare solo per soddisfare la sua mente malata.

«Sei sicura?», mi chiese titubante Rose. Anche lei aveva insistito per accompagnarmi non appena aveva scoperto la meta e l'obiettivo della nostra uscita.

«Certo», lo dissi per niente convinta, mentre osservavo fuori il finestrino della limousine.

Avevano deciso di accompagnarmi tutte, quello era un evento raro, una di noi che si tatuava. Mi guardavano come fossi pazza, del resto perché non avrebbero dovuto farlo?

Non appena Caitlyn l'aveva annunciato a pranzo, tutte erano rimaste a bocca aperta. Non era volata una sola mosca in tutto il tavolo, sconvolte quanto me dalla notizia fresca fresca. Era umiliante per me farlo, ma a quel punto dovevo adempiere ai desideri strani di quella ragazza gelosa e invidiosa.

Caitlyn aveva fatto una telefonata veloce e mi aveva prenotato un posto con la forza, o meglio con i soldi. Pur di vedermi con un tatuaggio aveva deciso di pagarlo lei e fare di tutto pur di farmelo avere entro quel giorno, promettendo il doppio dell'effettivo costo per prendere un appuntamento last minute. Così dopo la scuola eravamo saltate tutte nella nostra macchina, dirette verso la bassa Wealthill.

«Hai già deciso cosa farti?», chiese Blue, stringendosi nella giacca della divisa della scuola per una folata di vento non del tutto calda. Marzo era altalenante e in quella settimana si prevedeva pioggia, mentre in quella precedente c'era stato un sole che spaccava le pietre. Ancora non sapevo come regolare il mio guardaroba.

Già, che diamine avrei dovuto tatuarmi!?

Non avevo avuto il tempo di pensare a niente ed ero nel panico più totale. Una rosa? Una farfalla? Tutti simboli troppo scontanti e per di più non avevo motivo per farli. Per carità, erano bellissimi, ma decisamente non al caso mio.

«Sarà una sorpresa!» Provai ad essere misteriosa, ma ovviamente la verità era che non ne avevo la minima idea.

La macchina si fermò, il cuore martellò nel petto velocemente e mi sembrò di sudare freddo. L'ora di mettersi sotto i ferri si avvicinava sempre di più.

Ma poi... avrebbe fatto male? Dove dovevo farlo? Ero stata costretta, ma almeno avrei voluto un po' più di tempo per pensarci.

Quando chiusi lo sportello dietro di me, fissai gli occhi sulla vetrata che separava me dall'interno del negozio di tatuaggi. Spaventata già da tutti quei segni neri appesi al muro per mettere in mostra la bravura del tatuatore, non osavo muovermi di un solo passo. Ci pensò mia sorella a scollarmi dalla posizione da statua che avevo assunto.

Beyond the surfaceWhere stories live. Discover now