2. Mi fa sentire viva

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I giorni passarono e trapassarono

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I giorni passarono e trapassarono. Ed io mi ritrovai rinchiusa in un'altra gabbia.

Quella volta non era dorata, o almeno non come quella in cui stavo prima, e il motivo era sempre lo stesso. La mia sicurezza.

Be', mi ero scocciata di essere la rosa fragile sotto la teca. Era vero, stavo perdendo petali, ma le spine rimanevano e si aguzzavano.

Avevo creduto che una volta lì le cose sarebbero cambiate, ma quella che si sentiva diversa ero solo io. Il resto, seppur differente da quello a cui ero abituata, era lo stesso. Gli altri continuavano a condurre la loro solita vita, ero io quella alla quale era stata stravolta.

Ma nei sei mesi in cui mi ero ritrovata in quella casa, al di fuori era scoppiato un putiferio.

Mio padre aveva annunciato che io ero andata all'estero, che avrei concluso e continuato gli studi in Inghilterra. Era anche ovvia una mossa del genere, non poteva di certo dire che sua figlia era scappata o stata rapita dalla gente della bassa Wealthill proprio sotto le elezioni, che d'altro canto aveva anche vinto.

Ora il mio peggior nemico era diventato il sindaco di quella città e quasi nessun luogo sarebbe stato al sicuro per me. Se prima aveva potere, adesso era il dannato re. La polizia mi avrebbe cercato e anche i suoi uomini. Spesso Reed mi diceva che ne avevano catturato alcuni, acciuffati mentre tentavano di scovarmi, e che sotto tortura avevano confessato di lavorare per Tanner.

Ecco il motivo per il quale dovevo stare nascosta. Mi chiedevo solo per quanto altro tempo. Anche perché lui non si sarebbe fermato. Mi rivoleva con lui, ero una minaccia per tutto il suo sistema così imperfetto. Lo sapevo, ragionava così.

La prigionia, se così si poteva chiamare, aveva anche i suoi lati positivi, soprattutto per il fatto che mi trovassi nella bassa Wealthill.

Lì non c'erano regole. Dovevi solo rispettare gli ordini di Reed, ma per il resto... potevi fare quello che volevi. E la mia unica imposizione era quella di rimanere in casa sua e uscire al massimo nel suo giardino, ma lì dentro potevo fare qualsiasi cosa.

In fondo era come ritrovarsi a Villa Tanner. Venivo viziata dal padre che mi aveva perso per tutti quegli anni, tenuta costantemente lontana, ma sempre sotto i suoi occhi. E quando mi aveva riavuta con sé non aveva fatto altro che esaudire le mie richieste.

Non che ne avessi molte. Solo tre e tutte molto fattibili.

La prima era quella che mi stava più a cuore. Far trasferire immediatamente tutti i bambini dell'orfanotrofio in un'altra struttura più vicina alla nostra e più confortevole. Non solo perché volevo rendere le loro vite migliori, ma anche perché erano un bersaglio facile da parte di Christofer Tanner, che avrebbe decisamente osato prenderli come ostaggi per farmi uscire allo scoperto. Non era stupido, aveva capito che mi ero affezionata a loro.

Così Reed, che faticavo ancora a chiamare papà, mi aveva accontentata, sostenendo che avessi avuto anche una buona idea. Furba e generosa allo stesso tempo.

Beyond the surfaceWhere stories live. Discover now