10. Sentirlo nel cuore

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«Gli ha spezzato il braccio!» urlai nell'ufficio di Reed, dopo averci trascinato Jackson quasi per un orecchio

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«Gli ha spezzato il braccio!» urlai nell'ufficio di Reed, dopo averci trascinato Jackson quasi per un orecchio.

Non c'era neanche un minimo di senso di colpa sul suo viso e la cosa mi fece imbestialire ancora di più. Lo odiavo a morte in quel momento e dalla mia occhiata doveva esser più che palese.

«Dimmi che prenderai dei provvedimenti, perché altrimenti lo farò io». Incrociai le braccia al petto.

Jackson era seduto molto comodamente sulla mia poltrona, guardando me e mio padre come se tutta quella situazione non lo riguardasse in prima persone. Era annoiato e voleva essere fuori da lì al più presto, perciò ancora non aveva aperto bocca, sapeva che avrei fatto una questione di stato se solo avesse osato.

«Guardalo! Guarda quella faccia di cazzo che si...»

«Megan!» sbottò Reed ed io lo guardai, aspettando che prendesse in mano le redini. Lui puntò i suoi occhi azzurri così simili ai miei sul moro. «Non erano questi i patti», disse con ammonimento ed io mi sentii soddisfatta.

«Mi ha messo le mani addosso», si difese in maniera non del tutto convincente lui, facendomi alzare gli occhi al cielo.

«Voleva solo farti spostare, non ti facevo così delicato!» Sguinzagliai di nuovo la mia rabbia su di lui.

Ero stata per quarantacinque minuti in infermeria con Aaron, aspettando che gli ingessassero il braccio dopo aver constatato che fosse rotto. In due dannati punti, tra l'altro. Buono com'era mi aveva anche detto di non andare in escandescenza con Jackson per quello che gli aveva fatto, ma ovviamente non lo avevo ascoltato.

«Nessuno mi mette le mani addosso senza il mio permesso e rimanere impunito».

Alzai di nuovo gli occhi al cielo, non riuscii a resistere. «Okay, sembri uscito dal Padrino! Ma quanto puoi essere ridicolo?!» Mi misi le mani sui fianchi e mi girai completamente verso di lui. «Dovrai chiedergli scusa».

Lui mi fissò serio, mortalmente serio. E non era neanche difficile intuire quale fosse la sua risposta, non che ne fossi sorpresa. Andai di nuovo su tutte le furie, avanzando lentamente verso di lui e non dando neanche il tempo a mio padre di rispondere.

«Tu credi sul serio di essere dalla parte della ragione? Hai rotto un braccio ad una persona senza neanche un motivo! Pensi di poter fare quello che cazzo ti pare qua?!» A quel punto gli stavo quasi urlando in faccia. «Non me ne frega un cazzo se sei "temuto" per chissà quale dannata ragione! Sei a casa mia e finché ci rimani, rispetterai le mie regole, le mie volontà. Ricordati qual è il tuo posto. Sei e sarai sempre sotto di me».

Avevo il petto che si alzava e si abbassava velocemente per quello sfogo, probabilmente anche il viso era arrossato, ma comunque duro nei suoi confronti.

Quando mi accorsi che aveva alzato un sopracciglio, ragionai meglio sulle parole e nel momento in cui mi resi conto che stava sottolineando il lato malizioso della mia frase, mi imbestialii totalmente

Beyond the surfaceWhere stories live. Discover now