4. Ti prenderò sempre

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«Muovi quel culo, Megan!» urlò Aaron, spronandomi proprio affianco il tapis roulant

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«Muovi quel culo, Megan!» urlò Aaron, spronandomi proprio affianco il tapis roulant.

Mi stava facendo correre da un'ora e aveva deciso che avrei dovuto farlo per almeno un'altra. E tutto quello perché? Perché avevo fatto una battuta sul fatto che avrei potuto reggere anche due ore a quel ritmo, visto che a scuola vincevo tutte le gare di atletica leggera.

«Lo sto muovendo, non lo vedi?!» replicai a perdifiato, sapendo benissimo invece che se avessi dovuto reggere altro tempo dovevo risparmiare il fiato.

Lo sentii ridacchiare. «Mh, lo vedo lo vedo». Il suo tono ora era più che malizioso e mi fece alzare gli occhi al cielo con un piccolo sorrisetto.

«Be', non guardarlo troppo». Mi aggrappai alle maniglie del tapis roulant, mentre le mie gambe continuavano a muoversi quasi freneticamente.

«Troppo tardi». Vidi attraverso lo specchio che aveva messo su un ghigno soddisfatto. Poi con la coda dell'occhio catturai un movimento e solo allora notai che c'era anche Jackson lì ad allenarsi.

Cazzo.

Quella non me l'aspettavo proprio. Non ero pronta o preparata.

Aveva una canotta verde scuro che aderiva al suo petto un po' per i suoi muscoli e un po' per il sudore che imperlava il suo torace. Da quanto era lì e perché non me ne ero accorta?

Rivedere tutti quei tatuaggi e ripensare a tutte le volte che li avevo toccati mi fece provare un dolore intenso al petto, freddo e caldo allo stesso tempo. Come potevi dimenticarti di una persona dopo aver condiviso con essa così tanto? Non eravamo mai stati insieme, ma per quel poco tempo che l'avevo avuto, gli avevo ceduto una piccola parte di me.

Mi ero aperta, gli avevo permesso di entrare nel mio modo. E lui l'aveva calpestato.

Non avrei rifatto mai più una cosa del genere.

Purtroppo però la sua vista mandò in corto circuito qualche funzione del mio cervello perché mi distrassi e persi la concentrazione. A quella velocità fu fatale per me. Presi una storta, inciampai e perdei in un singolo secondo tutta la destrezza, la grazia e la prontezza che avevo acquistato in quel periodo.

Caddi e il nastro veloce mi trascinò all'indietro, andando a sbattere con forza contro Aaron e facendolo cadere per terra.

«Megs! Sei un elefante, cazzo!» mi urlò non appena si fu ripreso dalla botta ed io senza riuscirmi a controllare scoppiai a ridere.

Mi girai, visto che l'avevo colpito con la schiena e mi ritrovai cavalcioni su di lui, ridendo un po' per il nervosismo e un po' per l'assurdità della situazione.

Aaron mi fissò un po' accigliato e poi non riuscì a non seguirmi, accennando una piccola risata.

«Chi è che non ha i riflessi pronti adesso, eh?!» lo presi in giro.

Beyond the surfaceOnde as histórias ganham vida. Descobre agora