33. Confessioni

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Megan

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Megan

La festa era decisamente diversa rispetto a quelle a cui ero abituata. Eravamo lì da mezz'ora e già mi stavo pentendo di avergli fatto quella richiesta. Ma che poi che diamine gli avevo detto? "Aiutami a respirare"... Dio Santo, doveva avermi preso per pazza e anche per stupida.

Erano tutti ammassati in quella casa, senza ordine o disciplina. Senza contengono e ubriachi marci. Le ragazze erano più nude che vestite, neanche con un minimo di classe. Alcuni vomitavano nelle fioriere, nel lavandino della cucina o dietro i divani. La musica poi... un rock decisamente assordante, forse era tecno... non riuscivo neanche ad identificarlo. Sapevo solo che ormai il mio cervello era fritto per il volume decisamente troppo alto. E la puzza poi... Non mi ero mai sentita così fuori luogo come in quel momento e mi aggrappavo al braccio di Jackson. Ero certa che se l'avessi lasciato probabilmente mi sarei persa fino a fine serata.

Avevo decisamente sbagliato a vestirmi in quel modo e volevo scappare via. Le occhiate che ricevevo non mi piacevano per niente. Eppure allo stesso tempo, non volevo far vedere a Jackson che ero in difficoltà e che invece ero in grado di gestire quella situazione. Che non ero una viziata che si scandalizzava o si lamentava per qualsiasi cosa. Be', sì, ero stata viziata con ogni tipo di cosa, ma che potevo farci io? L'educazione non me l'ero mica data da sola e a quel punto ero abituata ad un certo tipo di cose...

Lui invece parlava con persone che ogni tanto incontravamo, era sereno e tranquillo, ben lungi dal composto bodyguard che postava fuori dalla mia porta. Era strano vedergli quell'espressione pacata e divertita sul suo viso, ma lo rendeva decisamente più bello.

«Jack! Non sapevo saresti venuto!» Un ragazzo della mia età gli diede un colpo alle spalle, spintonandomi anche un po' e sorridendogli non appena il moro si girò verso di lui. «E chi è lei?» Quando si ritrovò di fronte a noi, passò molto attentamente lo sguardo tra me e lui nonostante fosse un po' alticcio. Sembrò notare anche le nostre bocche, che avevano la stessa sfumatura di rosso, visto che prima di entrare Jackson aveva deciso di farmi la pipì addosso come i cani e marcare il suo territorio.

Ammisi che avevo sentito una fitta allo stomaco quando aveva detto che fossi sua, ma l'avevo scacciata come una mosca indesiderata. Gli avevo fatto anche capire di non farsi strane idee, ma mi ero sentita rincuorata che l'avesse fatto per proteggermi una volta entrati.

«Un'amica». Lui fece spallucce ed io mi staccai un po'. Eravamo amici? Non mi sentivo per niente sua amica.

Il biondino mi fissò. «Hai amiche?» Per quanto volesse fare lo sfrontato, non ci riusciva per niente. Aveva un viso troppo dolce, occhi azzurri troppo limpidi. «Ah, giusto... le amiche». Sembrò ricordarsi in quel momento, alzando le sopracciglia sorpreso.

Beyond the surfaceWhere stories live. Discover now