11. Momenti rubati

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Ero in macchina di una sconosciuta, stavo infrangendo l'unica regola che Reed mi aveva imposto e Aaron mi guardava più che preoccupato

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Ero in macchina di una sconosciuta, stavo infrangendo l'unica regola che Reed mi aveva imposto e Aaron mi guardava più che preoccupato.

«Tuo padre mi ucciderà», disse, girandosi verso di me, visto che occupava il lato del passeggero.

Mi aveva prestato un suo berretto e avevo legato i capelli in una coda bassa, infilando anche un paio di occhiali da sole nonostante quel giorno fosse nuvoloso.

«Sì, mettiti in fila», disse Tami, guidando per quelle stradine malandate.

«Io sarò l'ultima, così dovrò vedere tutti i miei amici morire e soffrire come un cane», commentai, ricevendo un'occhiataccia da entrambi.

«Così non aiuti», mi rispose il biondo.

«Non volevo farlo». Gli feci l'occhiolino. «Allora, che si fa?!»

«Io devo farmi un tatuaggio, l'ho prenotato un mese fa e finalmente posso farlo. Il tuo fidanzato non ha mai un buco libero», disse Tami, scalando la marcia e facendo un curva.

«Non possiamo andare lì», risposi di getto, dimenticandomi di protestare per il modo in cui l'aveva chiamato e iniziandomi a preoccupare.

Se mi avesse visto, l'avrebbe detto a Reed e se Reed l'avesse saputo... meglio non scoprirlo.

«Tesoro hai sentito quello che ho appena detto? Aspetto questo tatuaggio da un mese!» replicò lei.

Avevo capito che lì nessuno si preoccupava di parlarmi in alcun modo, com'era ovvio che fosse per le persone normali, ma da dove venivo io era sempre stato tutto un altro paio di maniche. Se la tua famiglia era più potete di un'altra allora quella non avrebbe mai osato farti un torto o rivolersi male a te... Caitlyn a parte.

Gesù, non pensavo a quella carogna da veramente tanto tempo.

«Sì, ma io non voglio vederlo».

«Non ci sarà», si intromise Aaron. «So che doveva fare un lavoro per Reed».

«Che lavoro?», domandai, visto che ero sempre l'ultima a sapere le cose ed era ancora più frequente che non le scoprissi mai.

«Ti sembro il tipo che possa saperlo?»

«Ehm... sì?!» dissi con fare ovvio, visto che mi aveva appena avvisato della cosa.

«Be', non so tutto».

Continuammo a discutere su dove andare e cosa fare, ma Tami era irremovibile.

«Mia la macchina, mie le regole», decretò alla fine ed io dovetti chiudere la bocca.

«Va bene, ma dopo mi porti a bere!» Ero sempre Megan... dovevo avere l'ultima parola.

«Va bene, principessa dei miei stivali».

Mi appoggiai allo schienale soddisfatta, ma stizzita allo stesso tempo per non averla avuta vinta su tutto. Sperai davvero che Jackson avesse un impegno quel pomeriggio, anche perché non volevo neanche guardarlo in faccia dopo quello che aveva fatto quella mattina e il modo in cui c'eravamo lasciati.

Beyond the surfaceWhere stories live. Discover now