12. Fantasie confuse

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Uno sparo

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Uno sparo. Risate agghiaccianti. Due occhi verdi da far venire i brividi. Il freddo che pizzicava la mia pelle. E poi il sangue, tanto sangue. Ce l'avevo sul viso, sul collo e le mani sembravano esser appena uscite da un secchio pieno di vernice rossa. Mi sentivo soffocata, mi trovavo in un sacco nero della spazzatura e smaniavo dalla voglia di respirare. La mia bocca era sigillata da qualcosa di appiccicoso e poi sentii il vuoto. Stavo cadendo.

Mi svegliai di soprassalto, sbarrando gli occhi e sentendo molto caldo. Avevo il torcicollo e me ne accorsi nel momento in cui provai ad alzarmi. Non riconoscevo l'ambiente in cui mi trovavo e mi sentii spaesata per qualche secondo. Poi flash nitidi della notte precedente mi fecero accapponare la pelle.

Ero a casa di Jackson ne ero sicura ed ero certa anche del fatto che avesse ucciso Andrew. Una delle persone di cui mi fidavo di più, gli avevo messo in mano la mia stessa vita e si era rivolto contro di me. Non era una notizia da digerire in fretta, nemmeno quella della sua morte in realtà. L'ha ucciso per proteggermi, l'ha ucciso per proteggermi, continuavo a ripetere nella mia testa per non dare di matto una volta per tutte.

Ero terrorizzata all'idea di stare lì, non avevo fatto sogni tranquilli e per di più avevo anche dormito fuori casa tutta la notte. Mio padre e mia sorella a quel punto dovevano aver messo in allarme tutta la sicurezza. Di certo non avrebbero mai scoperto dove mi trovavo, o almeno l'avrebbero fatto se avessero avuto più tempo. Non sapevano che ero in quella casa... con un assassino.

Eppure qualcosa nel mio subconscio mi suggeriva che Jackson non mi avrebbe fatto del male. Mi ricordavo i modi gentili che aveva usato per pulirmi dal sangue, attento a non farmi spaventare più del dovuto. L'avevo visto impacciato e anche in difficoltà, come se stesse tradendo chissà quale principio per aver aiutato qualcuno dell'alta Wealthill. Eppure l'aveva fatto lo stesso e per un certo senso gliene fui grata.

Avevo avuto un attacco di panico, vedere il corpo inerme della mia guarda del corpo mi aveva sconvolto e ricordato così nitidamente... rabbrividii e cercai di pensare ad altro, altrimenti sarei affogata nei miei stessi ricordi. Aprire quella diga non era saggio, era troppo impetuosa una volta libera, troppo dolorosa.

Poi non ricordavo più niente, talmente ero stremata che dovevo essermi addormentata.

Mi alzai a fatica e mi ritrovai addosso un indumento nuovo. Doveva essere una maglia del proprietario di quella casa, ma il problema era che non ricordavo assolutamente il momento in cui me l'aveva messa. Al di sotto sentivo ancora il mio pigiama di seta e mi tranquillizzai per il fatto che non mi avesse visto nuda.

Sfilai la maglia nello stesso momento in cui lui uscì dal bagno, con un asciugamano in vita e tutti i tatuaggi in mostra, che sembravano proprio formare una maglietta per quanti fossero. Stranamente mi piacquero, non stonavano l'uno con l'altro, ma io non avrei mai avuto quel coraggio, neanche per farne uno piccolo sulla mia candida pelle.

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