Capitolo 61

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Capitolo 61

Il cioccolatiere trepidava in modo irregolare. Aveva la schiena sudata, il cuore fuori controllo e respirava a fatica. Gli occhi erano persi nel vuoto, mentre la mente ancora navigava nel ricordo di quel brutto giorno che non riusciva a dimenticare nonostante tutti i suoi sforzi.

Theresa lo teneva stretto a sé, poggiando una mano nei suoi capelli e accarezzandogli la schiena con l'altra per cercare di tranquillizzarlo. Lui stringeva sempre di più, annusando il suo collo e avvolgendo una ciocca dei suoi capelli intorno al dito.

In silenzio, ricordava la spiacevole serata in cui l'aveva vista prendere le sue cose e supplicarlo di lasciarla andare. Da allora, era rimasto solo con il rimorso, chiuso nella fabbrica, circondato dai loro ricordi. Aveva cercato di superare tutto, di mettere da parte quella triste sensazione che lo assaliva ogni volta che la teneva accanto, consapevole che non fosse più sua, ma ogni tentativo era sempre stato un fallimento totale.

Nel mondo ci sono tanti modi, troppi, per far capire a una persona di restare, ma si sceglie sempre quello sbagliato e lui, che non capiva nulla, aveva scelto di lasciarla andare, finché aveva cambiato idea e trovato un modo per riaverla: i biglietti d'oro, la loro cena in stile Cenerentola... l'aveva persino messa incinta, ma il risultato non era cambiato e lei continuava a non fidarsi. Del resto, come poteva darle torto? L'aveva ingiustamente accusata, nonostante la conoscesse.

Nel frattempo, Theresa aspettava che si calmasse un po' e continuava ad accarezzargli amorevolmente la schiena senza mai stancarsi.

«Stavi sognando?» gli chiese.

«Sì» trepidò il cioccolatiere. «Cose che vorrei dimenticare... e non ricordare più.»

«Dimmi che cos'hai sognato.»

«Le ricette segrete. Se quel giorno non avessi fermato il filmato... se avessi attivato l'audio... Sono stato un idiota! Me la sono presa con te, che non c'entravi niente. Invece di ringraziarti, ti ho inveito contro... Non riesco a perdonarmelo!»

In quella conclusione, Theresa vide riflessa la frustrazione. La percepì sulla pelle, nel profondo del cuore. Avrebbe voluto aiutarlo, ma lei stessa era prigioniera dell'amarezza che la tormentava, quella sensazione che le stringeva la gola e le pesava sul petto. Erano vicini, ma allo stesso tempo distanti.

«Avevi ragione tu» disse il cioccolatiere. «Non saremmo dovuti venire in questo posto. Sono solo un cioccolatiere... mi sono montato la testa!»

«Non hai trovato nulla a Sleepy Hollow per cui sia valsa la pena di venire?» gli chiese Theresa, con sguardo mesto.

«No, nulla no» rispose il signor Wonka, allungando una mano sulla pancia di Theresa.

«È successo la sera dei biglietti d'oro, non è  vero?»

Il cioccolatiere annuì. Theresa lo guardò negli occhi per un momento, poi abbassò lo sguardo e strinse la sua mano.

«Perché me lo hai tenuto nascosto?» gli chiese.

«Ho avuto paura» fu la risposta del cioccolatiere. «Non volevo perderti ulteriormente.»

«Mi spiace per come stiano andando le cose. Pensi che sia strana?»

«Penso che in te ci sia un po' di strega.»

«Perché mi dici questo?»

«Perché tu mi hai stregato.»

Theresa rise. Nel suo sorriso c'era più serenità, ormai il cioccolatiere era scampato al pericolo ed era ancora lì con lei a fare battute stupide. Quindi lo strinse di nuovo forte a sé, respirando il suo odore. Non aggiunse niente né ribatté alla sua affermazione sul fatto che lo avesse stregato, ma preferì godersi l'attimo in cui le accarezzò la pancia mentre le sussurrava di amarla. Furono parole che le attraversarono la schiena e si piantarono nel cuore, un calore indescrivibile, una sensazione unica che solo lui riusciva a darle.

Nascosti in soffitta, lontani dagli altri, Willy Wonka e la sua amata si rannicchiarono a letto l'uno accanto all'altro, nascondendosi sotto le coperte e sfuggendo al ballonzolare delle candele ormai consumate sparse per la stanza.

Nel silenzio che li avvolse, Theresa giurò a se stessa che avrebbe combattuto contro ogni male pur di non farsi portare via il cioccolatiere, perché nel momento in cui lo stava per perdere, aveva capito che non poteva amare nessun altro al di fuori di lui: era unico, speciale... era il suo cioccolatiere.

Quella sera il cioccolatiere non si preoccupò della ferita sul petto né se questa gli facesse male, ma anzi decise che quella donna doveva essere sua ancora una volta. Giocò con lei per un po', tenendosela stretta. Fece attenzione a non essere violento nelle spinte e le regalò il piacere con tutta la dolcezza che poteva. Lei non si tirò indietro, rimase intrappolata nelle sue braccia, avvinghiata al suo corpo e assaporò ogni singolo centimetro di quella bocca che le percorse il collo, poi le labbra, di nuovo il collo e di nuovo le labbra.

Alla fine giacquero l'uno accanto all'altro, silenziosi, osservando il buio mentre l'ultima candela si affievoliva. Theresa cercò di non appoggiarsi sulla ferita del suo uomo, ma piuttosto si era premurata di pulirla prima di tentare di dormire. Ciò fu complicato, perché ogni volta che uno dei due provava a chiudere gli occhi, appariva la cruciale scena del cavaliere senza testa che feriva il cioccolatiere. Lui decise sicuramente di essere più cauto, mentre lei si convinse che fosse folle e che da quel momento in avanti avrebbe dovuto dargli un freno.

«Non sono un bambino» le disse il signor Wonka.

«Sei anche peggio!» lo schernì Theresa. «Ti ricordi il campeggio pazzo?»

«Certo che sì.»

«Promettimi che ce ne saranno ancora.»

Il signor Wonka guardò Theresa negli occhi: un alone di paura attraversò il suo sguardo. Quindi le tolse un capello dagli occhi e la baciò a lungo sulle labbra, come a voler suggellare che quello era solo l'inizio e che il meglio doveva ancora arrivare.

Willy Wonka||Johnny Depp (IN REVISIONE)Where stories live. Discover now