Capitolo 60

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Capitolo 60



La dimora Van Tassel fischiava a causa del vento che si insinuava attraverso le fessure della struttura. Le fiammelle delle candele oscillavano, creando ombre inquietanti sui muri, mentre gli antichi arredi sembravano assumere un aspetto tetramente tipico di un film horror.

Fuori, il cielo era buio e coperto di nuvole, mentre all'interno regnava una calma quasi catatonica, con persone che salivano e scendevano le scale e animavano accese discussioni nelle stanze.

Theresa stava cadendo in uno stato di semi-sonno, avvolta nella coperta di pile che le aveva dato Katrina; il suo cuore era tormentato dalla tristezza. Le ore passavano lentamente, l'orologio a pendolo nel salotto sembrava essere guasto. Nessuno varcava la soglia della porta, nessuno portava notizie; Katrina stava facendo del suo meglio per convincere gli altri a permettere all'assistente dell'agente Crane di andare da lui.

In soffitta le cose non andavano meglio, ma nemmeno peggio: il signor Van Tassel e gli altri erano riuniti intorno al dottor Lancaster e lo osservavano mentre si prendeva cura del cioccol-agente.

«Incredibile!» esclamò, scrutando la ferita sul petto del cioccol-agente. «Una tale ferita avrebbe dovuto ucciderlo, ma non occorrono punti e non c'è quasi perdita di sangue.»

Gli spostò l'orlo della camicia, scoprendo una grossa e profonda cicatrice rossa contornata da un livido viola intenso.

Il cioccol-agente aveva la febbre altissima e sembrava quasi morto in quel letto, ma il suo cuore si aggrappava alla vita e continuava a battere lentamente. Nell'incoscienza, cercò di svegliarsi per rassicurare la sua amata e comunicare agli altri tutto ciò che aveva scoperto, saltando dal sonno in un ultimo tentativo.

«Dovete stare calmo» gli suggerì il dottor Lancaster. «Avete la febbre.»

«Theresa...» biascicò il cioccolatiere, sofferente.

Non si accorse della sua presenza, né notò il pancino che nascondeva il loro bambino. Per un istante, la immaginò salire le scale e gettarsi tra le sue braccia, singhiozzando a ritmo irregolare. Quasi rise nel pensare che probabilmente lo avrebbe afferrato per la camicia, urlandogli che era un imbecille totale.

In fabbrica, i suoi guai non mancavano mai: provette che scoppiavano perché come scienziato era pessimo, dolci che faceva gonfiare i suoi Umpa-Lumpa perché sbagliava la formula, l'olio che schizzava dalla padella quando friggeva la carne e finiva per attaccarsi alle piastrelle.

Il dottor Lancaster guardò Baltus Van Tassel, il quale ordinò di far salire la ragazza in soffitta.

Non appena ebbe il permesso di raggiungerlo, con il cuore che batteva forte, Theresa lasciò cadere la coperta e corse su per le scale. Spalancò la porta e si gettò tra le sue braccia, piangendo, tirandogli la camicia mentre rimproverava il cioccolatiere di essere uno stronzo. Lui sorrise e la strinse debolmente a sé, bacandole la testa e chiedendole perdono.

«Certo che ti perdono» gli disse con le lacrime agli occhi.

Willy Wonka chiuse per un istante gli occhi, godendosi quel momento. All'interno di sé, provava un senso di vuoto e solitudine. Si ripeteva di aver commesso una grande follia nel scendere laggiù, credendo che tutto fosse solo un gioco. E per cosa? C'erano altre strade per riconquistarla... Si sentiva tremendamente stupido e dispiaciuto. Non smise di stringerla né di scusarsi. Lei piangeva ininterrottamente, uno di quei pianti che vorresti fermare ma non ci riesci, un momento in cui tutte le cose belle svaniscono e i ricordi affiorano senza controllo, un dolore che hai tenuto troppo dentro e che alla fine esplode.

Willy Wonka||Johnny Depp (IN REVISIONE)Where stories live. Discover now