16.

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Giorno 9. 

Tengo gli occhi chiusi e lascio scorrere le gocce di acqua calda sul viso e sul corpo. Scorrono lente e delicate, come carezze.

Mi passo le mani sul volto, sfregandole  sugli occhi prima di riaprirli e spegnere lo spruzzo della doccia.

Stamattina mi sono alzato prima dell'alba e ho deciso di fare una lunga doccia rigenerante. Avevo bisogno di lavare via diversi pensieri e sensazioni.

Prima di uscire dal bagno mi fermo di fronte allo specchio. Il mio aspetto rispecchia pienamente il mio stato d'animo, il tormento che ho dentro. Le occhiaie coprono la metà del mio viso, che pare più magro e scavato, mentre gli occhi sembrano tristi e più scuri del solito.

Mi risciacquo la faccia, poi infilo un paio di jeans, una vecchia felpa ed esco.

Mi incammino a piedi: è ancora presto e ho bisogno di fare due passi da solo.

Ad un certo punto però sento il rumore di un'auto che si avvicina. Accosta e suona il clacson.

Esito qualche secondo prima di voltarmi.

Dal finestrino si sporge Shane. L'ultima persona che avrei voluto incontrare in questo momento.

Lo ignoro e continuo a camminare. Lui suona di nuovo il clacson e mi chiama, ma io non rispondo. 

Sento l'auto fermarsi di colpo e poi una portiera sbattere e dopo poco Shane è dietro di me. Mi afferra un braccio e mi costringe a voltarmi.

"Non farmi questo, ti prego" sussurra con la voce preoccupata.

Io mi libero dalla sua presa con un gesto veloce.

Anche i suoi occhi sembrano più tristi e scuri del solito.

Lo guardo contrariato e confuso dalle sue parole.

"Mi dispiace, Ethan. Dico sul serio. Ti prometto che non accadrà più" sospira "Però non posso perderti, non adesso."

Io sposto lo sguardo dal suo, puntandolo sulla strada. Scuoto la testa e sospiro.

"Io non so cosa dire" rispondo, mantenendomi distaccato.

"Ethan, tu sei stato l'unico a non giudicarmi, a starmi vicino, a rispettarmi." I suoi occhi si inumidiscono e dal tono di voce rotto comprendo che sta per piangere.

"Io ho ancora bisogno della tua amicizia. Non voglio rovinare tutto adesso" aggiunge.

Sbuffo.

Non mi piace vederlo soffrire a causa mia. Non era questo che volevo quando ho deciso di aiutarlo.

"Shane... Io non ce la faccio" sospiro e scuoto la testa. "Mi dispiace."

Viene da piangere anche a me. 

Mi volto e mi incammino di nuovo, lasciandolo solo sul ciglio della strada.

Arrivo a scuola in anticipo e mi fermo davanti al cancello accendendomi una sigaretta. Non riesco a trovare Jess, ma sinceramente non ho molta voglia di stare in compagnia oggi.

Shane, invece, mi passa accanto ignorandomi. Nemmeno si è fermato a fumare. Resto spiazzato e continuo a sentirmi in colpa. Io dovevo stargli accanto, non farlo soffrire. Eppure non riesco a fare diversamente.

Mi decido ad entrare lo stesso, nonostante l'impulso improvviso di marinare. Forse dovrei cominciare a prendere seriamente la scuola quest'anno.

Io continuo ad ignorare chiunque per tutta la giornata e alla seconda campanella Jess non si è ancora vista.

Controllo il cellulare per vedere se mi ha avvisato, ma non c'è nessuna notifica.

Dirigendomi verso la mensa incrocio Shane. Nessuno dei due si ferma. Lo guardo soltanto, ma lui mi ignora completamente.

In fondo è quello che gli ho chiesto di fare. Lasciarmi stare. Credevo fosse quello che volevo. Invece per un attimo mi sento così perso all'idea che non si fermi più a parlare con me. Al pensiero che non lo abbraccerò più e che non dormirò più insieme a lui.

Mi sento così confuso.

Non riesco a capire cosa voglio da lui.
Vorrei non dover rinunciare alle sensazioni che ho provato in quei momenti passati insieme.
Ma perché la vivo come una rinuncia? Perché mi sento così vuoto all'idea che non si ripetano?

Vedo Jess solo davanti all'entrata della mensa. Mi raggiunge di corsa, con lo zaino che le penzola su una spalla.

"Ma che fine avevi fatto?!" le domando avvicinandomi.

Lei ride. "Ci invertiamo i ruoli oggi!"

Mi lascio sfuggire una risatina.

Non è da lei sparire così.

"Avevo una visita e in ospedale non prendeva il telefono. Scusami" risponde sistemandosi lo zaino in spalle ed i capelli dietro le orecchie.

"Tutto bene?" chiedo un po' preoccupato.

Lei annuisce "Sì, davvero. Non era niente." Sorride.

Ci mettiamo in coda per il pranzo. Oggi ci servono una frittata dal colore davvero poco invitante.
Prendiamo i nostri vassoi e ci sediamo al solito tavolo.

"Fortuna che non conosciamo nessuno qua dentro così stiamo belli larghi" scherza lei.

Dopo qualche secondo però si blocca e sposta lo sguardo per tutta la stanza.

"Hai visto Shane?" domanda poi. Come se si fosse appena ricordata del fatto che ogni tanto mangi insieme a noi.

Io resto in silenzio e sospiro.

Lei sbuffa. Lascia cadere la forchetta nel piatto e incrocia le braccia.

"Ethan, mi vuoi dire cosa è successo con Shane?" domanda seria e imperativa.

Io evito il suo sguardo e continuo a fissare il mio piatto.

Sospiro.

Non so se voglio parlargliene e non so cosa dire. Non so cosa penso, non so cosa provo. Sono solo tanto confuso.

Se mi concedo di provare il casino che ho dentro mi viene da piangere.

Jess si accorge che qualcosa non va.

Mi appoggia una mano sulla spalla.

"Sei sicuro che vada tutto bene?"

Scuoto la testa.

Deglutisco.

"Jess, devo parlarti di una cosa"

If They Knew The Pain  [#wattys 2018]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora