19.

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Giorno 10.

Inutile dire che non ho dormito nemmeno stanotte.

Ma come avrei potuto stare tranquillo dopo quello che ho combinato ieri?

Non so proprio come riuscirò ad affrontare la scuola oggi.

Ovviamente ho una paura tremenda di rivedere Shane. Soprattutto però mi sento così stupido e sbagliato per quello che sto provando.

So che è tutto nella mia testa, che nessuno può sapere dell'accaduto e forse nemmeno se lo immagina, ma io mi sento come se lo sapessero tutti.
Ci mancava solo questa insicurezza...

Fortunatamente davanti a scuola trovo Jess che mi attende impaziente.

Per quanto non abbia voglia di vedere nessuno, la sua presenza invece mi tranquillizza in questo momento.

"Allora? Com'è andata?" esordisce con un sorriso che le illumina il volto.

Io sospiro, guardando altrove.

"Lascia perdere" rispondo freddo.

Mi appoggio al cancello e prendo le sigarette dalla tasca della felpa.

Lei mi guarda incuriosita, mentre il suo sorriso si spegne lentamente.

"Cos'è successo?" domanda.

Io resto in silenzio portandomi una sigaretta alla bocca e trafficando con l'accendino.

"Dai, raccontami" insiste aggrappandosi alla manica della mia felpa.

Io la fulmino con lo sguardo e mi libero dalla sua presa con uno strattone piuttosto brusco.

"Ti ho detto che non voglio parlarne!" sbraito, con una reazione davvero eccessiva.

Lei mi guarda confusa e indietreggia.

Sospiro e faccio un lungo tiro dalla sigaretta.

Jess mi fissa sconvolta per qualche secondo, poi si volta intenzionata ad andarsene.

Io però la afferrò per un braccio, trascinandola di nuovo accanto a me per poi stringerla in un abbraccio.

"Scusami" sussurro, col viso premuto tra i suoi capelli.

Lei resta immobile, confusa, per qualche secondo.

"Scusami" ripeto. Stavolta sento gli occhi pungere e fatico a trattenere un singhiozzo.

Lei indietreggia appena, ma poi mi afferra il volto tra le mani.

"Ehi, ehi, va tutto bene" dice con la sua voce calma, accarezzandomi le guance.

Io scuoto la testa.

"No, Jess. È tutto un casino."

Inspiro profondamente e mi asciugo gli occhi con la manica della felpa.

"Possiamo non entrare oggi?" domando guardandola negli occhi.

Lei sbuffa.

"Ethan, non credi di stare saltando un po' troppi giorni di scuola?"

Io sbuffo.

Mi viene da piangere ancora.

Ho la testa da tutt'altra parte. Non riuscirei a concentrarmi neanche volendo. Che segua o meno le lezioni non cambierebbe davvero nulla. Però se non entro sarà più facile evitare di provare certe sensazioni.

"Ti prego" insisto.

Lei apre bocca ma non fa in tempo a darmi una risposta perché viene interrotta da una voce più grossa e profonda.

"Buongiorno ragazzi" ci passa accanto il professore di chimica, salutandoci con un gesto della mano.

Io guardo la mia amica negli occhi.

"Merda" sbuffo.

Lei soffoca una risatina poi mi accarezza un braccio.

"Ci sono io con te" afferma con un sorriso.

Ricambio un sorriso un po' sbilenco e poco sicuro.

Temporeggio per entrare in aula e passo tutte le lezioni con la testa china sul banco.

Non mi volto nemmeno per un secondo e non percepisco una parola di quello che spiegano.

Ho la testa troppo incasinata.

Anche quando suona la campana della seconda pausa me ne resto lì, con il cappuccio sulla testa e gli occhi chiusi.

Dopo qualche tentivo, Jess decide di lasciarmi stare e andare a mangiare per conto suo.

Mi sento esausto. Gli occhi mi bruciano per il sonno e le lacrime.

Mi decido ad alzarmi solo per andare in cortile a fumare.

Sto seduto sulle transenne del campo da baseball, che a quest'ora sono vuote.

Guardo il fumo della sigaretta mischiarsi col cielo grigio e nuvoloso.

Mi sento così stressato. Perché mi sono lasciato trasportare in quel modo? Avrei dovuto lasciare tutto com'era, non avrebbe insistito. Invece ho solo complicato ulteriormente la faccenda e sono ancora più confuso di prima.

Non mi sbagliavo, perché dalla prima transenna sbuca il suo ciuffo biondo.

Sbuffo. Però resto lì ad aspettarlo.

In fondo non posso scappare per sempre.

"Ehi" mi saluta. Resta in piedi e non si avvicina troppo.

Io sospiro, poi getto la sigaretta in terra.

"So che non hai voglia di parlarne, ma non è semplice neanche per me" afferma subito.

Io soffoco una risata amara.

Non è semplice per lui?! E io cosa dovrei dire?!

Lui mi squadra contrariato, poi si avvicina.

"Tu credi che sia facile stare da questa parte?" inizia ad alzare la voce e i suoi lineamenti si contraggono.

"Prima mi guardi di continuo, mi cerchi, mi abbracci dal nulla. Cosa dovevo pensare? Che non ti importasse niente davvero?"

Per un attimo mi manca il fiato. Ogni sua parola l'avverto come una pallottola nello stomaco.

"Poi quando mi faccio avanti mi rifiuti e non mi parli per giorni. Allora penso che forse mi sono sbagliato, provo a farmene una ragione ed andare avanti."

Sospira e si passa una mano tra i capelli. Sembra piuttosto alterato adesso.

"E poi piombi sotto casa mia e mi baci. E ora siamo di nuovo punto e capo: tu mi ignori e io aspetto come un cretino."

Sbuffa e si sfrega il volto arrossato con le mani.

Io resto zitto, spiazzato dalla sua sincerità.

Mi guardo intorno, non so che cosa dire.

"Ho bisogno di sapere a che gioco stai giocando" aggiunge poi e sembra calmarsi.

Abbasso lo sguardo, stringendo i pugni. Poi scuoto la testa.

"Non lo so" rispondo con la voce tremante da un pianto soffocato.

Mi sento così scombussolato adesso.

"Non mi era mai successo prima" trovo il coraggio di dire, deglutendo la saliva.

Credo che lui abbia capito ciò che voglio dire, perché si avvicina e si siede accanto a me.

Allungo una mano, fino a raggiungere la sua. Lui la afferra con delicatezza ed intreccia le sue dita con le mie.

Di nuovo quella sensazione mi percorre tutto il corpo.

"Questa cosa mi spaventa, Shane" dico, tenendo lo sguardo basso.

Lui posa una mano sotto il mio mento e mi fa voltare verso di lui. Mi guarda negli occhi e io trovo così difficile sostenere il suo sguardo adesso.

"Cosa vuoi fare, Ethan?"

If They Knew The Pain  [#wattys 2018]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora