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If They New The Pain ha raggiunto gli 800 voti e superato le 10k letture.
Questo traguardo per me è importantissimo e non so davvero in che modo dimostrarvi tutta la mia gratitudine!
Grazie mille vi adoro!
Vi lascio al capitolo ora ;)

Apro lentamente gli occhi, e vengo accecato dalle luci bianche poste sul soffitto.
Mi guardo intorno spaesato.
Dove sono?
Sbatto le palpebre velocemente cercando di mettere a fuoco l'ambiente circostante.
Il letto su cui sono steso non è il mio, ma è fin troppo bianco e pulito, come il resto della stanza.
Sia alla mia destra che alla mia sinistra ci sono altri letti, e una parete è di vetro, coperta solo da una veneziana -ora alzata.
Intravedo le teste di mia madre e Donald attraverso il vetro che, non appena si accorgono che sono sveglio, si precipitano nella stanza.
«Ethan, oddio!Non sai quanto mi sono spaventata!» lei mi abbraccia con forza e sento un leggero dolore al braccio sinistro, che pian piano sta riprendendo sensibilità.
La fasciatura parte dal gomito e arriva fino al palmo della mano e nonostante il triplo strato di garza, è per gran parte macchiata di sangue.
Mugolo ancora stordito.
Lei sta piangendo.
«Ma che cavolo ti è passato per la testa?» chiede accarezzandomi i capelli.
Mi è passato che non ci voglio più stare qui, ma questo non glielo dico.
Poco dopo entra un medico e lei si allontana, mentre Donald mi squadra incredulo.
«Allora, come va?» domanda spalancando le labbra in un sorriso.
Lo guardo storto.
«Sta scherzando vero?» mi lascio scappare una risata.
Sospira e controlla la flebo che ho attaccata al braccio.
Mi fa una breve visita base. Controllo del battito cardiaco. Pressione. Riflessi.
«Ora riposati. Dopo c'è una persona che vuole parlarti» conclude.
«Una persona che vuole parlarmi?» alzo un sopracciglio.
Sposto lo sguardo su mia madre, che abbassa lo sguardo. «È uno psichiatra» dice con un filo di voce.
Spalanco gli occhi fissando entrambi contrariato.
Scuoto la testa più volte.
«No. Non ancora» sputo convinto al ricordo di vecchi giri di psicologi, psichiatri, medicinali..
Lei si avvicina accarezzandomi un braccio - col quale la scosto immediatamente.  «Tesoro, è per il tuo bene. Sappiamo quanto stai male in questo periodo e questa persona potrebbe aiutarti molto» ribatte a testa alta.
La guardo con gli occhi lucidi trattenendo un 'vaffanculo' tra i denti.
«Voglio stare da solo» dico spostando lo sguardo da ogni presente.
Il medico e Donald mi assecondano e mia madre, un po' titubante, li segue poco dopo.
Afferro il cuscino premendolo sulla mia faccia, e soffoco un urlo.
Io che volevo andarmene e che speravo che ciò comportasse un miglioramento (non esserci sarebbe stato sempre meglio di questo) e invece mi ritrovo in una merda ancora peggiore.
Più che triste sono incazzato. Incazzato nero.
Col mondo e con me stesso.
Faccio talmente pena che non riesco neanche a togliermi la vita.
«Ehi..» sento una voce delicata in sottofondo. Inizialmente la ignoro -convinto non stesse chiamando me - ma dopo il terzo tentativo sono costretto ad allontanare il cuscino ed alzare la testa.
Seduta sul letto alla mia destra c'è una ragazza che mi sta guardando. Ha i capelli mossi lunghi fino a fine pancia e alcune ciocche viola risaltano sul castano naturale.
«Ehm..ciao» dico con un filo di voce.
«Come mai sei qui?» domanda incrociando le gambe.
All'inizio sono tentato di mandarla a quel paese o dirle che sono fatti miei, ma realizzo che infondo è l'unica persona che da quando mi sono alzato non ha cercato di mandarmi da uno che cura i matti.
Sospiro e alzo il braccio bendato mostrandoglielo. In fondo se anche lei è qui avrà fatto qualcosa di simile.
Lei annuisce.
«Io ho ingoiato una scatoletta di pillole..come fossero tic-tac» accenna una risata.
«Comunque io sono Marissa» dice alzando la mano in segno di saluto.
«Ethan»
Sorride.
«Oh, e quel ragazzo là in fondo è Danny, ma è in coma. Overdose. Come me. Però a me hanno salvata..» l'ultima frase la dice con un pizzico di malinconia.
Solitamente una persona al pensiero di essere stata salvata dovrebbe essere felice, ma quella ragazza sembrava tutt'altro.
«Dici che ce la farà..?» chiedo con lo sguardo rivolto chissà dove.
«Chi? Danny?»
Annuisco.
«Non ne ho la più pallida idea. I medici fanno una gran confusione. Un giorno dicono che potrebbe svegliarsi in qualsiasi momento, e il giorno dopo ti fanno credere che non abbia speranze. Non ho assolutamente idea se ce la farà»  scuote la testa.
«Spero per lui di no.. Se riesce ad andarsene da questo mondo è solo meglio. Fa schifo stare qui» mi metto seduto e mi sorreggo la testa con le mani.
Lei sospira.
«Su, andiamo a fare un giro» si alza di scatto dal letto e mi si avvicina.
Marissa è davvero una ragazza che non si ferma davanti a nulla. E chiacchiera un sacco. Però è l'unica che può davvero capire cos'ho passato.
La guardo confuso per un po'.
«Su! Alzati! Hai una faccia da funerale! Non ti riprenderai mai se stai così impalato e continui a rimuginarci sopra.» mi afferra per il polso sano. «Parlando per esperienza, prima reagisci meglio è»
«E se io non volessi reagire?»
Alza un sopracciglio.
«Odio stare qui e non saranno queste mura a tenermi in vita»
Sospira «Ho capito» stringe la presa e facendo leva con i piedi mi tira giù dal letto rischiando di farmi cadere.
Non ci conosciamo neanche da mezz'ora e già pensa di poter avere il controllo su di me?
Faccio per ribattere ma lei afferra la flebo iniziando a camminare, per cui mi ritrovo costretto a seguirla.
«Rallenta!» urlo mentre lei sfreccia per i corridoi. «Sono ancora stordito, non riesco a starti dietro»
Lei si volta e mi accenna un sorriso «Scusa» rallenta ma continua a camminare.
Mi gira ancora la testa e mi capita di vedere doppio a causa degli anti-dolorifici che mi stordiscono completamente.
Nel girare un angolo incrociamo un infermiere di psichiatria che vedendomi corruccia la fronte.
«Ehi tu non dovresti essere a letto?»
Sposto lo sguardo, volgendolo su Marissa che capisce al volo.
Mi afferra una mano e iniziamo a correre il più velocemente possibile, svoltiamo altri due angoli fino ad arrivare ad una sala d'aspetto praticamente vuota dalla quale non possiamo uscire se non tornando indietro.
Ci guardiamo col respiro affannato e scoppiamo a ridere senza ritegno.
Qualcuno che è riuscito a farmi a sorridere, anche in un giorno del genere..

If They Knew The Pain  [#wattys 2018]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora